domenica 9 maggio 2021

Quell’avventuroso volo su San Bernardino…

Mongolfiere ottocentesche sui cieli di Romagna(2)

di Agide Vandini

 


Malgrado la tragica fine toccata al pioniere del volo Francesco Zambeccari, negli anni successivi  al 1812 l’entusiasmo per le mongolfiere continuò a contagiare i bolognesi di ogni classe sociale fino a divenire una sorta d’intrattenimento scientifico.

Le imprese nei cieli compiute dal marchesino avevano dato coraggio a tanti amanti del brivido che durante il secolo tentarono, con alterne fortune, di emularlo. 

Le cronache ci riferiscono di Antonio Marcheselli e poi di Francesco Orlandi, fino allo spernacchiato Muzio Muzzi, e alla «macchina» di sua invenzione (vedi a lato), nonché alle spericolate Elisa Otway e madame Poitevin[1].

E’ comunque sul secondo coraggioso aeronauta che noi ci soffermeremo.

Francesco Orlandi compì infatti parecchi voli  tra il 1825 e il 1849 ed è proprio lui l’«aerobata» finito sopra i cieli di San Bernardino, una vicenda che è stata compiutamente raccontata da Guido Tarozzi qualche anno fa per la rivista «Il Ponte»[2]. Dal suo testo, di cui mi ha fatto gentile dono, cercherò di estrarre alcuni brani essenziali.

 


«Di lassù, da due miglia di altezza, non riesco a vedere nulla, le nuvole bianche mi nascondono la visuale del territorio, sopra di me il cielo è sereno e brillante; galleggio nell’aria verso levante da poco più di un’ora, fra poco dovrò decidermi ad iniziare la manovra di discesa, non vorrei imitare il mio maestro che cadde in mare al largo del lido di Magnavacca, ripescato poi da provvidenziali pescatori…

Ero assorto in questi pensieri quando avvertii uno strappo, poi un altro più violento e... nove minuti dopo presi terra, sano e salvo, in un filare di viti, in territorio ferrarese[3], a Bellaria, nel Comune di Massa Lombarda, vicino al fiume Santerno…»

 E’ con queste parole del protagonista che inizia l’interessante racconto di Guido Tarozzi.  E’ una vicenda, quella  dell’aeronauta Francesco Orlandi disceso dai cieli di San Bernardino, che ha permesso al ricercatore di darsi finalmente spiegazione di una strana, quanto misteriosa, iscrizione rivenuta da ragazzo nelle campagne di casa.

Racconta Tarozzi:  «In una delle nostre solite scorribande nella campagna a ridosso del fiume Santerno, in località Bellaria, ci eravamo  inoltrati clandestinamente in un podere. I contadini, come si sa, non volevano intrusi nei loro poderi neppure dai ragazzini e noi, con grande sorpresa, trovammo in un filare, tra due viti, un pilastro slabbrato con una lapide marmorea, insolfata, scritta in latino.

Riuscimmo a leggervi: … Franciscus Orlandius, aerobates…. La scoperta, ci apparve sorprendente e ci incuriosì. Alcuni studenti universitari del posto, trent’anni dopo, tradussero la lapide e scoprirono, nella biblioteca di Bologna, un opuscolo, che parlava di un atterraggio rocambolesco avvenuto, mercoledì 7 settembre 1825, in località Bellaria, vicino alla via per Conselice:  “Il 7 settembre 1825 / Francesco Orlandi / aeronauta bolognese / salito alle ore 1 e 50 pomeridiane / sul suo pallone volante / nella città di Bologna / giunto a grande altezza / qui prese terra dopo 2 ore esatte[4]…»


Spiegata così la scritta del pilastrino, Tarozzi riprende l’emozionante testimonianza dell’aeronauta ai suoi primi voli[5]: «Ero partito da Piazza d’Armi in Bologna alle 13 e 50, salutato da una folla entusiasta ed esultante, mi sentivo sicuro; la lampada a spirito, era stata da me modificata in modo che non potesse assolutamente creare i problemi che aveva procurato ad altri, purtroppo deceduti, inoltre disponevo di un paracadute da me inventato unito alla mongolfiera che mi rendeva tranquillo.

