lunedì 26 maggio 2008

Quando si dice il «karma»…


(Diario di una sofferta giornata tinta di rossoblu)

di Claudio Afroditi

Col nickname di Kennet27, il giovane Claudio frequenta da tanti anni il forumrossoblu.org la più bella comunità di tifosi rossoblu su Internet. Dotato di verve non comune, Claudio è un mitico creatore di gags, uno dei più simpatici e cordiali forumisti, da tutti noi stimato e benvoluto. Oggi ha pubblicato queste righe dedicate alla sofferta giornata di ieri, trascorsa trepidando per la squadra in quel di Mantova, dove si giocava un bel pezzo di serie A.

Pubblico con entusiasmo, e col suo consenso, questo pezzo d’autore che certamente non mancherà di far sorridere i lettori di questo blog.




Da un grande potere derivano grandi responsabilità. Dicevano in Spaidermen.

Da una grande sfiga derivano grandi responsabilità. Ti dici tu.

Te l’eri studiata in settimana, te l’eri messa in firma. Quella di Mantova è una di quelle trasferte che vale una stagione, una di quelle partite che ti decidono tutte le altre. Tu di trasferte ne hai fatte pochissime nella tua carriera di tifoso: in casa da quando sei abbonato non ne hai mai saltata una (a parte quella col Chievo di quest’anno per via di rompimaroni lavorativi) ma fuori ne hai fatte veramente poche. Quest’anno però ti sei lanciato, un po’ perchè finalmente il Bologna giocava per qualcosa di importante, un po’ perchè hai trovato un gruppo di amici con cui trasfertare, e insomma ne hai fatte... Ravenna. Ascoli. Chievo. Bergamo. Grosseto. Alcune amarognole, altre orribili, altre da incubo. I casi erano inevitabilmente due: o avevi poco occhio per le trasferte in cui divertirti, oppure la tua presenza, fuori dalle mura amiche, non era «spronante» come credevi per il BFC. Il dubbio che portassi sfiga si faceva via via sempre più ustionante nella tua mente.

C’è la partita della vita, a Mantova. E’ il momento delle decisioni.

Per Mantova si muovono 7000 persone, tutti i tuoi amici, quasi tutto il forum. Tu sei indeciso, vorresti andare, ma la paura di essere l’oggetto X della squadra è un’idea che ti circola in testa prepotentemente. Poi, come spesso accade, in famiglia si risolvono tutti i problemi. Ci pensano in casa a farti decidere:

1) tuo fratello («Claudio... stiamo ben a casa valà... dobbiamo attivare tutte le cabale...»)

2) tuo babbo («Vai a Mantova...?...No, perchè tòtti al vòlt che t'vè in trasfàirta al Bulagna al fa caghèr...")

Casa dolce casa.

Decidi. Non andrai. Non andrai a Mantova a sostenere la squadra. Non ci andrai perchè non è il momento di essere indecisi. Non ci andrai perchè devi giocarti tutte le carte possibili. Non ci andrai perchè è troppo importante e perchè a volte, per amore, bisogna saper rinunciare. E perchè parliamoci chiaro: da quando vai in trasferta, il Bologna non ha più vinto.

Però friggi. Friggi come un cane. Ma tieni tutto dentro.

Domenica mattina, ti svegli di buon’ora (l’una e mezza) e sei tirato come uno stecchetto. Ti sale la tensione e ti alzi di cattivo umore, agitato, nervoso, teso. A tavola rispondi con grugniti e rutti, sei tragicamente in apprensione. I tuoi genitori probabilmente pensano che sei così per problemi sentimentali, cosa che normalmente scuote tutte le persone normali. Poveretti... ancora non capiscono che tu non sei normale, ma proprio per niente. Friggi per l’ansia e per la rabbia di non essere là.

Ore 14.15. Cominci ad attivarti per sentire la partita. Convieni fin da subito che SICURAMENTE non starai in casa ad ascoltarla. Devi muoverti, devi camminare...e soprattutto non puoi reggere tua madre che ogni 3x4 passa con la scopa o a mettere a posto i vestiti commentando, e forse gufando pure, ("eeeeeh va male oggi eh?" - "ALLORA LE PIEGHI ‘STE MAGLIETTE CHE IO STIRO E BAH BAH BAH… E COSA DICONO BAH BAH BAH… T’I PROPRI UN IMBALZE' BAH BAH BAH..."). Sì, sei un Neanderthal, ma non te ne frega niente. Ti armi del tuo fedele uolcmen radiolinato (ormai pezzo d’antiquariato studiato dai luminari come reperto fossile) e t’incammini verso il nulla. Unico segno di riconoscimento: maglietta blu «IO TIFO BOLOGNA».

