sabato 28 agosto 2021

«Madonna del Bosco», un po’ di storia…

 

Origini e tavolette votive del Santuario

di Guido Tarozzi

Note, integrazioni e contributi di Agide Vandini

 

 

Negli anni ‘60, con un paio di amici, andai a vedere la valle del Mezzano che, quasi al termine dei lavori di prosciugamento, stava ormai scomparendo. Quella valle ci aveva visto più volte giovani ed inesperti cacciatori.

Al ritorno ci fermammo al Santuario della Madonna del Bosco che non avevo mai visto. Entrammo e rimasi stupito dalle oltre 40 tavolette votive appese alle pareti e da una di queste in particolare.

Il 30 agosto del 1968 mi sposai proprio in quel Santuario. 

Dopo 50 anni, navigando su internet [1], ho ritrovato quella stessa immagine e con curiosità ho iniziato a scavare; si tratta di una tempera (cm 23 x 32) che ricorda un episodio drammatico, accaduto nel 1843, nella vicina chiavica sul Canale dei Molini di Fusignano (ove il canale sfociava nel Reno).

La chiavica, disattivata ormai dagli anni ‘20, fino al 2008 era ancora visibile; oggi rimane soltanto la casa (restaurata parzialmente) dell’operaio detto  chiavicante.

La chiusa o chiavica era dotata di portone a vento, per evitare, in tempo di piena, i rigurgiti del fiume nel canale; il portone ovviamente era protetto dalla travata, di fatto un muro formato dalla sovrapposizione di grosse travi di abete, che il chiavicante calava, con l’argano, nelle apposite guide laterali.

L’immagine del dipinto rappresenta appunto un bambino caduto nella chiusa ed un uomo,  il chiavicante, imbrigliato nella fune dell’argano, a testa in giù; sulla destra sono poi rappresentati l’uomo e il bambino in ginocchio nell’atto di ringraziare la Madonna del Bosco. L’acronimo PGR (Per Grazia Ricevuta), in evidenza al centro, attesta il lieto fine della storia.

 Qui accanto la foto della casa del chiavicante, con la chiusa in basso a sinistra (foto 2008).

  Dalla fine degli anni ‘20, come già detto, il Canale dei Molini ha un nuovo sbocco nel Canale Destra Reno, detto localmente, e’ scól dagli aqv ciêri (lo scolo delle acque chiare); la parte del canale, inattiva, di circa 300 metri, oggi boscosa, è divenuta Riserva Naturale Speciale.

 

Come è nata la devozione della popolazione locale  per  la Madonna e la costruzione del Santuario?

Va ricordato che diversi secoli fa tutta l’area a ridosso dell’argine destro del Reno (all’epoca “Po di Primaro”, com’è chiamato tuttora dai nostri anziani) era valliva, composta, cioè, da paludi e acquitrini, ma anche da macchie di bosco (da cui San Lorenzo in Selva, San Bernardino in Selva, San Pietro in Silvis e appunto Madonna del Bosco).

 Nel  1714, alcuni braccianti stavano disboscando un terreno nella tenuta Raspona e malauguratamente un grosso ramo cadde addosso ad uno dei braccianti che morì.

Nel luogo della disgrazia, venne allora posto un quadretto di maiolica (in bassorilievo con doppia cornice ottagonale) rappresentante una Madonna con bambino (vedi a fianco) [2].

Il luogo era frequentato dai viandanti che tramite il passo fluviale detto del Passetto (toponimo tuttora esistente) andavano ad dlà da Po (di là del Po) o viceversa.

Spesso occorreva aspettare il traghetto e in quei tempi di attesa, in particolare le donne, si inginocchiavano davanti al quadretto della Madonna e pregavano.

  



 L’epigrafe sul pilastrino


Iniziarono così i “si dice” dei primi prodigi e nel 1720, a seguito dei molti miracoli avvenuti, fu inaugurata la prima chiesa, lontano un quarto di miglio dall’albero ove era stata appesa l’immagine della Madonna, ora ricordato dal pilastrino a fianco.

 


 Questa prima chiesa fu ricostruita in stile neoromanico nel 1929, ma dovette essere riedificata nel 1952 per i danni subiti durante la guerra.

 Le originarie 47 tavolette votive sono ora collocate in un magazzino della Diocesi di Faenza, mentre nel Santuario ci sono le foto.

A conclusione delle mie note, riporto, a beneficio del lettore, immagini e didascalie di alcuni dei soggetti dipinti [3].

 


 L’evento che diede origine al culto: 10 aprile 1714. Alcuni braccianti di Alfonsine stavano abbattendo alberi in una tenuta dei marchesi Spreti, detta " la Raspona " in quanto precedentemente di proprietà dei nobili Rasponi, quando all'improvviso un grosso ramo, cadendo, uccise un operaio.

 



 Un colono invoca la Madonna con un bovino accovacciato presso l'albero: questo ex-voto è da riferirsi probabilmente alle frequenti epizoozie, che costituivano un vero flagello per queste terre ad economia agraria e che inducevano molti contadini a rivolgersi alla Madonna del Bosco.


 Note riportate a tergo del dipinto: «Il mercoledì Santo del 1823: sul piazzale della Chiesa della [Beata Vergine] del Bosco fui colpito con un calzo della mia Cavalla nel braccio destro e fu tanto terribile il colpo, e sensibile il dolore che caddi per terra, e fui portato in Casa semivivo, per cui credevo il colpo fosse mortale, o almeno mi fosse accaduta la rottura del braccio stante la doglia attroce e l'effusione del sangue; ma dopo due, o tre ore circa alzai le deboli mie preghiere alla B.V. del Bosco, Mia Avvocata, e Protettrice, mi cessò il dolore, e conobbi che il colpo, benché terribilissimo mi aveva arrecato solamente una piccola rottura di carne, e di una vena del d[ett]o braccio per cui dovetti per pochi giorni portarlo al collo, ma con poco dolore, indi mi sentii dopo due, o tre giorni affatto libero senza verun danno;  e tuttocciò lo riconosco per una Grazia speziale della B. V. In fede D[on] Gian Batta Gessi attuale Capellano aff[ezionatissim]o [di] mano propria.

 


 […] L'infortunio descritto dovette verificarsi quando il carro tirato da due bovini con la castlê piena mosse dall'aia per andare a destinazione. Sembra che la causa della disgrazia fosse dovuta alla rottura del timone del carro che ne provocò il ribaltamento. Uno dei due coloni, quasi schiacciato sotto la castellata, rimase illeso […]  il peso della castellata piena di un volume di circa dieci barili avrebbe potuto stritolare il poveretto".

 


[2] «Il fattore dei Marchesi Spreti, Matteo Camerani di Alfonsine, che sorvegliava i lavori di abbattimento del bosco e che fu testimone della disgrazia, volle seguire l’usanza, diffusa in Romagna a quei tempi, di porre un’immagine sacra sul luogo dove era avvenuto un delitto o un incidente mortale per ricordare il fatto e invitare i passanti alla preghiera. Scelse una vecchia raffigurazione che teneva da tanti anni sopra il letto, e alla quale insieme alla moglie era legato da particolare devozione (http://alfonsinemonamour.racine.ra.it/alfonsine/Alfonsine/madonnaboschi%20origini.htm). Il

quadretto pare risalisse al XVI sec. ( * Stradario storico delle Alfonsine, Alfonsine, Tip. Altini, 2017, p. 245).