[…] mentre salivo, tenevo  d’occhio gli strumenti di bordo: uno stratoscopio, una bussola, un barometro, un termometro ed un orologio; provai i remi e la vela di trinchetto ed ebbi un buon riscontro, attraversai lo strato di nuvole bianche e mi trovai nel cielo sereno e brillante, moderai al minimo l’intensità della lampada, la Macchina continuava a salire, guardai il barometro e constatai che la pressione stava diminuendo.

Il barometro continuava a scendere, era giunto al minimo corrispondente ad una altezza di due miglia, ed anche la temperatura scendeva (- 5). Alle 15 e 36 sentii piccole e ripetute scosse accompagnate da un debole strepitio dovuto, secondo me, al dilatarsi dell’idrogeno nel pallone; smorzai subito la lampada e aprii la manica collegata al pallone per scaricare idrogeno, ma era già tardi, il rumore diventò uno strappo violento, lo stratoscopio indicò subito una veloce discesa; immediatamente vuotai la lampada dall’alcool e gettai i sacchetti di sabbia che avevo portato come zavorra, la velocità di discesa diminuì, la Macchina forò lo strato di nubi e vidi apparire la terra sotto di me, lasciai cadere la lunga fune dell’ancora; ritenevo di essere ancora alto di molti piedi quando invece la navicella fortunosamente inciampò, in successione, in due alti e robusti pioppi che ammortizzarono la maggior parte dell’urto. La discesa era durata 9 minuti, uscii sano e salvo dalla navicella…»



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«Le dichiarazioni rilasciate dall’Orlandi  - conclude Tarozzi -   indicanti in 9 minuti il tempo di discesa, inducono a ritenere che la Macchina sia scesa ad una velocità media di 20/25 km all’ora e che il paracadute abbia funzionato bene; lo prova il fatto che l’aeronauta è uscito dalla navicella illeso da oltre 3 km di altezza!!!  

Quella sera al Teatro della Commedia di Bologna, affollatissimo, tutti aspettavano notizie dell’«aerobata»; alle 22, Francesco Orlandi si presentò a teatro…

Aveva percorso in mongolfiera le 35 miglia da Bologna a Bellaria in due ore circa; per ritornare a Bologna col calesse o carrozza, messi a disposizione dal nobile del luogo, conte Trotti, occorsero sicuramente non meno di 5 ore…»  


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A degna conclusione di queste note, non resta che abbandonarsi alla classica e scherzosa battuta finale, ovvero: se in Romagna abbiamo avuto un eroe nazionale dell’aria come Francesco Baracca … e se a Filo oggi abbiamo un campo di volo di discreto livello, oltre ad un certo numero di instancabili aviatori e navigatori dell’aria[6], vuoi vedere che quei pionieri ottocenteschi sulle mongolfiere a spasso per i nostri cieli, dal Zambeccari all’Orlandi,  hanno lasciato il segno...

 (2 – fine)

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Il gentile Luigi Pertegato ha pubblicato sui FB in «Sei di Filo se…»  alcune foto del cippo che ricorda l’ottocentesco avvenimento aeronautico. Come segnalato da Guido Tarozzi, il cippo è  ora collocato lungo la nuova Via Bastia, all’incrocio con la Carrara Fortuna, a poca distanza quindi dalla località «Bellaria» ove atterrò la mongolfiera. Riporto doverosamente le tre foto con la mia trascrizione delle due lapidi (a.v., 9.5.21).

