Una prima
sintesi di quanto avvenne quella notte, lungo la strada che collega Filo a
Bando, la si legge nella motivazione al conferimento della medaglia d’argento
al valor militare che fu concessa alla memoria un anno dopo:
«Di notte, comandato in appiattamento
con carabiniere meno anziano, allo scopo di arrestare coloro che si fossero
recati a ritirare un sacco contenente refurtiva nascosto in un campo di
grano, al sopraggiungere di due individui, uno dei quali armato di fucile da
caccia, con sereno sprezzo del pericolo e con alto senso del dovere li
affrontò intimando loro il fermo. Fatto segno repentinamente ad una fucilata
sparatogli a breve distanza e colpito a morte, con sublime, supremo sforzo
riuscì a raccogliere le ultime energie rispondendo col fuoco finché cadde a
terra vittima del proprio dovere»
(Copia dell’atto è presente nell’Appendice
Documentaria che riporto in calce e costituita
dall’ampia documentazione gentilmente fornita da Vanni Geminiani).
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Albino Vanin
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Come annotò
Don Mazzini nel suo Libro dei Defunti della parrocchia, Albino Vanin, figlio di
Angelo e di Emma Pavan, celibe, era nato in parrocchia di Monigo, sobborgo di
Treviso, nel 1903 ed era domiciliato a Paese in comune di Zero Branco nella
stessa provincia.
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Questi aveva trascorso la notte in città presso una donna che, dalle cronache, non è chiaro di chi fosse l’amante. La donna, comunque collaborò fattivamente alle indagini ammettendo le frequentazioni del Chiozzi, al punto da poter attribuire a questo delinquente un'altra sanguinosa rapina di pochi mesi prima, avvenuta nelle vicinanze di Filo. Nel gennaio precedente, infatti, un contadino di Bando, tale Celso Tonini, aveva sorpreso a casa sua dei ladri di polli riuscendo a ferirne uno al viso e alle mani col suo fucile da caccia. Venne però a sua volta ferito a morte. L’omicidio, in un primo momento impunito, giunse a soluzione grazie al coraggio dei due carabinieri di Filo, alla conseguente cattura dei Borsetti, alle ammissioni di complici e favoreggiatori che permisero il riscontro delle ferite sul Chiozzi.
APPENDICE DOCUMENTARIA[1]
A
– Gazzetta Ferrarese - Giornale politico quotidiano (Biblioteca Ariostea FE)
21 gennaio 1924 (trascrizione di Agide Vandini)
Ferito a morte da un ladro
Giunge notizia da Argenta - però
ancora nulla ne risulta qui al Comando dei RR.CC - che l’altra notte a Bando,
un ladro stava rubando i polli ad un contadino, certo Celso Tonini, di anni 33,
quando messo in sospetto da qualche rumore, il suddetto accorse armato di uno
schioppo... Ma il ladro che lo ha potuto scorgere in tempo lo prevenne
sparandogli un colpo di fucile a mitraglia. Il povero Tonini fu investito dalla
scarica alla regione epigastrica e cadde gravemente ferito. All’Ospedale di
Argenta fu operato di laparatomia, ma le sue condizioni sono pressoché
disperate. Del malfattore nessuna traccia.
16 maggio 1924 (trascrizione di
Giovanni Geminiani)
ULTIM'ORA - DUE LADRI SORPRESI IN FLAGRANTE
UCCIDONO UN CARABINIERE AD ARGENTA
Nel territorio di
Argenta in un fondo denominato 'Oca’ stanotte dei ladri che stavano compiendovi
un furto, vennero sorpresi da due Carabinieri in perlustrazione e per non
essere presi li accolsero a revolverate. Uno dei due militi purtroppo venne
colpito e rimase morto; poi i ladri si diedero alla fuga. Appena conosciuto il
grave fatto in paese altri Carabinieri e numerosi Militi Fascisti si misero
alla caccia dei ladri e si dice che uno sia stato arrestato, il quale sarebbe a
sua volta ferito.
