martedì 8 luglio 2014

Il «Quaderno» dell’Irôla n.7



La lunga storia che spiega “Perché Filo è diviso in due…”


Come da programma annunciato ho affidato a www.scribd.com il Quaderno dell’Irôla n.7. Ne trascrivo titolo ed argomento:
Perché Filo è diviso in due
Intervista ad Agide Vandini di Benedetta Bolognesi
[Serata del ciclo «I Talenti» del 1 luglio 2010]

Il testo, già presente sul blog, è stato, per l’occasione, revisionato in alcuni punti marginali.
Il link diretto per accedere al file word scaricabile (di 10 pag.) è il seguente:


Riepilogo per comodità dei lettori che intendono farne raccolta i «Quaderni» sin qui usciti:


N.
Data Upload
Titolo
Link a www.scribd.com

Pagine
(escluso la copertina)

00     30.04.2014  Frontespizi e Integrazioni Quad. 1-4  http://www.scribd.com/doc/221159152/Frontespizi-e-Integrazioni-Quaderni-Irola-1-4                      9
01     08.01.2009 L’antico Hospitale di San Giovanni in Filo                http://www.scribd.com/doc/9695193/LAntico-Hospitale-Filo                                         8
02     13.02.2011 Le otto chiese della storia di Filo                               http://www.scribd.com/doc/48682684/Le-8-chiese-della-storia-di-Filo                       16
03A  11.05.2011 I trascorsi filesi di Ziridöni (10 pagine)      http://www.scribd.com/doc/55543424/I-trascorsi-filesi-di-Ziridoni-vers-scribd    10
03B  11.05.2011 Loris Rambelli -Paesaggio con figure http://www.scribd.com/doc/55540319/Paesaggio-con-figure-Ziridon-di-Loris-Rambelli                     32
03C  11.05.2011 Giovanna Righini Ricci)- Ziridöni       http://www.scribd.com/doc/55351186/Ziridoni-Di-Giovanna-Righini-Ricci                           4
04     26.08.2011 Per le vie di Filo                                                        http://www.scribd.com/doc/63554116/Per-Le-Vie-Di-Filo-Guida                               16
05    15.05.2014 Quando a Filo si pescavano gli storioni http://www.scribd.com/doc/224272246/Quando-a-Filo-Si-Pescavano-Gli-Storioni          10
06    09.06.2014 Person.caratt.filesi (I°Racc.) http://www.scribd.com/doc/228407719/Quaderno-n-6-Personaggi-caratteristici-filesi-I-Raccolta                      19

A questi si aggiunge quindi:

07    07.07.2014 Perché Filo è diviso in due                                          http://www.scribd.com/doc/232876033/07-Perche-Filo-e-Diviso-in-Due                  10
                     

Rimando, per indicazioni e suggerimenti circa la modalità di raccolta, alla lettura di quanto pubblicato il 30.4.2014: http://filese.blogspot.it/2014/04/i-quaderni-dellirola.html
Consiglio vivamente, una volta effettuato lo scarico del file da scribd con l’operazione di “download”, di controllare la corretta composizione delle pagine in “Word” apportando gli aggiustamenti manuali necessari, prima di procedere alla stampa.
a.v.

venerdì 4 luglio 2014

Vecchie storie di calcio a Filo (1)…



Foto, aneddoti e notizie storiche del calcio filese che abbiamo amato
di Agide Vandini

Capitolo I° – I tempi dell’US Filese (dai primordi al 1950 circa) 

