Mongolfiere ottocentesche sui cieli di Romagna(1)
di Agide Vandini
In questi giorni ho potuto leggermi il
racconto di Guido Tarozzi dal titolo Francesco
Orlandi, l’aerobata: una storia interessante che ci porta al tempo lontano delle
mongolfiere, ispirata dal ritrovamento di una lapide ottocentesca davvero misteriosa, una curiosa vicenda romagnola di
cui racconterò nella 2° parte.
E’ un tema stuzzicante, quello dei
pionieri dell’aria, che ci riporta alla grande passione per i voli aerostatici
diffusasi in Europa sul finire del XVIII secolo, passione che attecchì in
particolare nella città di Bologna. Qui, fra i suoi primi e più conosciuti protagonisti,
ci fu un ardente scavezzacollo, uno spirito ribelle di nobile stirpe, amante
del rischio e dell’avventura, la cui famiglia aveva chiari legami col nostro
territorio.
Questo degno esponente del
"secolo dei lumi", inventore ed aeronauta, si chiamava Francesco
Zambeccari ed era figlio del Marchese Giacomo, senatore bolognese e
proprietario di importanti terreni e valli nella nostra Riviera di Filo[1]
.
Volle il destino che, proprio sopra le
estese proprietà di famiglia, dovesse un giorno volare l’ingegnoso aeronauta, nel
corso di un paio di imprese avventurose che fecero, all’epoca, grandissimo
clamore.
Oggi, quello di Francesco Zambeccari è
un nome assai famoso: pioniere dell’aria fra i più celebrati, importante protagonista
della storia dell'aerostatica d’ogni tempo e Paese, tanto che le sue gesta ed
emozionanti peripezie devono essere qui riportate con un minimo di completezza.
Nato a Bologna nel 1752, egli viene
descritto come un giovane dalla testa calda, insofferente alle regole della
nobiltà, incline all’esplorazione e all’avventura. Dopo una rigida istruzione ricevuta nel
Collegio dei Nobili di Parma, egli si arruola nella marina spagnola.
Impegnato dapprima nella lotta ai
pirati nel Mediterraneo, poi nella difesa dei domini d'oltremare, negli anni
della rivoluzione americana il futuro aeronauta si mette però in contrasto con
la Santa Inquisizione ed è costretto a lasciare L'Avana. Si trasferisce prima
a Parigi, poi a Londra all’epoca dei primi esperimenti di volo col pallone e viene
in contatto coi fratelli Montgolfier.
La passione per gli aerostati a Bologna si diffonde a tal punto che persino un frate e maestro di novizi, tale padre Giovanni Maria Romaironi, il 27 febbraio 1784 si leva in volo dal chiostro della chiesa di San Giacomo Maggiore e la sua «macchina» raggiunge l’altezza di settanta metri «Fra lo stupore e il compiacimento universali»[2].
Il 22 marzo 1785 l’impavido Zambeccari,
in compagnia dell’ammiraglio Vernon, s’alza imperiosamente in volo nel cielo di
Londra superando i 3000 metri di quota.
Sono però anche anni che preannunciano grandi sconvolgimenti. Il vento rivoluzionario sta per attraversare la Francia e l’intera Europa, sicché l’ardimentoso Marchesino trova il modo di lanciarsi in altre rischiose avventure. Nel 1787 s’arruola nella Marina russa, partecipa alla guerra contro l’Impero Ottomano e finisce prigioniero a Costantinopoli per oltre due anni. Durante la prigionia ha modo di approfondire i suoi studi sul volo e sulle macchine aerostatiche.
Messo in libertà grazie all’intercessione del
re di Spagna, torna a Bologna. Nella città natale si sposa contro la volontà
del padre[3],
dopo di che si dedica a nuovi studi sul volo aerostatico che lo portano ad
impegnarsi in altri esperimenti in Italia e in Inghilterra.
Nella notte tra il 7 e l’8 ottobre
1803, organizza il lungo volo che lo vede partire, assieme a due suoi allievi,
dalla Montagnola di Bologna[4].
Il pallone, a doppia camera secondo una tecnica di sua creazione[5],
sale ad alta quota, vola nel buio per i cieli di Romagna e raggiunge una quota
tanto elevata da congelare gli abiti dei passeggeri e da far loro perdere
conoscenza. I tre si ritrovano inconsapevolmente naufraghi nelle acque dell’Adriatico.
Riavuta rapida coscienza, essi riprendono quota per poi scendere precipitosamente
in mare nei pressi della costa istriana. Lì sono tratti in salvo da una barca
di pescatori.
La disavventura non dissuade però
l’intrepido marchese che, recuperato il pallone finito in Bosnia e rimesso a
punto il suo cesto volante, l’anno successivo ritenta l’impresa partendo stavolta
dalla collina di San Michele in Bosco.