Queste le poche
notizie che ci sono giunte mentre eravamo già in macchina, così schematiche e
forse non esatte anche nei pochi particolari esposti. Si afferma che in quella
località in addietro sia stato ucciso anche un cacciatore che passando aveva
sorpreso dei ladri mentre rubavano dei polli: si aggiunge inoltre che coloro
che vi abitano ebbero anche in più occasioni, a subire da ignoti malfattori
gravi maltrattamenti. Sono partiti alle ore 9 per Argenta, da Questo Comando
dell'Arma, numerosi Carabinieri all'ordine di un Capitano. A domani più diffuse
notizie. (Arsenio Zappaterra - Ger.
resp.)
17-18 maggio
1924 (trascrizione
di Giovanni Geminiani)
GRAVE CONFLITTO AD ARGENTA FRA LADRI E CARABINIERI
UN CARABINIERE ED UN LADRO UCCISI E DUE FERITI
Riassumiamo in
breve, completandola, la relazione che del gravissimo fatto abbiamo potuto dare
ieri, soltanto in una parte della tiratura.
La notte sopra
ieri, in territorio di Filo (Argenta) due Carabinieri della stazione di Filo,
precisamente certi Vanin Albino di anni 21, da Paese (in Provincia di Treviso)
e tale Schiavon Augusto, di anni 21 da Zero Branco (pure della provincia di
Treviso) intravvidero presso il ponte detto dell’Oca, in un campo di grano, un
sacco che al loro esame risultò contenere dei salumi, evidentemente di
provenienza furtiva.
Essi si
appostarono presso il ponte, in attesa che qualcuno si presentasse per
riprendere il sacco; ma non andò molto che i ladri - erano due - i quali dovevano essersi nascosti poco lungi
all’arrivo dei due militi, li fecero segno di due colpi di fucile da
caccia, così ben diretti che il povero Vanin investito dalla scarica al cuore
rimase a terra morto e pure lo Schiavon venne ferito al lato destro, ancora non
si è saputo in quale parte del corpo. Questi però, malgrado le sue condizioni e
malgrado l’inevitabile scoramento pel compagno ucciso al suo fianco, ebbe
ancora la presenza di spirito di rispondere ai due assassini con più colpi di
moschetto e di pistola; e si è poi visto, ore dopo, per le pronte ricerche dei
Carabinieri e della Milizia Fascista di Argenta, che uno dei ladri era pure
rimasto ferito: ne erano prova certa anche le tracce di sangue sulla via
percorsa nella fuga.
Mentre scriviamo
non si conoscono ancora i nomi di questi due malfattori, ma si sa almeno che
ieri stesso erano stati acciuffati. Il Cap. Tortorella, Comandante qui della
Compagnia Interna dell'Arma, era andato sul luogo ieri mattina con otto
Carabinieri.
Si aspetta di
conoscere dal suo rapporto più minuti particolari. In tutto il Comune di
Argenta il fatto gravissimo destò vivissima impressione ed è generale e
profondo il compianto pel giovane milite rimasto vittima del dovere.
°°°
Anche le notizie
di stamane al Comando qui dell'Arma, sono frammentarie ed alquanto incerte.
Intanto è certo
che uno dei due autori dell'assassinio del Carabiniere, fu arrestato nel suo
letto, gravemente ferito al torace destro, venne subito portato all’Ospedale di
Argenta, dove è morto questa notte. Egli è tale Mario Bercetti di anni 28.
Insieme con lui
tutta la famiglia sua era stata condotta in arresto, cioè un fratello sedicenne
che era seco lui nel momento dei conflitto il padre, la madre e una sorella; i
tre ultimi per sospetta complicità.
Si assicura che i
ladri al momento del conflitto erano almeno cinque, ma tre di essi stavano a
distanza, nascosti uno di questi ultimi però fu ripescato stanotte dal
Maresciallo Malagrida a Pescara di Francolino; è un tale Angelo Chiozzi di anni
36.
I Carabinieri lo
avevano sequestrato in casa, stante il rifiuto di lasciarli entrare, e allora
egli aprì un buco nel tetto della casa, e passato sul medesimo senz'altro sparò
sui Carabinieri un colpo di fucile andato fortunatamente in fallo; ed ebbe subito
pronta risposta con colpi di moschetto di un Carabiniere, il quale, più
esercitato di lui, mise bene a posto il proiettile che gli ruppe una gamba.
S'arrese
necessariamente e per ora si trova ospite del nostro Ospedale, in attesa di
passare poi al Carcere.