In piedi e da sinistra: Giuanòñ Geminiani, Max Barabani, Ghéo Vandini, forse Pipòñ Fabbri, Murgagna Vandini. Gli accosciati sono Ovidio Saiani e, forse, Ezio Natali (Martìñ). Seduti, da sinistra: Raflòñ Vandini, Catóna Siroli (asso dell’epoca) e Pipĕñ Toschi.
La foto è dei primi anni ’30. E’ scattata alla «Pradina», il primo vero campo da calcio filese, un prato ai margini della S-ciapèta, dove i pionieri paesani del fótbal, con tanto di scarpe bullonate e pantaloni corti, hanno allestito porte e terreno di gioco.
Sono i primi ragazzi appassionati ae’ žug de’ palòñ, uno sport ove necessita un oggetto in cuoio tanto prezioso e costoso che negli anni ‘20, così raccontava mio padre, non possedeva praticamente nessuno. Si giocava con quel che si rimediava in casa: una palla di stracci che rotolava a fatica nel fango e nella polvere, in battaglie furiose che si tenevano lì alla Pradina, oppure al Campicello nei pressi delle scuole. Pippi Geminiani, che coi suoi amarcord mi ha dato una buona mano in questa paziente stesura, chiese un giorno al papà Giuanòñ d’Pisini (classe 1915, foto a fianco), come si comportava un terzino come lui in quel periodo. Gli disse che era già una prodezza dare un calcio lungo e più in avanti possibile…
Mio padre Ghéo (classe 1912), uno di quei pionieri, era stato iniziato al fótbal, ancora ragazzino, dallo zio Tonino Cavalli, sarto in Bologna. Lo accompagnava allo stadio ogni volta che veniva in città con la madre Agida, in frequenti visite ai propri fratelli (Amilcare, Eufemia e Tonino) tutti nati a Filo, ma colà stabiliti.
Fu un’attrazione, quella per il calcio, che mio padre si portò dietro per tutta la vita. Prese anche ad amare il Bologna del mago Felsner, quello di Schiavio, di Della Valle e di Muzzioli (detto Teresina), uno squadrone che, proprio in quegli anni, si faceva largo nel campionato italiano e vinceva i suoi primi scudetti (1924-25 e 1927-28[1]). Tutti e tre i figli dell’Agida vennero conquistati dagli atleti in mutande: Ghéo e Raflòñ diventarono fervidi sostenitori rossoblù; il più giovane, Sereno, detto Murgagna, che per un po’ si diede con passione al ciclismo, fu invece più attratto dai colori interisti, squadra del grande e impareggiabile Meazza. Una volta ritornati in paese, fra la curiosità dei coetanei e dei primi appassionati, i tre fratelli Vandini raccontarono sempre le mirabilie del grande fótbal ed ogni più bella impresa dei loro beniamini.
Interista e grande appassionato filese di calcio fin dagli anni ‘20 fu anche Ezio (Martìñ) Natali, fratello di Céncio, personaggio già noto a questo blog, morto di peritonite nel 1936 all’età di 28 anni[2]. A fine anni ’20 Martìñ sacrificò talvolta anche il pasto per poter andare con l’amico Ghéo, e con altri giovanotti filesi, in bici fino a Bologna dove si esibivano i più celebrati campioni[3]. Ghéo peraltro aveva già visto, quindicenne, assieme allo zio Tonino, il grande e leggendario Zamora nei suoi anni migliori[4]. Era avvenuto a Bologna nel 1927, nel giorno dell’inaugurazione del Littoriale, poi Comunale, oggi Stadio Dall’Ara[5]. Lui, affascinato da Anzlèin Schiavio e dal suo istinto di centravanti, era rimasto ammirato da quel portiere praticamente imperforabile, ancor oggi considerato il più grande di ogni tempo. Abbandonò però assai presto le mal riposte velleità di zéntratàc di campagna, allorché – questo me lo raccontò mia madre – ebbe a rimediare, in una partita fin troppo accesa e combattuta, un pauroso calcio in zucca.
In quegli anni Trenta, grazie alle due vittorie azzurre nella coppa del mondo ed alle prime radiocronache di Nicolò Carosio, sulla scia di una passione allargatasi a macchia d’olio, si giunse alla creazione di una vera e propria società sportiva paesana in grado di portare Filo nei campionati dilettanti della Romagna.
Ovviamente mio padre, uno che da tempo sapeva cos’era l’off-side, il corner, il “metodo” e che s’intendeva di half e centr’half (i centrocampisti di allora) fu uno dei dirigenti fondatori della U.S. Filese, ed a lui si associarono altri inseparabili compagni della storica foto alla «Pradina».