Appena varchi la porta del tuo palazzo, la vecchia del primo piano ti saluta: fai un cenno di rimando (temendo l’incrinatura del Carma [ è la versione chenetiana del karma che nella mistica indiana è l’«effetto ineluttabile conseguente ad ogni azione»]), ma hai già sparato nelle orecchie la ITPAREID di Radiobruno...e scancheri in uruguagio perché non vedi l’ora che si colleghino con Mantova.

Vuoi sapere tutto, anche quanti piccioni sono passati sul campo. Il sole in faccia, lo smog tra i capelli (abiti in un brutta via in effetti) e poi l’illuminazione: sai dove andare ora, là dove tutto apparirà chiaro. Là dove ogni domanda avrà risposta: il Santuario della Beata Vergine di San Luca.

T'incammini da Casalecchio, passo dopo passo, verso la meta finale. Incroci tamarri di ogni genere, vecchiette con la borsa della spesa (ma anche di domenica?), umarells in piena tenuta estiva, allegre famigliole a spasso in bicicletta per i parchi. Tu non li consideri nemmeno, tutte le tue riserve vitali sono concentrate nelle orecchie, il resto del corpo è in modalità provvisoria e cammina per inerzia. Destro, sinistro, destro, sinistro, destro, occhio alla merda, sinistro, destro...

Comincia la gara ed ora sei all’apice della tensione. All’altezza di via Andrea Costa, Marazzina prende la traversa di testa, muovi le braccia in modo inconsulto e pensi ogni cosa, mentre da una macchina ti guardano straniti. ENNO' LA TRAVERSA NO PERO'. SONO RIMASTO A CASA STAVOLTA, NON FACCIAMO SCHERZI EH? Passi davanti al Dall'Ara e ti scopri intento a guardare dentro, per vedere se c’è qualcuno. Sei un imbecille lo sai vero? Sì.

Alla baracchina il vecchietto sta guardando la tivù (anche se sembra un microonde) e tu sei indeciso se salutarlo o meno, facendogli un gesto, come per dire «ci sono anche io, eh!», ma decidi di non fare nulla. L’equilibrio del Carma non va toccato. Non ora.

Comincia la scalata al Meloncello [inizio della salita verso il Santuario] ed intanto Fava sfiora il gol di pochissimo... Non ti trattieni, batti le mani e alzi gli occhi al cielo, mentre altri «scalatori» ti circondano ed alcuni ti guardano malissimo. E socmel. Gradino dopo gradino, continui la tua salita... guardi basso, verso i tuoi piedi, mentre con la testa ti immagini ogni azione descritta da Caravaglio [De Carvalho] e Mus [Mossini], trattenendo il fiato ogni volta che la palla l’hanno i mantovani. Finisce il primo tempo e tu sei arrivato al Santuario.

E' pieno di turisti e fedeli vari, qualcuno recita il rosario e non si accorge di te che, sudato come un cotechino asburgico appena sfornato, hai una faccia che nemmeno uno affetto da dissenteria con tosse cattiva potrebbe avere. Ti siedi (vabbè, svacchi...) spossato sul prato, davanti all'imponente struttura, e non passano nemmeno due secondi che ti si avvicina un tipo, in giacca e cravatta, che subito ti chiedi come faccia a non essere liquefatto, con quel caldo.

«NON SI PUO' STARE SULL'AIUOLA!...».

Eccheccazzo. Ti alzi, per fortuna non è ancora cominciato il secondo tempo. Lo guardi, chiedi se almeno sul muretto puoi sederti. Lui ti guarda, forse intuisce il motivo per cui sei lì e con espressione eloquente ti fa «...sì, sì... Fai, fai...». Gli fai pena, lo capisci. Te ne frega qualcosa? No. Ma proprio per niente. Una fava. Dino! Eh? Secondo tempo. Zitti tutti.

Ti siedi sul muretto, trovi la posizione in cui si sente meglio la radio (anche se con qualche SSSSSSSS SSSSSSSSS) e ti chiudi ad uovo, a testa bassa intento ad ascoltare. Il sole ti batte sulla coppa, le ascelle ormai sono da censura tv, le chiappe sul muretto cantano la cavalcata delle valchirie, tanto sono in asfissia. Vedi di sfuggita le gambe di vari pellegrini che ti passano di fianco, ma non alzi mai lo sguardo. Sei in tensione.

