lunedì 3 dicembre 2007

Quando a Filo si pregava in dialetto…

di Luciana Belletti

A proposito dell’appartenenza della mia terra natia di Filo all’«area culturale» romagnola, un tenero ricordo mi porta alla mia bisnonna Paola Pagani detta Cléta (che abitava alla S-ciapèta verso Case Selvatiche), alla quale da bambina mi sentivo particolarmente legata. Lei era molto devota e praticante, recitava abitualmente una lunga preghiera in dialetto e qualcuna delle strofe in metrica stentata che mi ripeteva io le ho sempre portate nel mio cuore. Essa usava mormorare ad esempio:

« Spiritu Sent, a toti agli ór,

venite a višitê l’anima meja…»

Qui, faceva una pausa ed aggiungeva regolarmente:

« E quela d’chiétar quàtar dla mi fameja...»

Poi riprendeva e completava la sua preghiera con accorate implorazioni alla Beata Vergine, allo Spirito Santo e con le più rispettose raccomandazioni ai Santi a cominciare da «Santa Lena», «Sant’Elišabeta» ecc.

Qualche anno fa, io filese da anni trapiantata a Ravenna, ho avuto la bella sorpresa di ritrovarla per intero in un volume comprato al mercatino. Reca il titolo “Signór mi ponghi  žo” e rileggendola ho potuto risentire con tanta emozione le devote parole in dialetto della mia nonna, capire che si trattava di preghiera diffusa e conosciuta in quei termini in un territorio ben più vasto di Filo e pensare, allo stesso tempo, al grande, immenso patrimonio culturale dei nostri vecchi che purtroppo non sempre siamo stati capaci di conservare e di trasmettere ai nostri figli.

Ecco il testo integrale della preghiera, che si conclude in lingua italiana:

Signór mi ponghi žo

(trascrizione in dialetto filese di Agide Vandini)

Signór mi ponghi  žo,

d’ livêm a-n so piò;

trë grezi av cmend a vo:

Cunfsion, Cumignon, Oli Sent;

a m’aracmend a vo, Spiritu Sent

Spiritu Sent, a toti agli ór

venite a višitê l’anima meja

fasì ch’la seja sêlva da e’ Signór,

da la Biêta Vergine Mareja,

a la Madóna a j ò dunê e’ mi cór,

a so sérva dla su Cumpagneja

a m’j arivulz cun dulór e pient,

a m’aracmend a vo, Spiritu Sent…

A m’aracmend a Senta Lena,

incóra a la su mèdar Mareia Madalena;

a m’aracmend a Senta Elisabeta

incóra a la su mèdar Mareja banadeta;

tot i Sent chi seja de’ vostr umór

chi vegna a praghê dnenz a e’ Signór.

Am guérd da i pì,

a jò l’ènžal ‘d Dì;

Am guérd dachent

A j ò e’ Spiritu Sent;

Am guérd da la tësta,

a j ò la Madunena ch’la m’aspeta.

Angelo che stai alla buona destra,

per la buona guardia che m’ha dato Dio,

tu mi scampi dal demonio,

angelo guardami, ben custodiscimi,

sii meco ad ogni lato.

Quando sarò dal mio Signor chiamato

Potrò dire: “Questo è l’angelo che mi ha ben guardato”.

In manu tua Domine, raccomando lo spirito mio. Amen[1]


[1] Da F.Balilla Pratella, Poesia, narrazioni popolari in Romagna, Ravenna, Ediz. Del Girasole, 1974, Vol. I, pp. 119. Secondo il testo si tratta di «riduzione non completa in dialetto - dal verso 28 alla fine è in italiano - con corruzioni, dimenticanze, contaminazioni, di altre preghiere probabilmente toscane o italiane».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bravo Luciano, dal cassetto della tua memoria, hai fatto uscire una perla di rara bellezza. Una semplice preghiera , che esprime devozione e spiritualità espressa con animo semplice ed umiltà. Patrimonio questo si saggezza popolare, che fonda le radici nella tradizione culturale di quella Romagna esteriormente atea e mangiapreti, ma profondamente intrisa di religiosità e devozione cristiana. Speriamo dunque che il tuo esempio, sia di stimolo ed esempio affinchè altri stimolino la loro memoria e di perle se ne
colgano tante altre da riempirne uno scrigno. Benny