Quella volta riesce a portare
l’aerostato sopra Piazza Maggiore e Porta San Mamolo sostandovi a lungo fra lo
stupore e l’ammirazione di circa cinquantamila cittadini ivi radunati. Anche in
questo caso, però, non tutto va per il verso giusto: la manovra di atterraggio incontra
impreviste difficoltà. Mentre il compagno di volo riesce a scendere, il
marchese viene riportato rapidamente in quota. Il pallone sorvola di nuovo le
nostre campagne, prosegue fino al delta del Po e lì atterra in qualche modo nei
pressi di Comacchio.
Otto anni dopo, Francesco Zambeccari
ormai sessantenne e giunto al terzo volo spettacolare, incontra, ahimè, il suo
tragico appuntamento col destino. Il 21 settembre 1812, subito dopo il decollo,
la sua mongolfiera urta violentemente un albero, il fornello ad alcool si
rovescia sul pilota e prende fuoco. Per l’aeronauta non c’è scampo. Muore il giorno dopo per le
ustioni riportate.
A quanto si racconta, le
avventurose imprese aeronautiche di Francesco Zambeccari avrebbero provocato la
quasi totale rovina della sua famiglia, costretta forse per questo a cedere le
ricche proprietà fondiarie nella Riviera del Primaro. Tuttavia la storia del
volo umano nei cieli d’Europa parla ancora oggi di lui, delle vicende del nuovo
Icaro, del grande «pioniere dell’aria» e ci si inchina con immutato stupore di fronte all’inventiva singolare del
marchesino e al suo indomito coraggio [6].
(1 – continua)
[1] La casa Zambeccari
aveva acquisito alcune proprietà fondiarie dai Signori Grelli Danzi di Argenta
nel 1745. L’odierna Via Tamerischi di Filo nel XVIII secolo era per questo chiamata
«Strada Massari detta l’Argine Zambeccari». Dei Marchesi e Fratelli Zambeccari
ho pubblicato integralmente un Esposto «informale» di fine ‘700 alla R.C.A
reclamante l’uso delle acque del Canale di Filo [A.V., Filo la nostra
terra, Faenza, Edit, 2004, pp. 349-350].
[2] * Guida
ai misteri e segreti dell’Emilia Romagna, Como, Sugar Edizioni, 1987,
p. 134.
[3] Sposò Diamante
Negrini da cui ebbe tre figli. Uno di questi, Livio, ebbe un importante ruolo
nel Risorgimento italiano.
[4] Pare che,
proprio in quell’occasione sia preso un
colpo all’amico Carlo Mondini che trepidava per la sua incolumità: Questo il
racconto che se ne fece in seguito: […]
Francesco Zambeccari dopo gli studi e i viaggi fatti, prese la risoluzione di
aggirarsi per gli spazi celesti col favore di un proporzionato macchinamento, e
dirigersi per l'aria come per l'immensa superficie del mare il pilota regola il
suo naviglio. Non perdonò egli né a spese né a fatiche, né a veglie né a prove
per condurre ad effetto il concepito disegno. Tutto andò a seconda de' suoi
desiderii. La molteplice suppellettile occorrente all'uopo fu trasportata entro
un vastissimo steccato eretto ne' pubblici giardini, luogo dato a quello
spettacolo. E fu intimato che quando dall'avanzamento de' lavori conosciuta si
fosse la vicinanza del tempo del volo, ne avrebbero dato segnale al pubblico
gli strepiti delle artiglierie. Ma il Mondini, che amava teneramente lo
Zambeccari, conoscendolo di un cuore risolutissimo, e credendo, che un tanto
ardimento gli costerebbe la vita, era oppresso dalle angustie, tremava e
palpitavagli il cuore. Giunte le cose al punto bramato del volatore, diedesi il
promesso annunzio. E nello stesso momento in cui udissi il rimbombo del primo
colpo, nel medesimo il Mondini cadde apoplettico"[Mirtide Gavelli]
[5] Il pallone a doppia
camera rappresenta la più straordinaria realizzazione di Zambeccari: un'idea
talmente in anticipo sui tempi che si dovette attendere la seconda metà del XX
secolo per vederne la compiuta realizzazione. Zambeccari espose per la prima
volta il suo progetto in una lettera inviata al padre da Londra il 28 novembre
1783, una settimana appena dopo il primo volo umano della storia. Il pallone a
doppia camera, o "aeromongolfiera", consisteva in due involucri
separati, uno superiore riempito con idrogeno e uno inferiore gonfiato con aria
riscaldata per mezzo di un braciere. In questo modo non era più necessario
gettare zavorra per salire, o liberare gas per scendere.
[6] Per le notizie storiche relative a Francesco Zambeccari, si veda in: http://www.aerostati.it/zambeccari.htm, https://www.ecomuseocasilino.it/percorsi/item/francesco-zambeccari-piazza/, https://www.nellevalli.it/la-passione-dei-bolognesi-per-le-mongolfiere/ https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Zambeccari
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