Il Mantova comincia il secondo tempo attaccando, colleziona 2-3 calci d’angolo nel giro di pochi minuti. No, c’è qualcosa che non va. Come sei seduto? Davanti a te hai il Santuario, hai la gamba destra incrociata sotto la sinistra, mani sul prato. Cambio: gamba sinistra incrociata sotto la destra. Il Bologna ricomincia ad attaccare, sì ha funzionato. Sei concentratissimo, a un certo punto un SSSSSSSSSSSS SSSSSSSSSSSSSSS sempre più insistito si fa avanti. Checcacchio è? Ti guardi attorno e capisci: un panzone vestito di BIANCONERO (AAAAAAAAAAAHHHH!) si è piazzato vicino a te e ostruisce le onde nell’aria. Ti sposti di qualche centimetro, lo guardi torvo, lui non capisce. Stupido e sciocco umano, ti morderei la carotide se non fosse che il dubbio che tu sia gobbo mi disgusta non poco.

Partita sempre in equilibrio, all’improvviso un’ombra davanti a te: un tipo con lo scheitbord (?) [skateboard] ed una barbaccia da denuncia penale ti chiede se hai da accendergli il sigaro. E' un’apparizione mistica? Sbronfi un «No» e, tra te e te, ti domandi come cacchio si fa a chiedere a TE (sottolinei TE) da accendere: sei seduto, in tensione, sudato come un raviolo... se avessi il vizio del fumo, ti staresti già fumando un tronco di pino. Vabbè. Prosegui nell’ascolto, sono già passati venti minuti quasi... Ennesima ombra davanti a te, un signore ti chiede come si fa ad entrare nella chiesa. Sopprimi gli istinti omicidi e gli rispondi educatamente togliendoti le cuffie. Lui capisce, se ne va soddisfatto. Hai guadagnato 3 punti paradiso, pensi sollevato, ti reinfili le cuffie del uolcmen e "...ATTENZIONE GODEAS IN TORSIONE... ANTONIOLI C’E’ PER FORTUNA..."

Porca boia vacca... Perdi i 3 punti appena guadagnati, ma trovi il tempo di ricomporti. Lo sai dove sei, vero? Scusa, scusa, lo so che sono a San Luca. Scusa.

Poi, il miracolo. Bonetto a sinistra, ne salta tre, palla in mezzo e DINO... SI’ DINO... DINO LA CACCIA DENTRO.

ODINO ha segnato. Cominci ad agitarti sul muretto, mordendoti le labbra per non urlare, mentre ti guardano come un pazzo.

Ha segnato Dino, il «tuo» Dino... il giocatore che hai adottato, il giocatore sfigato che non poteva segnare neanche col bazuca... Quello che «si sacrifica», quello che «fa gioco per la squadra», quello che, piuttosto che bollare, era più facile che preparasse piadine a centrocampo...E invece no, Dino bolla. Ha fatto gol. Il secondo gol nel giro di una settimana. Ma, soprattutto, il Bologna è in vantaggio e tu stai godendo.

Hai sacrificato la tua trasferta, ma Lassù qualcuno ti ha ripagato facendo bollare il tuo centravanti simbolo, il centravanti per cui sei stato preso in mezzo più volte. Forse stai per piangere. Ma no, valà, stai per ghignare di brutto. Forse, se avessi un po’ più la testa sgombra, potresti trovare tanti significati a tutto questo... sull’ironia del calcio, che poi è l’ironia della vita... sul fatto che quello che mai era riuscito a segnare nel corso della stagione, alla fine è andato a segnare nei momenti più importanti. Sul fatto che non bisogna mai mollare, perchè prima o poi arriva il tuo momento. E sul fatto che nello sport e nella vita la fortuna ha un ruolo importantissimo... Come basta un ciuffo d’erba piegato a 35° per farti entrare la palla in porta, o come, a volte, è solo questione di essere nel posto giusto al momento giusto, in una frazione di secondo.... Ti dilunghi a fantasticare. Ma non ce la fai. Forse più tardi tornerai a mettere insieme qualche pensiero, ora sei solo in modalità Neanderthal. E devi tenere attivate solo le orecchie.