 







 

Trascrizione delle due Lapidi:

 Testo in latino: A . MDCCCXXV . / VII . ID . SEPTEMBR.  FRANCISCUS .ORLANDIUS . / DOMO . BONONIA . / AEROBATES / QUUM . HORA . A. MERIDIE .  PRIMA / ET . MINUTIS . QUINQUAGINTA / BONONIAE . PEGMA . SUUM . CONSCENDISSET / SUBLIME . VECTUS . / POST . HORAS . DUAS . IPSAS . / HEIC . TERRAM . REPETIIT /

 Testo  in  italiano:  Il 7 settembre 1825 / Francesco Orlandi / Aeronauta bolognese / Salito alle ore 1 e 50 minuti pomeridiane / sul suo pallone volante / nella città di Bologna / Giunto a grande altezza / Qui prese terra dopo due ore esatte / - - -  /Affinché il ricordo e la gloria si conservino / Gli amici della «Lume» ripristinarono / S. Bernardino 7.9.1986 /

P.S: Riguardo alla «LUME» associazione sanbernardinese ora disciolta, ricevo da  Guido Tarozzi e pubblico volentieri:

Negli anni 80 venne costituita una associazione fra un gruppo di amici, compresi tutti quelli che si erano allontanati dal  per motivi di lavoro dal paese. Ci trovavamo al venerdì sera, spesso, per mangiare, cantare, giocare a carte e fare....casino. La sede era in una casa vuota nel paese. Siccome si diceva che facevamo troppo rumore i soci decisero una iniziativa di culturale per il paese e ristrutturarono la nota lapide, spostandola sulla via Basta. Il nome deriva, come la tua Iròla, dal nostro mondo rurale: il lume delle nostre famiglie contadine (ante servizio elettrico)[.. .]


[1] Il concittadino Antonio Marcheselli volò con successo  nel 1813, mentre Muzio Muzzi, ambizioso meccanico bolognese, ideò l’aeronave  chiamata “rettiremiga”, con due grandi ruote ai lati della navicella. Nel 1838 in un vasto prato fuori Porta San Donato, Muzzi fece costruire un grande anfiteatro e due torri di legno più alte della Garisenda a cui appendere la sua «macchina». Non dovette riscuotere molto successo se a Bologna si disse per anni che «Al vularà, quand al žigant al cantarà…».Il 30 aprile 1868 i bolognesi poterono invece assistere al volo di una mongolfiera alzatasi da piazza Maggiore con un equipaggio tutto al femminile. Nella cesta c’erano lady Elisa Otway, una bizzarra dama inglese che viveva a Bologna, appassionata delle immersioni negli abissi e delle ascese tra le nuvole, e madame Poitevin, una francese amante degli sport estremi.

[2] Guido Tarozzi scrive per la rivista «Il Romagnolo», mensile di storia e tradizioni della provincia romagnola. Alcuni suoi scritti sono visibili e scaricabili a questo link: www.tarozziguido.blogspot.com

[3] L’autore ricorda doverosamente come il territorio che oggi fa parte del comune di Lugo e della provincia di Ravenna, all’epoca (1825) facesse parte del comune di Massalombarda e della provincia Ferrarese.

[4] Il pilastro, restaurato, fu poi spostato sulla nuova Via Bastia, incrocio Carrara Fortuna. Gli anziani bellariesi tramandavano, al riguardo, che si trattava di un francese , equivocando sicuramente sul nome Franciscus...      

[5] Vi si tralasciano, per la scorrevolezza del racconto, le note tecniche attribuite all’amico Prandi.

[6] Per chi voglia godersi, dalla sua seggiola,  un volo in deltaplano sulle nostre campagne suggerisco questo link:

https://www.youtube.com/watch?v=N-vIyHXD3tk ; agli interessati al nostro campo di volo suggerisco inoltre quelli che seguono:https://www.club-italy.it/index.php?page=tour/detail&id=920,, http://www.ulm.it/hangar/campi/scheda1.htm?chiave=294&, https://www.facebook.com/alifilanti.campovolo 

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