L'ora di andare
in macchina non ci permette di dilungarci più di così.
A Lunedì, se mai
ne sarà il caso, notizie ulteriori.
19 maggio 1924 (trascrizione di
Agide Vandini)
Dopo il fattaccio di Argenta
Altri particolari
Dopo che nei due
ultimi numeri del giornale abbiamo narrato come si svolse il conflitto fra
Carabinieri e ladri al ponte dell’«Oca»
a Filo, esponendone le circostanze e le gravissime conseguenze, nonché
i nomi degli arrestati, oggi possiamo aggiungere soltanto qualche particolare
prima sfuggitici e rettificarne altri che risultarono inesatti.
E’ accertato che
il ladro Mario (o Mauro?) Borsetti -
colui che sparò contro i due Carabinieri oppure gli fu intimato l’alt! - (come
egli stesso ha confessato anche al Maresciallo Malagrida che lo interrogava
all’Ospedale di Argenta), il giorno precedente al fatto era stato di ritorno a
casa sua in Filo, da Ferrara, dove aveva passata la notte in casa della sua
amante Elsa Chierici, abitante qui, in località Darsena N. 213.
E' pure accertato
che nel viaggio di ritorno egli, che era in bicicletta, si trovava in compagnia
dell’Angelo Chiozzi il quale montava una motocicletta, e che per risparmiargli
la fatica di pedalare se lo tirava dietro a rimorchio per una corda attaccata
dall’una all’altra macchina. Il Chiozzi ha poi desinato a casa dell’amico e
sebbene questi lo neghi è fuor di dubbio che si trattenne in luogo fino all’ora
di andar a prendere nel campo di grano il sacco contenente i salumi che il
Borsetti afferma di aver veduto passando, mentre negò sempre di essere stato
lui a rubarli.
Fino ad ora sono
riuscite inutili le indagini per stabilire dove ed a chi quel sacco di salumi
sia stato rubato.
Del resto la
partecipazione del Chiozzi al fattaccio è anche accertata dal fatto che mentre
egli stava sul tetto della sua casa, per sottrarsi all’arresto, passando sopra
quello di un’altra contigua, ha buttato giù alcuni salami all’aglio ed altri al
sugo per non farsi trovare in casa quella prova schiacciante della sua
complicità.
Quanto poi alla
indiretta complicità della intera famiglia Borsetti, resterebbe provata,
per quanto alle due donne dalla circostanza che esse si diedero premura di
lavare gli abiti del loro congiunto appena poté giungere a casa mezzo
dissanguato; per quanto al padre dal fatto che per stornare i sospetti a carico
del figlio andò sul luogo dove il povero Carabiniere Vanin giaceva morto, a
piangere lacrime di coccodrillo sulla misera sua fine, mentre sapeva già quel
suo figlio assassino era a letto, a casa, in gravi condizioni.
Per l’altro
figlio, Giovanni, di anni 17, la partecipazione è più certa per la circostanza
che egli era andato in compagnia del fratello per aiutarlo - come aveva anche
confessato il ferito - a trasportare il sacco.
Per ridursi a
casa il ferito ha detto al Giudice Istruttore Avv. Cav. Jannacone il quale si
era affrettato a recarsi sul luogo, che aveva impiegato sei ore; ma questa è
una favola perché con quattro gravi ferite addosso - due al ventre, una al
torace ed una ad un braccio - in tante ore sarebbe morto per via; di più, se
fosse rientrato a giorno fatto - dalle 23 ora in cui il fattaccio avvenne
sarebbe dunque rincasato alle 5 del mattino cioè a giorno fatto - le sue donne
non avrebbero avuto il tempo di lavare i suoi abiti ed a nasconderli. Dunque
più logico credere che il fratello Giovanni sia corso a casa ad avvisare e che i
parenti siano andati ad incontrarlo: pare anzi da supporre che egli estenuato
siasi fermato a mezza via (il percorso che doveva fare era di circa 600 metri)
perché in un punto fu avvertita una larga pozza di sangue, e di là fino alla
casa più nulla. Quando da qui arrivarono il Cap.Tortorella coi Carabinieri ed
il Procuratore del Re Cav. Jannacone, tutto il paese era in subbuglio;
Carabinieri di altre Stazioni vicine e gran numero di Militi Nazionali erano in
armi avendo già proceduto all’arresto di tutta la famiglia Borsetti.
