Prima della diversione fluviale del 1782, infatti, l’alveo del Po di Primaro, in corrispondenza del territorio di Filo, era affiancato alla sua sinistra da due strade parallele. A ridosso del fiume ed alla sua sinistra, alla quota più alta dell’arginatura, passava una carraia chiamata Via di Sopra, mentre ad una quota più bassa scorreva per la spalla più esterna
Ritornando allo scenario antico, ossia al tempo in cui il Po di Primaro occupava il vecchio alveo, è importante sapere che, lungo le poche centinaia di metri fra il centro di Filo e
A memoria d’uomo si ricorda ancora come proprio quella parte di argine antico sia stata abbassata in anni a noi vicini, precisamente negli anni Sessanta del Novecento al tempo dell’asfaltatura della Provinciale, e come, il materiale di sterro sia finito nella banchina e nel largo gradone a fianco della strada.
Il luogo della biforcazione ebbe perciò l’appellativo «La s-ciapeta», dal verbo dialettale S-ciapê (“dividere per lo lungo” come recita nel suo antico dizionario il «Morri»), termine che oggi sembra non avere corrispondenza nella lingua italiana. Deriva comunque dall’arcaico «schiappare» (fendere o spaccare il legno) a sua volta mutuato dal provenzale clapar (battere, rendere il suono di cosa rotta o percossa).
Fino a che, poi, nell’alveo di Po vecchio rimase in vita un modesto canale per dare acqua ai molini di Filo, il paesaggio non mutò, tanto che
Allo stesso modo
In proposito va ricordato che il versante destro del fiume, di giurisdizione ravennate, non fu mai arginato, dovendo le acque limacciose facilmente tracimare e rialzare per colmata i terreni adiacenti, ossia la vasta area paludosa all’epoca denominata «Valli di Filo e Longastrino». Per questo il suolo ravennate di Filo ha oggi qualche metro d’altitudine in più rispetto alla zona ferrarese.
Col mutare dello scenario, poi, con la sparizione della Via di Sopra e per uno dei tanti paradossi della storia,
Dei percorsi stradali minori oggi restano piccoli tratti della Via di Sopra e consistenti pezzi della «Via di Ravenna». Dell’antico letto fluviale permangono alcuni chilometri d’alveo abbandonato di Po Vecchio fra Molino di Filo e Menate. E’ invece rimasta completamente integra tutta
Sopravvivono infine, dure a morire ad un paio di secoli di distanza, molte testimonianze del paesaggio antico nelle espressioni dialettali, nei modi di dire e negli strani toponimi. Fra questi ultimi, un appellativo dialettale ignorato dalla toponomastica locale, un termine d’uso popolare dall’efficace fonetica e dal chiaro significato, che, di tutto lo sconquasso ambientale che qui si consumò, è ancora in grado di raccontarci la storia:
Nelle foto ed illustrazioni:
B. «Alzaie» per il traino dei natanti, funzione un tempo svolta dalla Via di Sopra e dalla Via di Ravenna.
C. L’alveo di Po “Vecchio”, oggi, fra Molino di Filo e Menate. Una pioggia abbondante sembra ridar vita all’antico fiume.
[1] Per approfondimenti sull’argomento ed in generale sulla storia ed il folclore del territorio, si veda il testo A.Vandini, Filo, la nostra terra, Faenza, Edit, 2004.
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