Una
storia brigantesca ed un argentano Monsignore a Velletri
di
Beniamino Carlotti
Introduzione di Agide Vandini
Con grande piacere il blog ospita oggi una
storia brigantesca, quella che, a metà Ottocento e nel lontano Lazio, vide
protagonista Monsignor Giordani, alto prelato, nativo di Codifiume.
Dobbiamo questo lavoro alla solerzia
dell’amico filese Beniamino Carlotti, divenuto, al tempo delle ricerche
genealogiche che vi ha condotto, archivista di quella Parrocchia argentana,
ossia del luogo che al futuro Cardinale, diede i natali nel lontano 1822.
E’ una storia interessante, certamente ignota
nel nostro territorio, ma che nelle pieghe di una vicenda da cui traspaiono
comportamenti violenti e prevaricanti da un lato, ed anche slealtà e
risoluzioni poco edificanti dall’altra, si coglie il difficile contesto di
un’epoca di ribellismi e sopraffazioni, e si intuiscono modi e metodi non
sempre limpidi con cui si affrontava la piaga del brigantaggio sotto lo Stato
Pontificio, un fenomeno ed un flagello che qui, nella bassa Romagna, ebbe a
manifestarsi assai significativamente e di cui, una ventina di anni fa, ho ampiamente
raccontato e documentato né «I briganti della palude».
Non di meno il racconto rappresenta un
importante recupero per la storia locale del nostro territorio, che è anche storia
di personaggi a volte sconosciuti o poco noti, materia cui rivolgiamo da sempre
la massima cura ed attenzione (a.v.).
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Monsignor Luigi Giordani (1822-1893)
Il futuro
Cardinal Luigi Giordani, Arcivescovo di Ferrara dal 1877 al 1893, nacque a Santa Maria di Codifiume, frazione del
Comune di Argenta, alla data del 13 Ottobre 1822, quale secondogenito di Francesco e di Geltrude Buriani.
Avviato
giovanissimo alla vita ecclesiastica, Luigi svolse i primi studi presso il
seminario di Ferrara, poi in quello di Bologna, ove si laureò in teologia. Il
19 settembre 1846 fu ordinato sacerdote nella cattedrale di Ferrara dal
Cardinale Ignazio Giovanni Cadolini, arcivescovo della città.
Trasferitosi a
Roma, si laureò in legge ed entrò
all'Accademia dei nobili ecclesiastici, istituto di studi superiori
per la preparazione al servizio diplomatico della S. Sede, coltivando, oltre
agli studi diplomatici, quelli
amministrativi.
Nel 1852,
nominato prelato domestico del Papa e divenuto aiutante del Segretario di
Stato Cardinal Giacomo Antonelli da
Ascoli Piceno, iniziò la carriera di Delegato Pontificio, che successivamente
lo vide impegnato anche nelle sedi di Velletri e Perugia. A Velletri, organizzò la gendarmeria e i
corpi militari per il controllo e la repressione del brigantaggio, con
rilevanti risultati.
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Il brigante Cencio Vendetta (1825-1859)
Busto in
terracotta del velletrano Enzo De Rubeis (2008)
Al secolo
Vincenzo Giovanni Battista Vendetta, il brigante Cencio nasce a Velletri nel 1825. Non tarda molto a farsi notare
dai tutori della legge dato che già all’età di dieci anni si registrano a suo
carico un procedimento per accoltellamento per futili motivi e uno per un
furto commesso ai danni di uno zio.
Una relazione dell’epoca
lo definisce «audace, intraprendente per natura, abile nel maneggio delle
armi, specialmente dello stilo e deciso ad usarle». Dedito al furto, alla rapina e al
borseggio, Cencio accumula svariate condanne, tra cui l’ergastolo e i lavori
forzati. E’ condannato in contumacia,
ma nonostante ciò, pare si aggiri per le strade della città travestito
da donna con la complicità dei famigliari.
Tra i delitti
più gravi, figura l’assassinio con una pugnalata, del maresciallo Antonio
Generali della gendarmeria pontificia
commesso la sera del 28 agosto 1857, dopo che il sottufficiale, saputo
dei travestimenti del brigante per le strade di Velletri, aveva accortamente
predisposto alcuni appostamenti per catturarlo.
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Lo scorso mese
di giugno, quale archivista della Parrocchia di Santa Maria Maddalena in
Codifiume, mi pervenne, da parte di un ricercatore velletrano, una richiesta di
notizie possibilmente documentate, relative a Monsignor Luigi Giordani,
originario della frazione argentana e, a metà Ottocento, Legato Pontificio a
Velletri. In effetti mi ero già imbattuto nel personaggio, benché non fosse mai
stato oggetto di mie specifiche ricerche, ma ciò di cui venni a conoscenza fu
una storia brigantesca che lo aveva visto protagonista in Velletri. Trasferito
altrove, il Giordani aveva poi ricoperto altri importanti incarichi, anche
presso la curia ferrarese, ove il 22-6-1877 fu
nominato Arcivescovo e dieci anni dopo, il 14-3-1887 elevato alla
porpora cardinalizia da Papa Leone XIII. Morì a Ferrara il 21-4-1893.