Tornando, per
poco ancora, all’arresto del Chiozzi a Pescara, aggiungiamo che egli
rifugiatosi sul tetto della sua casa, ha sparato di là due colpi - non uno solo
- di rivoltella contro un Carabiniere, il quale poi con un altro di moschetto a
mitraglia lo ha subito ferito - non già ad una gamba, come fu detto, ma anzi ad
ambedue le braccia e pare che per una non sia esclusa la possibilità
di una eventuale amputazione.
Dopo che era
rimasto così colpito egli tentò di calarsi giù dal tetto della casa contigua
attaccando una corda che aveva presa seco espressamente al comignolo di un
camino; ma gli vennero meno le forze e precipitò a terra da otto metri di
altezza.
Abbiamo accennato
già ad un altro assassinio avvenuto nella località ponte «Oca»: fu precisamente
in una notte del Gennaio scorso e la vittima allora, fu un tal Celso Antolini che prima di morire dichiarò
che lo aveva ferito un ladro di polli; egli aveva risposto con un altro colpo
di fucile - tornava dalla caccia in valle - ed assicurava di averlo ferito al
viso ed alle mani.
Ora sorge il
sospetto che proprio il Chiozzi possa essere stato l’uccisore dell’Antolini, perché nel suo viso si nota
una cicatrice sulla quale egli dà spiegazioni ambigue.
Il Maresciallo
Malagrida ha voluto fare al riguardo qualche indagine presso la di lui amante,
di qui, la sopradetta Elsa Chierici, la quale ha dichiarato che circa in quel
tempo una sera il Chiozzi andò da lei e con sua meraviglia, notò che portava
guanti che mai volle levarsi, nemmeno quando si coricò con lei!
Come si vede
questo particolare sembra confermare il sospetto. Non abbiamo altro da
aggiungere, oggi, sul gravissimo fatto; la relazione odierna è riuscita slegata
e frammentaria, ma non poteva essere altrimenti.
*
* *
Oggi seguiranno i
funebri in forma solenne del povero Carabiniere caduto vittima del dovere.
20 maggio 1924 (trascrizione di Agide Vandini)
I solenni funebri del Carabiniere assassinato
Sono seguiti ieri
sera, a Filo, in forma quanto mai solenne, i funebri del compianto Carabiniere
Albino Vanin, caduto vittima nel conflitto con dei ladri in quel paese. Si può
dire che tutta la popolazione del luogo vi ha partecipato, e con essa anche
gran numero di altre persone accorse da quasi tutti i paesi dell’Argentano.
Aprivano il
corteo lunghissimo la Milizia Fascista, i Fasci, le squadre premilitari, le scolaresche,
tutte con bandiera; seguiva il Clero. Il ricco feretro, ravvolto nel tricolore
era portato a spalle da Carabinieri ed altri lo fiancheggiavano, tutti in alta
tenuta.
Numerosissime le
corone dì fiori offerte in mesto omaggio alla povera vittima del dovere. Il
padre ed un fratello dell’Estinto, seguivano in lacrime il Caro perduto.
Appresso erano le seguenti Autorità: Vice Prefetto Comm. E. Ferrari per il R[egi]o
Prefetto, R[egi]o Questore Comm. Granito coi Commissari Campolongo e Paola, il
Cap. Cav. Bianco Comandante interino della locale Divisione dell’Arma dei
Carabinieri, col Cap. Cav. Tortorella, Comandante della Compagnia interna, l’Assessore
Sig. Ghetti pel Sindaco di Argenta, il Decurione della Milizia Argentana Sig.
Giardino, il Sindaco di Zero Branco, luogo nativo del Vanin, col Decurione
della Milizia Fascista e col Segretario Politico del Fascio di detto Comune:
dopo le Autorità si incolonnavano le grosse rappresentanze delle Associazioni
civili d’ogni sorta accorse da gran parte dei paesi dell’argentano, tutte con
la rispettiva bandiera; a chiusa era poi una folla considerevolissima di popolo,
mentre altra folla stava schierata, reverente e commossa ai due lati lungo il
percorso.