Non è finita. Non è finita ancora. Basta. Si torna a uovo. In tensione. Sudato. Socmel.

Passano le ere, i secondi, no. Hai già 85 anni, ma Mus in radio dice che è appena il trentacinquesimo. Non è possibile. Rimani immobile nella posizione che avevi al gol di Dino, non osi muoverti. E’ un’attesa straziante, il terrore che prima o poi arrivi la doccia gelata si fa possente, tuttavia, allo stesso tempo, il pensierino di potercela fare si fa avanti. Sei rimasto a casa, poteva andare diversamente? Basta, basta, continua ad ascoltare e piantala di autogufare. All'improvviso un disturbo fa parzialmente andare via il segnale di Radio Bruno...sembra una canzone... la ascolti... è una canzone dei Negramaro...oddio i Negramaro... sono salentini... un segno nefasto? Sgrani gli occhi e fai ricorso a tutte le tue riserve spirituali, chiudendoti ancora più a uovo. Per fortuna il disturbo scompare. Sospiro. Tra poco scomparirai anche tu, lo sai, in una pozza di sudore. Ti fai schifo immensamente. Ma non c’è tempo ora, magari dopo.

I minuti non passano mai, è lunghissima. Entra Pugilato [Giubilato, aitante difensore del Bologna]. Sei scosso da brividi... fai che... Pugilato in azione offensiva sfiora il gol. Mammamia! Punizione di Pugilato eeeh… intervento del portiere! MAMMAMIA IL PUGI! No non esaltarti. Fermo. Sono quasi le cinque, ti suona il telefono. E’ tuo fratello... non è ancora finita, non rispondi. Quel bagaglio tanto odiato continua a vibrarti in tasca, sai che a breve avrai una crisi di nervi e quell’affare tastierato finirà giù per il colle della Guardia. E vibra. Non rispondi, non puoi. Se ti muovi potresti inclinare il Carma. E, se il Mantova pareggia, non risponderesti più delle tue azioni. Vibra vibra...lo stai per mordere quando smette. Bene. Torniamo all’ascolt... Triplice fischio.

Urli, ti alzi in piedi di scatto e quasi becchi contro un umarello che ti stava passando davanti. Ti guarda in modo inenarrabile («al srà al solit drughè...»), te ne sbatti, stai esultando come uno psicopatico.

Chiami tuo fratello, poi mandi un messaggino ai tuoi amici a Mantova... Il tuo Sacrificio ha avuto gli effetti sperati. Sì, la vittoria è anche merito tuo. E ti fermi a pensare che, magari, se non andavi in trasferta le passate quattro volte, forse, ma forse non forse, il Bologna era già in A. Toccata di balle.

Vabbè, triturarsi gli zebedei ora non ha senso. Quello che conta è che nel momento del bisogno hai risposto presente. Ed hai dato il tuo apporto. Il Bologna è tornato a vincere.

Sei conscio del tuo potere. Hai decifrato la Matrice. Da una grande sfiga derivano grandi responsabilità...

Eh. Ti girano un po’ i maroni pensando che gli altri ora stanno festeggiando sugli spalti e te no, però è solo una nuvoletta che vola via subito, davanti al sole raggiante della vittoria.

Torni felice verso casa, avresti voluto fermarti anche in chiesa, ma sei sudato come un pitecantropo pederasta e magari non saresti stato bene accetto. Il tragitto verso la bassa, sotto i portici, è serenissimo. Ascolti le interviste in radio, ti guardi il panorama spettacolare che ti circonda e sì, sorridi anche a qualche signorina che baldanzosa sale verso San Luca. Ora come ora, probabilmente offriresti da bere anche a qualcuna di loro... no no, aspetta, non esageriamo. Ricordati sempre chi sei. Però ha bollato Dino. E allora? Allora non lo so, però son carico come un sabadone. Sei rovinato. Lo so. E’ già qualcosa. Godo. Ok.

Alla baracchina davanti alla Andrea Costa ci sono due avventori, che sorridono mentre passi. Forse notano la tua maglia, oppure si chiedono a quale razza di medusa appartenga quel monobulbide che avanza caracollando col uolcmen nelle orecchie. Il vecchietto, dentro, è stravaccato sulla sedia. Deve essere a pezzi anche lui dopo la partita. Te la ghigni e passi davanti al Dall’Ara.

E gonfi il petto.

Non è ancora finita, lo sai.