Ora, però,
veniamo all’altro comprimario di questa storia, ossia al Brigante Cencio Vendetta, una storia turbolenta
alle spalle, il cui destino ebbe ad incrociarsi col nostro Monsignor Giordani.
Le note
biografiche essenziali dei due personaggi fino all’epoca dell’incontro-scontro
le ho riassunte nel riquadro riportato più sopra.
Personaggio
violento e iracondo, Cencio Vendetta è
temuto e rispettato dal popolo, e può contare anche sull’appoggio di alcuni
potenti dell’epoca, che evidentemente traggono vantaggi dalla protezione di un
individuo del genere. Dalle cronache il fuorilegge appare una sorta di bravo di manzoniana memoria, ben presto
però, sopravvalutando la propria astuzia e le proprie capacità, egli compie il
passo che gli risulta fatale.
Velletri-Madonna delle Grazie
La Madonna delle Grazie è una icona
della Basilica di San Clemente in Velletri. Delle origini della Sacra
Immagine si hanno poche tracce, ma alcuni autori la dicono donata a Giovanni
II Vescovo di Velletri nel 732. Altri invece ipotizzano venga da
Costantinopoli. Numerosi Papi sono venuti a venerare la patrona di Velletri,
tra questi Pio IX che vi era legato da particolare devozione.
(da Wikipedia)
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Deciso a
liberare il fratello Antonio, detenuto in carcere e condannato a morte, Cencio decide infatti di organizzare,
in Velletri, il furto dell’immagine della Madonna delle Grazie e degli ori
che la adornano (ex voto offerti dai fedeli), furto che avviene con successo
la notte del giovedì santo tra il 1 ed il 2
Aprile 1858. E’ qui che fatalmente si incrociano le strade del
brigante e del futuro cardinale.
La città, in
quella Pasqua del 1858, viene letteralmente sconvolta dal furto della Sacra
Immagine e Monsignor Giordani, Delegato Apostolico in Velletri, è subito informato del sacrilego gesto.
Per la
restituzione, Cencio impone condizioni
pesanti. Chiede, al Governo di Pio IX,
la grazia per sé e per il fratello Antonio, più dieci scudi al mese
per «mettersi il banco a mercato e cambiare vita». Le trattative iniziano rapidamente
ed è Monsignor Giordani a trattare con
il brigante.
La notizia del
furto giunge fino al pontefice S.S. Pio IX, il quale si dice disposto alla
concessione della grazia soltanto dopo la restituzione della Sacra Immagine.
Dopo l’iniziale
rifiuto a cedere ad ogni forma di ricatto, Monsignor Giordani, accetta di
firmare un salvacondotto per il bandito, onde poterlo incontrare di persona.
Poche ore dopo, i due si ritrovano uno di fronte all’altro.
L’incontro non
è dei migliori, il brigante ammette di avere lui la Madonna delle Grazie e
sfrontatamente reitera le sue richieste, cosa che, ovviamente, Monsignor
Giordani, non può accogliere, non avendo i poteri per farlo.
Il Delegato allora,
s’impegna ad andare a Roma ed ivi illustrare il caso al Papa, promettendo per
iscritto la sua intercessione nei confronti del bandito.
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Cencio Vendetta, all’inizio pare accontentarsi
della promessa scritta, ma poi chiede in cambio anche l’ostensorio d’oro donato
da Re Ferdinando di Borbone qualche anno prima, cosa che naturalmente gli viene
negata. Durante il soggiorno a Roma del Delegato, le trattative proseguono con
il Vescovo Gesualdo Vitali, cui Cencio
rivolge continue richieste di denaro in cambio della restituzione dell’immagine
della Madonna.
Monsignor
Giordani, al suo ritorno da Roma, non ha con sé le risposte attese dal brigante
e la trattativa si interrompe con la minaccia di quest’ultimo di dare alle
fiamme la Madonna.
Il popolo è in subbuglio.
Nel pomeriggio del giorno di Pasqua insorge, vengono accusati prima i Gesuiti
del furto dell’immagine e dei preziosi, poi i due canonici della Cattedrale che
avrebbero aiutato Cencio nel compiere
il sacrilego gesto. Uno di questi viene allontanato e rinchiuso in un
convento.
Solo quando
entra in scena Cencio, esibendo la
Madonna, il popolo si calma. Il brigante
sotto la forte pressione popolare restituisce la Sacra Immagine, che allora viene
riportata in processione nella cattedrale alla presenza del Delegato del
Vescovo (Vitali) e del brigante che, in segno di sottomissione, pone il suo
pugnale ai piedi della Madonna.
La mattina
seguente al Palazzo del Governatore, ad un segnale convenuto fra lo stesso Governatore
e le sue guardie (una soffiata di naso), il brigante convinto ormai di potersi
muovere liberamente, viene tratto in arresto e portato a Roma alle carceri di
Via Giulia. E’ così che si concludono le lunghe e discutibili trattative,
sicuramente mai portate avanti con convinzione e sincerità fra il Delegato
Pontificio ed il brigante.