US Filese. Campo dell’Oca-Pisana. Fine anni ’30.I due dirigenti sono Giuanòñ Cobianchi e Ghéo Vandini; i primi due giocatori in piedi da sinistra sono Ludovico Barabani ed Eugenio (Šlancio) Ghiselli. Il primo degli accosciati ( da sinistra è Sereno (Murgagna) Vandini, il terzo è Max Barabani, poi Catóna Siroli, Tullio d Rös e Ovidio Saiani. Seduto e in divisa da portiere è forse Lépro Ricci Lucchi.
Il miglior calciatore filese di quei tempi si dice fosse Catóna Siroli che poi finì per giocare nell’Argentana. Alcuni di noi lo ricordano, già anziano, giochicchiare al campo nel dopoguerra: entrava per un paio di tiri in porta nel pre-partita, si piazzava con sicurezza nel semicerchio a bordo area e con studiate finte, sferrava micidiali tiri di sinistro all’ungherese che i malcapitati portieri raramente intercettavano. Pippi se lo ricorda così: « Il mitico Catóna lo vidi indossare la maglia del Filo in una partita, ma era già avanti con gli anni; giocava ala sinistra ed era apprezzato per il suo mancino: fintava di mettere la palla in mezzo e, poi, di punta, mentre il portiere pensava al cross al centro, lo infilava come un tordo. Dicono avesse notevoli capacità, ma la guerra...».
Va da sé che il calciatore paesano venisse identificato col solo nomignolo, un soprannome dialettale che ho perciò sistematicamente riportato nelle mie didascalie.
A fine anni ‘30, quando la «Lodigiana» volle impiantare alla Pradina un esteso frutteto, il campo sportivo fu allestito fuori paese, lungo l’Oca-Pisana, di fronte alla casa colonica Trioschi.
Manëla (Aldo Tirapani, classe 1923) ricorda che il colore delle maglie anteguerra era nero-verde e che lui giocava a centrocampo, nel quadrilatero di mediani e mezze ali che formava l’ossatura della squadra. Proprio a quei tempi cominciò a tirar calci un campioncino di classe pura, un talento naturale, una mezzala completa classe 1920. Era Antonio Geminiani detto e’ Gàg’, fratello di Giuanòñ d’Pisini, considerato, da chi poi vide anche i nostri più forti giocatori degli anni ‘50, il miglior talento filese di ogni tempo.


Pare che, per caratteristiche, egli ricordasse vagamente il grande Mazzola (ovviamente il granata Valentino) che giocò nel suo ruolo. Con la sua classe, si diceva ancora negli anni ’60 e ‘70, a Filo non ci fu più nessuno.  Morì tragicamente, e’ Gàg’, come si è raccontato in questo blog, nell’aprile del ’46 all’età di 26 anni, per lo scoppio di una mina (http://filese.blogspot.it/2009/10/quei-morti-sulle-mine.html). A chi si chiedesse perché mai non giocò altrove, va ricordato che in quegli anni di guerra non c’erano certo i sagaci scout di oggi; poteva succedere che un vero talento rimanesse confinato nel suo piccolo regno di campagna.
Così fu per il nostro Gag’, perito tragicamente a guerra finita lasciando dietro di sé un alone di leggenda di cui, nella nostra osteria, si racconta ancora oggi. Riguardo all’amato zio, Pippi conserva un tenero ricordo d’infanzia: «Ricordo mia nonna Clotilde che gli faceva certe chiarate con le uova alle caviglie (malandate come i terreni su cui si giocava allora)… Tonino, detto e’ Gag’, riusciva subito a rimettersi in piedi. Una volta mi caricò in bicicletta col pallone fra le braccia. I copertoni della bici erano di gomma dura, sicché, mentre ci recavamo al campo dell’Oca-Pisana, in una buca mi cadde a terra. Colà giunti mi mise in porta e cominciò a calciare con poca forza, poi lasciò partire un tiro più forte che mi seccò le manine. Lui di corsa venne a confortarmi. A stento trattenni le lacrime; poi arrivarono i grandi e io mi misi a fare il raccattapalle. Stavo dietro la porta e, quando il pallone finiva nei campi adiacenti, correvo felice per poter dare un calcio a quella sfera di cuoio: una massa pesante come un macigno. Mi faceva un gran male ai piedi, ma mi sentivo importante e i grandi mi incitavano ogni volta con calorosi incoraggiamenti».
Finita la guerra e ripresa l’attività sportiva, l’US Filese partecipò di nuovo ai campionati dilettanti. Quando nacque chi scrive, nel novembre del 1945, ebbe per padrini di battesimo, per volere paterno, tutta una squadra di calcio in divisa di gioco che di lì a poco doveva scendere in campo (e Ghéo era fra i dirigenti…). Lépro, il portiere scavezzacollo di quel giorno, me lo rammentava spesso: «Arcôldat ch’a t’ò badzê me, veh…» [Ricordati che t’ho battezzato io, eh]. Probabilmente, dunque, un pizzico di follia lo debbo proprio a lui, così come una passione quasi naturale per il gioco del calcio che non mi ha mai abbandonato[6].

