lunedì 14 gennaio 2008

Nasi e nasoni che ci fanno ancora sorridere…

di Agide Vandini


Ho già scritto, lo scorso mese, nel ricordo qui dedicato ad Ezio Natali (Martin), come e per quali peripezie, abbia potuto salvarsi e giungere fino a noi la sua “Parodia dei nasi distinti”.
Ora è il momento di presentarla in questa sede, questa composizione in rima baciata che fu dedicata negli anni ‘30 del Novecento ai nasi più vistosi del paese. Ho tratto anche in questa occasione i versi dagli appunti che scrissi nel quaderno di scuola quella lontana sera del ’56, li ho aggiustati ancora un po’ e, soprattutto, ne ho aggiornato e migliorato il commento.
Rispetto alla prima edizione del 2002 su CD, qui ho potuto mettere anche le foto di tutti protagonisti che sono state ritrovate col contributo fondamentale, come al solito, di Beniamino Carlotti, che devo sentitamente ringraziare.
Una pubblicazione così compiuta è quanto di meglio potessi immaginare per far conoscere e comprendere, fino in fondo, il valore della composizione e gustarne i contenuti. Per quanto mi riguarda, è il realizzarsi di un desiderio e, insieme, il soddisfacimento di curiosità, intorno ai personaggi, che mi son portato dietro per una vita.
Devo dire che le immagini di coloro che non ho potuto conoscere per ragioni anagrafiche e che, fino a pochi giorni fa, non avevo mai visto neppure in fotografia (Don Bezzi, Sacrato, Varĕst, il giovane Marien), hanno sorpreso anche me, tanto rassomigliano all’idea che mi ero fatto di loro da bambino, ascoltando le sonanti rime di Martin.
Sono immagini talvolta non proprio dell’epoca, talvolta di persone ritratte in posa, forse nell’unica fotografia della loro vita, ovviamente presa sempre di fronte e mai di profilo, sicché il calibro del riverito naso non è ora valutabile alla stregua di quanto poté fare, invece e dal vivo, il Grande Martin. Eppure quegli sguardi ed ammiccamenti verso chi avesse a rimirarli, li ho trovati quasi familiari, quasi che fossero vecchi amici miei, che non incontravo più da molto tempo.
Ho suddiviso il testo in quattro parti in modo da poter avere sempre a disposizione il necessario commento da leggersi in simultanea, alla stregua dei grandi Poemi e Romanzi, e mi auguro che ciò non appaia eccessivo, poiché per noi filesi queste rime rappresentano un pezzo di storia del paese e, quindi, ben più dell’intrinseco valore letterario.
Sono strofe che racchiudono in sé la memoria di anni lontani, di gente e di tempi che ho descritto e raccontato a più riprese nei miei libri, storie che, come molte testimonianze del nostro mondo antico, avrebbero ancora qualcosa da dirci, soprattutto riguardo alla spirito con cui affrontare la vita.
Basterebbe, in fondo, avere l’umiltà e la voglia di fermarsi un attimo nella corsa sfrenata verso un futuro che appare talvolta nebuloso, piuttosto povero di valori umani, e poi guardarci indietro, senza vergogna e senza superbia. Più facile a dirsi che a farsi. Intanto godiamoci questa squisita “parodia”.

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