Al Cimitero -
dove la Salma sarà inumata soltanto temporaneamente - hanno parlato,
commovendo, successivamente il Comm. E. Ferrari pel Governo e pel R.o Prefetto,
il Questore Comm. Granito, il Cap. Cav. Tortorella Comandante della Compagnia
interna della Divisione Carabinieri, il Sig. Ghetti anche pel Sindaco di
Argenta e per la popolazione del Comune, il Dr. Gualdrini Medico locale, un
Ufficiale della Milizia di Zero Bianco e, dello stesso luogo il Segretario
politico del Fascio.
Diressero
egregiamente il corteo il Sig. Rino Lolli del Fascio argentano ed un Ufficiale
dei Carabinieri.
Anche la «Gazzetta»
si associa di cuore alla imponente manifestazione di compianto e di affetto
resa al povero milite ed invia condoglianze vivissime alla di lui famiglia.
B
– Copia Dattiloscritta dell’Orazione funebre
Orazione funebre in memoria del Carabiniere Reale
VANIN Albino
Assassinato la notte del 15 maggio 1924 in Filo
d’Argenta (FE)
Dovere e dolore
ci chiamano oggi davanti alla bara che racchiude le spoglie mortali del
compianto amico Vanin Albino, caduto barbaramente assassinato mentre compiva il
suo dovere di soldato del1'ordine.
Figlio del nobile
Veneto che tante vite dei suoi cari immolò sul1'altare della Patria, ebbe i
suoi natali a Paese di Treviso da
umili lavoratori della terra. Cresciuto fra l'affetto dei suoi cari ne condivise
ben presto le fatiche e gli stenti e fra il duro lavoro dei campi e l’esempio
dei genitori, temprò 1'animo suo ai sacri doveri di cittadino e di Italiano. La
guerra lo colse ancora adolescente e non potendo offrire il suo braccio alla
Patria minacciata dalla tracotanza dello straniero che calpestò il sacro suolo
dei suoi avi, moltiplicò le sue energia al lavoro dei campi, conscio di essere
utile in questo modo alla causa santa d'Italia, per la quale i fratelli combattono
e muoiono alla porta di casa sua difendendo il sacro suolo della Patria.
Diciannovenne si
arruola volontario nell'Arma benemerita dei CC. RR. E’ un dovere che impone a
se stesso non essendogli stato concesso di difendere l'Italia in guerra, vuole
rendersi degno di essa servendola in pace, propugnando la causa del giusto
contro il malfattore. Durante la vita militare, per le sue buone qualità di
soldato, si impone all’ammirazione dei suoi superiori e all'esempio dei colleghi,
sempre primo nell'adempimento dei suoi doveri, era amato dai compagni per i
suoi modi educati e distinti che gli cattivavano in simpatia di tutti.
Da più di un anno
prestava lodevole servizio in questa stazione, amato non solo dal suo
brigadiere che più che dipendente lo considerava come figlio), ma dai
commilitoni tutti che se lo tenevano come fratello o dalla popolazione tutta
per la sua grande bontà e per la sua correttezza dei suoi modi che lo rendevano
benvoluto e stimato.
Povero Vanin,
povero fiore strappato violentemente alla vita quando più lusinghiera ti
sorrideva la giovinezza dei tuoi 21 anni.
Chi l'avrebbe mai
detto, un mese fa quando passavi fra noi assieme all’amico SCHIAVON con
l'abituale sorriso che ti coronava la bocca e che da tutta la persona emanavi
la bontà che ti si leggeva sugli occhi, a dispetto tuo, sebbene nell'esercizio
degli alti doveri, volessi darti un'aria da severo.
Eppure non sei
più. La inesorabile morte che ci coglie quando meno ce 1’aspettiamo, armò la
mano di un assassino che ti freddò con un colpo di fucile al cuore mentre
compivi il tuo dovere di soldato, così abbattendoti senza un gemito e riposasti
fra il verde dei campi. Iddio non volle impunito questo delitto. L'amico
d'infanzia, il fratello tuo Schiavon scampato miracolosamente all'eccidio, si
incaricò di vendicarti colpendo a sua volta l'assassino che a poca distanza
dalla tua fine, morì fra pene inesorabili esecrato e disprezzato da tutti.