Campo Oca-Pisana. US Filese, metà anni ’40. Calciatori (in piedi) da sinistra: Murgagna Vandini, Tullio d’Rös, Anter e Dino di Lavezzola, Minàcci Ricci Maccarini, Macafër Geminiani. Accosciati: Baiuchéñ Serafini, Lino Farolfi, Adriano Bugiù, Evelino e Beppóñ Principale.

Campo Oca-Pisana. US Filese, fine anni ’40. Da sinistra in piedi: Adriano Bugiù, Lino Farolfi, Renzo, Baiuchèñ Serafini, Dino, Beppóñ Principale, Murgagna (Sereno)Vandini,  Tullio d Rös,  Anter e Evelino, Macafër Geminiani.

Spettatori identificati nella foto di sinistra: Cianì Salvatori (il primo da sinistra), Giuanèñ (o Topolino) Guidarini, alla sinistra di Sereno, Zi-zi d Pĕr (sopra Giuanèñ), Gardóñ Coatti (fra Tullio ed Anter), Wander Belletti e (col cappello) Panöcia Bolognesi (fra Dino e Minàcci), Tugnòñ d Ciarèñ,‘Mondo Belletti e Céncio Natali, con gli occhiali scuri. Accosciato, oltre il Brigadiere e Beppóñ, Šébio Cesari. L’ultimo a destra, in piedi e visibile in tutta la figura è Menotti Quattrini.

 La società ripartì con notevoli ambizioni e con una formazione rinforzata da alcuni elementi di Lavezzola: in primis Lino Farolfi, un mio cugino per linea materna che a Filo teneva morosa (Velia Tasselli) e poi Anter (fidanzato della filese Tina Saiani), Adriano Bugiù che sposò Giuliana Geminiani, infine Renzo, Dino e forse altri. Dal portuense pervennero altri elementi fra cui Muzzi e Vendemmiati. Il grosso delle forze fu però sempre costituito da filesi, come si nota dalle didascalie delle storiche foto[7]. «Quelli - racconta Pippi - furono gli anni del ratto delle donne filesi da parte dei lavezzolesi, ma anche di una grande esplosione di entusiasmo. Ricordo bene come i žugadùr fossero degli idoli per tutto il paese, specialmente per noi bambini. Nelle foto mi pare manchi Cavalàz, un pelato di una certa età che, così dicevano, “dava geometrie alla squadra”. Di quei tempi del dopoguerra, e ancora al campo dell’Oca-Pisana, ricordo bene Sereno, tuo zio, che giocava all’ala destra: piccoletto (rispetto a mio padre e Max), ma un vero fulmine. Partiva palla al piede ed era imprendibile fino a che effettuava il cross al centro, senonché con quel terreno e con quel pallone, talvolta era un’impresa. C’era ancora un carro armato mezzo demolito dietro una porta; pensandoci adesso, quella presenza pareva quasi un monito agli avversari... Una domenica in cui si giocava Filo-Lavezzola, io, ancora bambino e dietro la recinzione, fui attratto dalla giocata eccezionale di un calciatore avversario. Ricevette palla al volo da un compagno e sempre al volo, rimise in mezzo la rozza e schioccante sfera di cuoio; ne fui ammaliato. Lì forse scoccò la scintilla, l’ardente passione pr e’ žug de’ palòñ»[8].
L’«US Filese» era dotata di timbro e di uno stemma cucito sulle maglie. Più oltre ne propongo una ricostruzione. Dal campo dell’Oca Pisana a fine anni ‘40 ci si spostò al sito attuale, nei pressi del centro abitato, a due passi dal cinema e dalla Chiesa Parrocchiale. Nacque il «Giorgio Marconi», il campo dedicato ad un caduto diciottenne, alla più giovane vittima filese dell’eccidio nazi-fascista del ‘44. Al nuovo terreno di gioco si accedeva scendendo dalla rampa del Cinema Tebaldi, poi uno stradello girava attorno al fabbricato e portava al rozzo cašuplöt adibito a biglietteria (e deposito dei sacchi di calce) all’angolo sud-ovest del campo sportivo. Negli spogliatoi, essenziali e spartani, campeggiava sul settore ospite una scritta in latino ben ricordata da Falco (Bruno Folletti) e Pippi: «Nobis hospes sacer sed sunt...»  