Domenica il Bologna si gioca la stagione.

In casa, al Dall’Ara. E non sarà facile, per niente. Ma stavolta ci sarai, assolutamente. Perchè si gioca in casa. E perchè ci si gioca tutto.

E speri che lo stadio sia pieno di gente, pieno di tifosi. Non di scrocconi o annoiati dalla vita, ma di Tifosi veri. Perchè chi, pur potendo, domenica non ci sarà, dimostrerà solo di essere un tifosotto.

Domenica ci giochiamo tutto.

FORZA BOLOGNA.

Torniamo a casA

... e in trasferta comunque prima di rivedermi mi sa che aspettano un po'....

Una foto, una storia (2)

di Agide Vandini

Questa è una istantanea d’altri tempi che mi è stata recapitata da poco. E’ una fra le più vecchie che mi sia finora capitato di vedere e quel che è più curioso è che si tratta di un gruppetto familiare che mi riguarda da molto vicino (il bimbo sulla sedia è mio padre). E’ una foto che non avevo mai visto prima e che risale nientemeno che al 1915. L’ho avuta di recente da Adele Zanotti, mia lontana cugina, la quale, recando l’immagine della Luzijna, sua – ed anche mia - nonna «bisa», la ebbe dalla sua nonna Marijna (Maria Vandini), sorella del mio nonno paterno Ivo Vandini (a Filo chiamato Ivo dla Bargamina). Era stata incollata dalla Marijna, come si usava una volta, in una tavola di compensato assieme ad altre foto dell’epoca e tenuta per anni e anni sopra la madia in cucina nella sua casa contadina di Chiavica di legno. La tavola con le foto è poi passata alla di lei figlia Argentina (Argenta) Borsi (1901-1993) che un giorno le staccò dal vecchio quadretto e vi annotò, nel verso, i nomi delle persone. Da allora esse sono conservate amorevolmente dalla figlia dell’Argenta, Adele Zanotti. La fotografia, eccezionale reperto familiare, ora accuratamente restaurata da mio figlio Simone Vandini, pare proprio aver ripreso l’antico splendore. Non sembra, ma l’immagine è quasi di un secolo fa…


Ecco tutti i personaggi ritratti nella fotografia del 1915 (a partire da sinistra): la signora in piedi col grembiule è la mia bisnonna Lucia Bergamini (Luzijna) (1850-1933) qui sessantacinquenne, alla sua destra il nipotino in piedi sulla sedia con cravattina e pantaloni bianchi è mio padre Guerriero Vandini (1912-1979), di fianco a lui sua madre(e nuora della Luzijna) Agida Cavalli (1891-1944), qui dunque appena ventiquattrenne. Mia nonna Agida, cui è stato da poco dedicato un nuovo cippo nella piazza a lei intitolata, ha in braccio il secondo figlio Raffaele Vandini (1914-1969). Il suo terzo figlio Sereno sarebbe nato ben tre anni dopo, nel 1918.


(Cliccare sulla foto per vederla ingrandita)

Rivediamo le foto di scuola

di Agide Vandini


Nel prossimo mese di luglio, nei giorni di


Ven 18, Sab 19, Dom 20 e poi Ven 25, sab 26, dom 27 e Lun 28


nell’ambito di FILO è FESTA 2008 sarà allestita una


mostra fotografica

curata da Agide Vandini e Diana Corelli sul tema:


« Gruppi scolastici filesi in bianco e nero »




Saranno esposte una quarantina di foto di gruppo del periodo 1919-1960, con i riconoscimenti fin qui effettuati. I visitatori potranno segnalare ulteriori riconoscimenti.

mercoledì 7 maggio 2008

Per una migliore segnaletica e cartografia del territorio

«Mappe, toponomastica e segnaletica del Filese (2)»

di Agide Vandini

Il mese scorso con un articolo dal sottotitolo «Quanti errori ed insufficienze…», ho segnalato su questo stesso tema una serie di carenze cartografiche e di segnaletica stradale che certo non favoriscono la corretta conoscenza e la percorribilità di un territorio composito e complesso quanto ad appartenenza amministrativa.