Ed ora Vanin
dormi in pace il sonno del giusto nel piccolo campo santo del paese di Filo,
che tante volte ti vide passare riverente nella pienezza della gioventù e della
vita. E tu madre che non ti bastò il cuore di venire costì a vedere il tuo
Albino per l'ultima volta e tu o padre e voi fratelli consolatevi che vostro
figlio é morto da eroe, compiendo il suo dovere. L'Italia ha avuto bisogno
anche del tuo sacrificio e ti riserba un posto fra le elette schiere dei suoi
grandi eroi.
Il tuo sacrificio
sia d'esempio ai buoni e severo monito ai perversi.
Tutto il popolo
che ti accompagna all'ultima dimora, si prostra ai
piedi dalla tua bara coprendola di fiori e portandoti il suo mesto saluto ed il
suo compianto ricordo. E noi tergiamo le lacrime e col cuore sulle labbra,
salutiamo romanamente questo purissimo eroe del dovere.
Longastrino 15
Maggio 1924 - F/to Istinato Menegatti - A
ricordo per la tua mamma
C) Le pagine del Chronicon della parrocchia di Filo (trascrizione di Giovanni Geminiani)
15 maggio
1924
Alle 11 ½
pomeridiane [ore 23,30] in conflitto con un ladro è morto il carabiniere
Albino Vanin recatosi a piantonare, con Schiavon Augusto, un sacco di
refurtiva. Il ladro pure è stato colpito gravemente ed è morto il sabato
notte verso domenica alle ore 2. Rivelatrice fu la doppietta che il ladro
aveva preso al padre Borsetti Alfredo guardiano della tenuta della soc.
Lodigiana.
Anche il padre
aveva dovuto ricorrere al medico per [il] figlio Mauro ferito. Era presente
al conflitto, ma non in armi, il fratello di Mauro, Giovanni, sedicenne. Tutta
la famiglia fu arrestata, e rilasciate dopo pochi giorni la mamma e la
sorella.
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18 maggio 1924, domenica
ore 7,30
Trasporto funebre del Carabiniere Vanin Albino dal Cimitero (camera
mortuaria) alla Chiesa. Perciò molta gente alla Messa - Comunioni 30.
19 maggio 1924
Al mattino
Funebre officio di tre Messe per Vanin Albino - Comunioni 8. Non molta gente,
anzi piuttosto poca. Ore 18 Funerale del Carabiniere Albino Vanin.
Diamo la nota
di cronaca del Giornale [L'Avvenire d'Italia 21-5-1924]. Il corrispondente
non sentì né seppe del discorso dell'officiante prima delle esequie,
contenuto nei limiti dei Canoni del Sinodo Diocesano e Concilio Provinciale.
I funerali sono riusciti una vibrante e commossa dimostrazione di
cordoglio e di affetto alla vittima del dovere. Da tutte le parti del Comune
di Argenta una numerosa folla è accorsa a Filo per rendere più solenni le
onoranze al compianto Vanin. Nella chiesa parrocchiale venne celebrata, alle
ore 18 solenni onoranze funebri, indi la salma è stata portata a braccia da 4
carabinieri e deposta sopra un catafalco preparato davanti alla chiesa. Hanno
pronunciato parole commosse e riverenti, il Vice-Prefetto di Ferrara, comm.
Ferrari che ha portato l'estremo saluto alla povera vittima a nome del
Governo e del Prefetto, il Questore
cav. Granito, il capitano Tortorella, l'assessore del Comune di Argenta
Ghetti, il segretario di Filo, Menegatti, il segretario del Fascio di Zero
Branco (paese della vittima) Mazzolini, il dottor Gualdrini.
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Il cippo monumentale
Novembre
22, 1925 (domenica)
In questo
giorno si è inaugurato il monumento al carabiniere Albino Vanin morto in un
conflitto con un ladro la sera del 15 maggio 1924 come da relazione scritta
in questo libro alla data suesposta.
La festa si
svolse in questo modo. Due giorni prima fu dato avviso al pubblico con
manifesto, la domenica alle ore 13 le maestre cominciarono a mettere in
ordine tutti i ragazzi fregiandoli al braccio sinistro di una fascia
tricolore. Cominciarono ad affluire le automobili e camions ora con
carabinieri in alta uniforme (circa 30) ora con militi nazionali, ora con
avanguardisti tutti in divisa.