I Campi Sportivi di Filo
La frase, a caratteri cubitali, ideata dall’allora presidente Max Barabani,  era ispirata alla definizione latina «Hospes Hospiti Sacer» ossia al diritto sacro all’ospitalità. In sostanza metteva preventivamente sull’avviso gli avversari che: «Per noi gli ospiti sono sacri ma...». I puntini di sospensione erano un chiaro avvertimento: «Siamo ospitali, ma attenti ai comportamenti...».
Gli spogliatoi, dalle mura in pietra nuda, erano privi di docce. Accanto ad essi il buon Méto[9], l’uomo che rigava e curava il campo, collocava a fine gara alcune bacinelle fumanti di acqua calda. I giocatori si toglievano allora le fradice maglie all’aperto e si lavavano alla meglio a torso nudo.
In quei primi anni del dopoguerra il pubblico pagante era separato dal terreno di gioco da un’arrugginita corda di ferro (un residuato bellico) appesa a corti pali di fortuna. Bastava alzare la corda per entrare in campo.
Infatti, la domenica, nel terreno di gioco gli spettatori entravano più volte per giochicchiare al pallone: nel pre-partita, poi fra il primo e il secondo tempo, infine al termine della gara. Non si ricordano però né invasioni di campo, né violenze alcune da parte degli sportivi.

Campo Oca-Pisana. US Filese, fine anni ’40. Da sinistra in piedi: Lino Farolfi, Šébio Cesari, Tullio d Rös, Manëla Tirapani, il sesto è Macafër Geminiani, poi Minacci Ricci Maccarini, Beppóñ Principale, Céncio Natali, Murgagna (Sereno)Vandini. Accosciato: Adriano Bugiù.

US Filese. Campo Oca-Pisana, 1947 circa. Gruppo di spettatori e dirigenti. Da sinistra in piedi: Antonio Cantelli (Briciola) a braccia conserte, poi Cleante d’Nuràt (più alto di Briciola); davanti a lui, piegato in avanti: Minghéñ (Domenico Martinelli). Procedendo all’altezza di Cleante verso il centro-foto: Pipèta d’Biagio, poi (col cappello) Gambòñ dla Mariuccia (Alfeo Vandini), al suo fianco in camicia bianca il Presidente Max Barabani, poi Céncio Natali, Panöcia Bolognesi (col cappello), Tacchini, il Brigadiere della Stazione Carabinieri, Póni e Oddo Cesari (col cappello); sulla destra in abito scuro Pidòñ (Primo Coatti) e al suo fianco Ezechiele (dla Šbabia) Tirapani. In alto e al di sopra di tutti Sante Toschi detto Baréra. Fra gli accosciati il primo è Francesco Baldini e accanto a lui il figlio William; seguono: Cianì (Luciano Salvatori), Giuanèñ (Topolino) Guidarini, Giuanòñ (Giovanni Pollini), Nénci (Enzo Squarzoni) e Menotti Quattrini. L’ultimo, in camicia bianca, è Carnéra (Loredano Trentini).


Campo Oca-Pisana. US Filese, anni ’40. Macafër Geminiani, Murgagna Vandini e Anter di Lavezzola.