Il processo a
carico di Vincenzo Vendetta, che per
la sua eccezionale gravità dovette essere celebrato dinanzi al Tribunale
criminale di Roma, iniziò il 6 maggio, esattamente un mese dopo l'arresto, e
si concluse il 25 agosto con la condanna dell'imputato alla pena capitale, da
eseguirsi mediante decapitazione.
L'appello alla Sacra Consulta il 22 luglio
confermò la condanna di primo grado. Venne tentata anche la “Richiesta di Grazia” a Papa Pio
IX, ma questi la rifiutò.
La sentenza fu
eseguita il 29 Ottobre 1859 nella Piazza del Trivio (attuale Piazza Cairoli)
a Velletri, alle sette del mattino, per mano del famigerato boia Mastro
Titta, tristemente noto quale “er boja de Roma”.
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La Sentenza a carico di Cencio
IL TRIBUNALE
CRIMINALE DI ROMA, RIUNITO NEL PALAZZO DELLA CURIA DOPO AVER INVOCATO IL
SS.MO NOME DI DIO, IN NOME DI SUA SANTITA’ PIO IX, FELICEMENTE REGNANTE HA
EMESSO LA SEGUENTE SENTENZA:
Dopo che il velletrano
Vincenzo Vendetta, aveva riportato non lievi condanne, per furti e altri
omicidi, immaginò con un nuovo e inaudito misfatto di andare non solo
impunito ma di essere avvantaggiato per quelli precedenti e rubò la notte tra
il 1 e 2 Aprile l’immagine di Maria SSma delle Grazie per trarne utile per se
e per il fratello Antonio. Considerato non essere ammissibile la buona fede
di cui pretende il Vendetta di essere stato all’atto dell’arresto, stando
alla validità dell’ottenuto salvacondotto considerato non essere attendibili
le altre pretese del Vendetta di godere dell’immunità che il sovrano gli
avrebbe benignamente concesso perché gli fu proposta a condizione espressa di
restituire subito la sacra effige di Maria Ss.ma e il suo tesoro. Alla
condizione egli non volle sottostare se non si aderiva a tutte le sue
arroganti domande quale anche qui per colpa sua tanto da dover troncare ogni
trattativa quindi non ebbe alcuna formale concessione. Considerando che egli
è anche responsabile di altri delitti e principalmente dell’omicidio in
persona del maresciallo Antonio Generali, il tribunale all’unanimità di voti
ha dichiarato e dichiara Vincenzo Vendetta colpevole e responsabile di tutti
i reati ascrittegli e lo condanna all’ultimo supplizio da eseguirsi in Velletri:
IL PROCURATORE
DI VELLETRI
DI PRIMA
ISTANZA RESIDENTE IN VELLETRI
Vista la
sentenza del tribunale criminale di Roma, il 28 Novembre 1858, vista la
decisione del supremo tribunale della revisione del 12 settembre 1858 con cui
viene rigettato del condannato il ricorso con il parere favorevole di Mons.
Luigi Giordani, Delegato Apostolico di questa provincia ha ordinato e ordina
che previa intimidazione al condannato Vincenzo Vendetta del rigettato
ricorso sia il medesimo nel giorno di Sabato 29 di questo mese del 1859
decapitato sul palco di giustizia alle 7 antimeridiane nella piazza del
Trivio di questa città.
(Trascrizione di B.Carlotti)
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Il furto dell'immagine della Madonna delle Grazie e le vicende ad esso connesse ebbero risonanza nazionale. Il 27 aprile 1858, un giornale di Torino, ”L’Indipendente”, riportò un ampio e dettagliato resoconto dei fatti avvenuti tre settimane prima a Velletri.
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Tutta la
storia nel 1975 è stata ricostruita in un dramma teatrale dal Prof. Giovanni
Ponzo, opera che è stata messa in scena nel 1978, nel 1990 ed ancora nel
2008. Verrà ripresentata al termine
del convegno che si terrà il 29 Settembre p.v. (vedi locandina a fianco),
presso il Polo Espositivo di Velletri
Il convegno
dal titolo “Sa fumato con a zoffiata de
naso” (una soffiata di naso segnale convenuto dal Giordani con i gendarmi
per far arrestare Cencio), vuole ripercorrere storicamente i fatti
riassunti per farli conoscere alle future generazioni, e dar loro una lettura
storica corretta sulla base del volume “Cencio Vendetta il brigante della
Madonna” dello stesso Giovanni Ponzo, e sulla scorta della nuova
documentazione raccolta, grazie anche alla mia modesta collaborazione.
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Una storia
apparentemente tanto lontana, ma in realtà così vicina a noi ed al nostro
territorio, che coinvolge un brigante ed un alto prelato della curia romana
nativo della nostra bella terra, così prolifica
di personaggi e personalità tanto grandi, quanto sconosciuti, offuscati
dal tempo e da sempre nuove storie e nuovi protagonisti (b.c.).