Come si è già fatto notare, le più note mappe presenti su Internet e sui navigatori satellitari contengono errori grossolani, imprecisioni, termini obsoleti, al punto che talune raffigurazioni ignorano persino la bipartizione territoriale fra le provincie di Ferrara e Ravenna, oppure falsano il nome stesso del paese, quasi che la sua denominazione fosse divenuta quella di una sola parte di esso, ossia «Filo d’Argenta».Va da sé che il centro abitato va indicato con la denominazione che, per circa un millennio, lo ha contraddistinto, e cioè «FILO» senza affiancamento del comune di appartenenza come del resto avviene per la generalità dei centri abitati. Se sulla cartografia lo si chiama, come fanno taluni, «Filo d’Argenta» rimarcando di fatto la bipartizione territoriale, allora non va omesso, al di sotto della linea di Po Vecchio che taglia il paese, il corrispondente «Filo di Alfonsine». Chiamare FILO semplicemente «Filo d’Argenta», mi scuso per le proporzioni, ma sarebbe stato come chiamare «Berlino Ovest» la città di Berlino …

Date le numerose imprecisioni, per dar modo di aggiornare e correggere le proprie mappe o semplicemente per far comprendere la nostra realtà a qualche lontano lettore del blog, qui a fianco si riporta una prima mappa di inquadramento generale, coi confini delle due frazioni accorpate (quella argentana e quella alfonsinese -quest’ultima evidenziata in azzurro-) e col corretto posizionamento delle più importanti borgate, ossia piccole comunità, luoghi con una loro aggregazione sociale che sono, come si è già avuto modo di sottolineare, basilari riferimenti geografici anche per chi in questi posti abita da secoli.

E’ una mappa che finalmente fotografa la realtà del territorio, ma per il viaggiatore inesperto, come per gli stessi residenti talvolta poco informati sulle caratteristiche del luogo (si pensi ad esempio ai sempre più numerosi immigrati), sarebbe necessaria anche un’idonea segnaletica sulle strade, posta con omogeneità di comportamenti dalle due amministrazioni comunali competenti.

Non costerebbe molto e sarebbe viceversa molto importante, a parere di chi scrive, disporre di una segnalazione delle sette località minori del territorio, con tabelle stradali di specifico e diverso colore, con l’indicazione della Frazione e del Comune di Appartenenza. Esempio: «Case Selvatiche - Località della Frazione di FILO - Comune di ….». Questa puntuale tabellatura, nella parte ravennate e in quella ferrarese, consentirebbe l’orientamento all’ingresso nell’ampio territorio e nel dedalo delle competenze amministrative. Non si dimentichi infatti che il territorio si estende per circa 55 Kmq (39,94 Kmq la frazione argentana, 14,71 Kmq quella alfonsinese) con distanze massime in linea d’aria di circa 9 Km, sia in direzione Est-Ovest (Rossetta-Menata), che Nord-Sud (conf.comacchiese Via Mantello - Chiavica di Legno).

Al momento purtroppo il comune di Argenta segnala con tabelle stradali le sole località di Case Selvatiche e Molino (ignorando Vallone, Sant’Anna e Garusola) senza indicare peraltro la frazione di appartenenza, mentre il comune di Alfonsine addirittura non ne segnala alcuna, né quelle sue proprie (Rossetta e Chiavica di Legno), né quelle promiscue con Argenta (Case Selvatiche e Molino). In pratica, viaggiando da est ad ovest o viceversa, all’interno dell’area alfonsinese-ravennate, dalla corrente segnaletica stradale non è possibile capire ove ci si trova, se a Filo, oppure a Molino, o, nella direzione opposta a Case Selvatiche.

Data la vastità e la complessità dell’intera area, una segnaletica come quella suggerita permetterebbe di fissare almeno univoci punti di riferimento sul territorio e, allo stesso tempo, favorirebbe la valorizzazione e la conservazione di toponimi che fanno parte della nostra cultura e della nostra storia.

Dopo questo necessario inquadramento generale, come si è già detto, si rivisiterà il territorio un po’ per volta nei prossimi mesi e sarà l’occasione per fornire qui, nei limiti consentiti dai vincoli del blog, mappe dettagliate, aggiornate e corrette, con le sole strade percorribili, in scala variabile ma idonea alla lettura, con qualche cenno ai significati della toponomastica e ad eventuali insufficienze segnaletiche.

Il lavoro sarà proposto in otto sezioni, come da mappa a fianco, ciascuna delle quali verrà a sua volta suddivisa in quadranti più particolareggiati.

(continua -2)

(articoli precedenti sul tema: 1.Archivio blog: 2008 / 1 marzo / «Quanti errori ed insufficienze…»)