Campo Sportivo «Giorgio Marconi» primi anni ‘50. Macafër Geminiani e Šlancio Ghiselli[10].




Una tessera dell’US Filese (Collezione Piero Gessi)



Ricostruzione dello Stemma (A. Vandini, 2014)

Timbro sul dorso di una delle foto precedenti


Spettatori al Campo Sportivo «Giorgio Marconi». Da sinistra: Bögart (o Ciàñ) Montanari, poi Guzéra Amadesi (cappello e soprabito chiaro), Bianchini (trasferitosi a Longastrino), Banzi Elio (cappello e cappotto scuri) e ‘Mondo Belletti (il giovane più alto). Proseguendo verso destra, il ragazzino in soprabito con cintura è forse Silvano Coatti (Silaia); al suo fianco, galöza in testa, c’è Angelo (Zarù) Panizza; proteso in avanti, Pél Principale. Il penultimo a destra dovrebbe essere Rêna (Renato Montanari)
Campo Sportivo «Giorgio Marconi». US Filese, fine anni ’40. Il gruppo dei dirigenti. Da sinistra: Catóna Siroli, Giuanòñ (d’Pisini) Geminiani, Arturo (Vivadio) Cobianchi, Giuanòñ (o Scudëla) Cobianchi, Ricco Tamba, Agide (Gidìno) Mezzoli, Guerriero (Ghéo) Vandini, Felice Marangoni, Afro (Amato) Rossi, Libero Ricci Maccarini, Céncio Natali. Fra i due Cobianchi, si intravede in divisa di gioco, Bruno (Bajuchéñ) Serafini.

Campo Sportivo «Giorgio Marconi». US Filese, fine anni ’40. Da sinistra in piedi: Adriano Bugiù, Vendemmiati (?), Manëla Tirapani, Beppóñ Principale, Šébio Cesari, Lino Farolfi, [Longo?Casarini?], Baiuchèñ Serafini. Accosciati: Evelino, Tullio d Rös, Murgagna (Sereno)Vandini.
In abiti civili Céncio Natali.

Presidente di quel periodo fu sempre Max Barabani; accanto a lui consiglieri intraprendenti e con idee coraggiose. Si fece strada l’idea, per finanziare la società di calcio, di organizzare spettacoli d’attrazione al Cinema Tebaldi. Ad inizio anni Cinquanta, credo lo stesso anno 1950, fu ingaggiato a Filo, per una festa da ballo, niente meno che il gruppo musicale più noto d’Italia, la famosa Orchestra Angelini, coi suoi cantanti: Nilla Pizzi, Achille Togliani e Luciano Benevene[11]. Il prezzo del biglietto a 500 lire (il valore di una decina di giornali) fu però giudicato troppo salato per quei tempi e la sala rimase pressoché deserta. ‘Mondo Belletti, allora un giovanotto, interpellato in proposito da Pippi, ricorda che quella sera, fece molta fatica a racimolare la somma per entrare.
Fine anni ’40. Max, Macafèr (in divisa di gioco sotto il soprabito)
e il Brigadiere a bordo campo (Raccolta di Loris Veduti)
Il Maestro Angelini venne a Filo con una trentina di elementi. Purtroppo, in quella stessa sera, cantava ad Argenta Luciano Tajoli. Fatto sta che la serata fu un fiasco bello e buono tanto da segnare il fallimento dell’Unione Sportiva; si ripartì però subito con un'altra società: il C.S.C (Circolo Sportivo Culturale) FILO.
Con quel nuovo nome, il nostro calcio, con atleti quasi tutti filesi, diventò ben presto protagonista di importanti successi e, trascinato dall’entusiasmo crescente di tantissimi sostenitori e spettatori, si impose per alcuni anni fino a raggiungere i più alti livelli dilettantistici. Il calcio e gli atleti filesi si guadagnarono, meritatamente, l’ammirazione di tutti i paesi vicini. Questa però è già un’altra storia che cercherò di trattare prossimamente.