Circa alle ore
15 arrivarono il prefetto di Ferrara, il colonnello, il maggiore, il capitano
tenente e sottotenente dei RR. Carabinieri.
Da Argenta
contemporaneamente vennero tutti i pezzi grossi del municipio, il rag.
Klinger, presidente delle federazioni sindacali fasciste di Ferrara,
l'arciprete d. Dall'Aglio ed altri ancora.
Radunatesi le
autorità davanti alle scuole il Klinger presentò la bandiera alle stazioni
dei Carabinieri di Filo e di Longastrino con parole piene di patriottismo. Di
poi si formò il corteo per portarsi al monumento sito in località
"Oca" distante circa 3 Km.
Il sottoscritto
[don Giovanni Bezzi] che accompagnava don Dall'Aglio, giunto sul luogo aiutò
l'arciprete a vestirsi degli indumenti sacri di poi lo coadiuvò mentre
impartì la benedizione al monumento, finita la quale cominciarono i discorsi.
Primo fu il
Sindaco di Argenta che lesse il motivo della cerimonia e disse che quel
monumento era sorto per volontà del Municipio. Poi seguì il Klinger che tenne
un lungo discorso nel quale disse cose non strettamente attinenti al luogo e
al motivo per cui parlava. Indi parlò il Prefetto con parole molto
appropriate e veramente sentite.
Infine parlò il
colonnello ma quello disse poche parole non troppo indovinate.
Fra tutta la
folla erano presenti anche i genitori del defunto ed alcuni parenti i quali
tutti furono complimentati dal prefetto
e dalle altre autorità.
Mentre il
comitato organizzava questa festa l'assessore
locale (Adolfo Tamba) lanciò l'idea che il corteo appena sfilato sostasse
davanti alla Chiesa per cantare il Te Deum per ringraziamento dello scampato
pericolo del presidente del consiglio Mussolini [4],
ma temendo di far troppo tardi ed anche perché già in Argenta si era fatta
questa funzione, si abbandonò l'idea e si proseguì come ho detto più sopra.
(Don G. B. [Giovanni Bezzi])
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Il cippo in
località «Oca»
(Foto Vandini
2003)
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3 commenti:
Ricevo e pubblico:
3 mag (3 giorni fa)
a me
Ciao Agide,
mi sono spesso chiesto della dinamica di quella morte.Tu sai che io ,con la riforma fondiaria , sono andato ad abitare ancora minorenne nell'ultima casa vicino al cippo.La curiosita' di quel cippo, mi e' stata spiegata in modo molto vago,i miei genitori avevano appena una decina di anni e i fatti non me li hanno saputo mai spiegare,dicevano che un carabiniere era morto sparato dai ladri ,punto e basta. Appena sposato tornavo spesso a fare visita ad amici e genitori, la prima volta che mia moglie vide il cippo, con l'effigie del carabiniere, si soffermo' e leggendo che era dell'Arma ed era del 1903 come il suo papa',ed era pure lui stato maresciallo capo dei carabinieri, senti' un profondo cordoglio per Quella vittima. Diverse volte mi chiese della dinamica dei fatti, ma io impotente non facevo altro che ripetere cio' che mi avevano riferito i miei genitori. Fummo molto contenti quando il cippo fu restaurato ed addobbato con piante, ma la sorpresa e' stata nel leggerti sia io che mia moglie che ha potuto cosi', come me, scoprire la vera storia del compianto eroe scomparso a soli 21 anni. Ti ringrazio Agide per il bel resoconto ed anche mia moglie te ne e' grata quale figlia di un militare dell'Arma. Un abbraccio affettuoso. pippi (aderitto geminiani)
Complimenti per la chiara e precisa ricostruzione storica,senza retorica e che da' onore a chi, giovane, ha dato la vita facendo con onore il suo dovere (vita, onore, dovere...parole quasi dimenticate e talvolta derise nel nostro tempo)
Stefano Vanin
Buon giorno sono Stefano Brig. In pensione dell’ ANC di Spresiano. La nostra sede è intitolata al Cre Albino Vanin, e per noi è un grande privilegio. Ci piacerebbe conoscere qualche familiare, al fine di fargli conoscere il nostro direttivo, e condividere la storia del C.re Vanin. Buon giorno.
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