                                                                                                                                 (1 – continua)
L’Orchestra Angelini

Mario Pezzotta

Nilla Pizzi col maestro Angelini in immagini
dei primi anni ‘50 ritrasmesse da Rai Uno.
Achille Togliani

Luciano Benevene



[1] Lo scudetto del 1927-28 fu revocato al Torino per illecito, ma mai assegnato al Bologna secondo classificato. Vinto di fatto dal Bologna, non fu mai assegnato a tavolino e non figura nell’Albo d’oro rossoblù, dove pure compaiono altri 7 scudetti. 
[2] A proposito di Martìñ, Pippi ricorda: «Mio padre diceva che tifava Inter come lui ed era di una competenza straordinaria, girava sempre con i giornali sportivi, quando riusciva a comprarli».
[3] Libero Ricci Maccarini, all’interno del capitolo dedicato a Martìn, ci racconta la bella avventura di tutta la compagnia filese allorché, il 22 giugno 1930, si recò allo stadio di Bologna ad assistere all’amichevole Italia-Spagna. Un insieme di aneddoti da non perdere (L. Ricci Maccarini, Dal Palazzone, Argenta, Centro Stampa Offset, pp. 8-10). Io posso aggiungervi il tabellino della partita trovato in rete: ITALIA-SPAGNA 2-3 (22 giugno 1930); MARCATORI: Costantino 3, Regueiro L. 30, Costantino 40, Regueiro L. 73, Vantolra 89; ITALIA: Combi, Rosetta V. (Monzeglio 46), Caligaris, Colombari, Ferraris A., Pitto (Martin D. 46), Costantino, Baloncieri, Meazza, Magnozzi, Orsi (All. Pozzo); SPAGNA: Zamora, Ciriaco, Quincoces, Prats, Guzman, Peña, Vantolra, Regueiro L., Goiburu, Padron, Bosch (All.Larrucea); ARBITRO: Van Praag (Belgio). Dell’evento si conserva anche un filmato dell’Istituto Luce: http://www.youtube.com/watch?v=kP0Tb7i3QB4
[4] Ricardo Zamora, classe 1901, considerato un dei più grandi giocatori del XX secolo, fu chiamato Divino. La gente diceva di lui: «Non esistono che due portieri, San Pietro in cielo e Zamora sulla terra».
[5] Questo il tabellino dell’amichevole di domenica 29 maggio 1927,  ore 16.15, al Littoriale di Bologna. ITALIA-SPAGNA 2-0; MARCATORI: Baloncieri 31, Prats autorete 50. ITALIA: Gianni, Bellini, Caligaris, Genovesi, Bernardini, Giordani, Munerati, Baloncieri, Libonatti, Della Valle, Levratto - Allenatore Rangone Augusto; SPAGNA: Zamora, Olaso A., Zaldua, Prats, Gamborena, Peña, Sagarzazu, Regueiro L., Yermo, Echeveste, Olaso L. – Allenatore: Commissione tecnica della Federazione. ARBITRO: Rous (Inghilterra).
[6] Del resto, di fronte ad un tipo strano e bizzarro, da noi si usa chiedere all’interessato: «Mo’ te, chi t’àl batžê?»[Ma chi ti ha battezzato mai?] Il pirotecnico personaggio di Lépro l’ho immortalato ne’ Il cestello dei Ranocchi (Ravenna, Longo, pp.11-17) in uno dei miei racconti più riusciti, «Arieti e dischi volanti». Alla passione per il calcio ero destinato, se si pensa che mio padre, prima ancora che imparassi a leggere mi riforniva di figurine che custodivo in una cassettina di legno, sempre più ricolma. Erano le figurine del dopoguerra, di cartoncino e a bordo giallo, che non s’incollavano ad alcun album, da mettere in palio nel gioco della marëla o del zacàgn, al Campicello o davanti alla chiesa. Gli amici di mio padre, me ne portavano a decine. Al loro arrivo in casa correvo a prendere la cassettina, tenuta söta e’ tracantòñ [sotto il mobile ad angolo della cucina] e mi facevo dire i nomi che, in seguito, per il loro divertimento, enunciavo alla vista della sola figura. Fu così che familiarizzai con nomi epici di calciatori che tuttora mi risuonano in testa, come Toro, Tognon, Silvestri, Tortul, i Sentimenti da I a IV, fino ai campioni gloriosi del Grande Torino.
[7] I riconoscimenti sono stati effettuati in collaborazione con Carla Vandini e Giovanni Montanari.
[8] Da bambino Pippi fu anche protagonista di un episodio assai simile a quello del raccattapalle di Ascoli avvenuto negli anni ’70 (si veda l’intera storia in http://www.storiedicalcio.altervista.org/savoldi_raccattapalle.html ): «[…]Come tutti sanno a Filo il campo era recintato per modo di dire ed io, spettatore in compagnia di altri ragazzi, mi appostai dietro la porta. Durante la partita gli avversari, per un’uscita maldestra del nostro portiere, non ebbero che a depositare la palla in rete a porta sguarnita. Io a quel punto, vicinissimo al palo della porta, respinsi la palla prima che varcasse la linea bianca. Fu il finimondo: giocatori, arbitro, pubblico, annichilirono tutti. Io salvai un goal, è vero, ma poi arrivarono risate da ogni parte ed io, conscio del gesto, mi vergognai profondamente. Credo fosse una partita di campionato, non amichevole. Per qualche giorno la mia ragazzata fu al centro delle chiacchiere paesane, poi si dimenticò in fretta. Tutti tranne me…»
[9] Personaggio anch’esso da me ricordato nel racconto «Arieti e dischi volanti» citato in precedenza.
[10] La foto di questi due caratteristici personaggi («Macafër, con quella sua risata particolare, e il mitico Šlancio…»), scatena i ricordi di Pippi: «Il primo, finita la guerra guidava una jeep. Un giorno in cui io portavo da mangiare ai miei genitori a la machina da bàtar [alla trebbiatura], vidi che Macafër con la jeep andava avanti e indietro e riforniva di covoni la trebbiatrice. Io lo guardavo estasiato su quel mezzo e sognavo ad occhi aperti di guidarlo. Quasi mi avesse letto nel pensiero mi disse: ”Pippi, dai, salta su che ti faccio guidare!” Per tutto quel pomeriggio di luglio toccai il cielo con un dito, la sera faticai a prender sonno tanta era la mia felicità e la gioia dell’esperienza. Alla fine vinse la stanchezza. Šlancio poi, molti anni dopo, portò tutti noi giovani calciatori al provino indetto dalla Spal a Ferrara. Seppi poi che avevano avuto qualche intenzione di prendermi, ma che Max, all’epoca ancora nel giro, aveva espresso parole poco lusinghiere nei miei confronti. Non penso però che soltanto a questo fosse dovuto il mio mancato ingaggio, d’altronde è anche vero che a quel tempo bisognava prendermi con le molle. Tant’è….»
[11] A questo evento è collegato un mio ricordo d’infanzia ancora vivissimo. I miei genitori, come usava all’epoca, mi portavano con loro sia al cinema che alle feste da ballo, anche all’età dell’asilo. Quella sera, nel cinema trasformato in sala da ballo avevamo il tavolino vicino al palco in legno e con mia sorpresa uno dei suonatori chiese a mia madre di farmi salire vicino a lui. Pur fra mille apprensioni, mia mamma acconsentì e io piombai fra trombe e tromboni, senza capire cosa diavolo dovessi fare. Questo suonatore dalla faccia rubiconda e simpatica, che seppi poi trattarsi di un affermatissimo trombonista italiano, pare avesse visto in me, piccolo e biondino, qualche somiglianza con un bimbo scomparso o qualcosa di simile. Questo lo seppi dai racconti successivi di mia madre. Quel che ricordo nitidamente è la gentilezza e l’allegria di quel signore: non faceva che mettermi in mano tamburelli e percussioni di vario genere mentre io, che ad un certo punto cadevo dal sonno, lo guardavo e rimiravo a bocca aperta le sue dita prodigiose: faticavo a capire se il trombone avesse una specie di bastoncino mobile, oppure se lui muovesse, avanti e indietro, una metà dello strumento. Quel simpatico e gioviale trombonista, che poi ho rivisto ed ammirato qualche anno dopo in TV, era il grande e indimenticato Mario Pezzotta: http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Pezzotta