Guardando
una rara foto dei primi anni Quaranta
di
Agide Vandini
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La bella foto, che vedete a fianco - cliccare
sull’immagine per vederla a grandezza video -, mi è stata inviata in questi
giorni da Milano, da Franco Fabbri, classe 1934, di cui ho sempre sentito
parlare in famiglia come Franco dla
Minghina. Franco, milanese ma di genitori filesi, soggiornò presso la
nonna materna Baztina (Battistina
Ricci Maccarini) e la zia materna Minghina (Domenica Mercatelli) negli
anni nell’infanzia e pre-adolescenza fino all’avvicinarsi del fronte di
guerra.
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La famiglia in cui visse Franco era
nostra vicina nella vecchia casa dei Barabani abbattuta nel dopoguerra, una
coabitazione che poi continuò, nel dopoguerra, nelle «Case Operaie» destinate
ai senzatetto. Io ho splendidi ricordi
d’infanzia legati alla Baztina, alla Minghina ed al di lei marito Pezöli (Banzi Domenico); di costoro ho
spesso raccontato nei miei scritti e nelle mie poesie in dialetto. Franco, tuttavia,
non ebbi mai la possibilità di conoscerlo essendo egli già tornato stabilmente
a Milano negli anni della mia prima infanzia. All’epoca della foto anteguerra e
per tutto il periodo in cui soggiornò felicemente a Filo era però inseparabile
compagno di giochi di mia sorella Carla, sua coetanea.
Ciò che ho l’opportunità di pubblicare costituisce
un reperto importantissimo, ancorché non si sia riusciti ad identificare tutti
i soggetti presenti. Ritrae il famoso Circo del clown Bidoni, un circo itinerante di modeste dimensioni che pare si
chiamasse «Circo Errani», e di cui a Filo si sente ancora favoleggiare fra la
gente anziana. Di questo piccolo circo, ingoiato dal tempo, non credo proprio sia
rimasta altra immagine che ci riguardi.
La fotografia vede Franco con le
bretelle, al centro e con un bimbo (non identificato) per mano, ed è stata
scattata prima del fronte, molto probabilmente nell’estate del 1944. I due sono
inquadrati nel cortile posteriore della vecchia casa del mugnaio, quella ove io
ebbi la ventura di nascere poco più di un anno dopo, finita la guerra. Il cortile
guardava a nord, verso la casa signorile ed il mulino dei Barabani e confinava,
al lato est, con lo spiazzo del «Campicello», da cui era separato tramite una
robusta recinzione.
Il prato, o «pradina», del Campicello
era a quel tempo la vera «piazza» del paese, luogo in cui, una volta l’anno,
veniva ad accamparsi il Circo di Bidoni,
e la foto lo riprende sullo sfondo, in una di queste occasioni, forse l’ultima sua
sosta a Filo prima del passaggio del fronte e, quindi, dei devastanti
bombardamenti che cambiarono drammaticamente i connotati del paese.
Quando alla rata dla S-ciapèta (rampa
che rialzava la strada alle prime case del paese), apparivano le ormai
familiari carovane, in dialetto: al garavêñ (oggi, si userebbe un più
raffinato roulottes)
del circo di Bidoni, i giovani e i
ragazzi filesi erano già in eccitazione e della loro accoglienza festosa dà
buona testimonianza la frotta di ragazzi che, nella foto, ha invaso lo spazio
erboso e pare concedersi un attimo di pausa, giusto il tempo di osservare, dal
Campicello, la scena che intende ritrarre il fotografo. Sulla sinistra si nota il
tendone che in parte copre la visuale di Casa Tamba, casa signorile che verrà
rasa al suolo pochi mesi dopo dalle bombe alleate (al suo posto sorgeranno le
nuove Scuole Elementari); sulla destra, invece vediamo al garavêñ schierate a
ridosso delle vecchie scuole (ora Casa del Popolo), mentre in alto biancheggia
il tetto della vecchia caserma dei Carabinieri.
Fra i ragazzi di allora, che si riparano
gli occhi dal sole del pomeriggio, riconoscere qualcuno è estremamente difficile.
Franco, peraltro, sembra abbia avuto questa foto a distanza di tempo per cui
non è in grado di ricordare alcuno dei compagni di fotografia.
Guardando con attenzione la foto con mia
sorella Carla e, poi, con Bruno Folletti (Falco),
indi con Aderitto Geminiani (Pippi),
abbiamo potuto identificare con un certo margine di sicurezza il ragazzetto ben
vestito e con le mani in alto appoggiate alla recinzione, si tratta del
compianto maestro Angelo Rossi, ovvero di Lino
d Rös detto anche Pigrìz. Il
ragazzino, inceve, che si intravede sopra la spalla destra di Franco potrebbe
essere Enrico, il fratello purtroppo minorato, di Luigi ed Ezechiele dla Sbàbia: ragazzo sfortunato che morì
nella prima gioventù.
Qualche ricordo più specifico intorno alla famiglia circense, i cui discendenti ed eredi artistici sono ancora
forse tuttora in attività, sono riuscito a stimolarlo nei miei interlocutori. Al
circo non si poteva andare molto spesso, il prezzo d’entrata non era alla
portata di tutte le famiglie, data la povertà di allora, tant’è che Falco ricorda assai bene come
l’adolescente Frangì (Francesco
Brusi), si prestasse volentieri a vuotare giornalmente i loro bucalèñ, i comunissimi e indispensabili vasi
da notte, per averne in cambio qualche prezioso biglietto omaggio.
Lo spettacolo era retto sostanzialmente
dall’intera famiglia dell’anziano Bidoni che
vestiva i panni del clown e veniva spalleggiato, nelle migliori scenette, dal figlio
maggiore Cirillo. Quest’ultimo, buon acrobata e saltimbanco, riscuoteva, a
quanto si diceva, notevole ammirazione fra il pubblico femminile, fra il quale,
pare annoverasse più di una “morosa”.
Anche gli altri familiari di Bidoni
avevano un ruolo nel circo e, fra questi, i due figli minori Leandro e Silvano
che godevano, anche loro, di belle amicizie fra i coetanei filesi. Fatto sta
che, nel nostro paese, questa famiglia circense stazionò piuttosto
regolarmente, ogni stagione estiva, fino a svernarvi, in uno dei difficili anni
del dopoguerra, quando si esibì quotidianamente nella sala del Palazzone. Per
quella occasione, al garavèñ, ovvero
le loro case viaggianti, furono schierate nel cortile antistante la scala
esterna. In altro frangente - ricorda Frangì
- Bidoni,
coi i suoi acrobati ed artisti, fu ospitato, nell’Arena privata della famiglia
Carlotti. Ricordò, poi, queste circostanze, l’anziano Bidoni,
qualche anno dopo ammettendo con profonda gratitudine, e non senza
commozione, che «a Filo, il suo Circo era stato sfamato».
Ancora vivi nella memoria sono poi alcuni
personaggi curiosi che in quegli anni lontani si esibivano nel Circo di Bidoni. Nel dopoguerra, quando diede di
nuovo spettacolo nel vecchio Campicello, io, allora un bimbetto che giocava nel
cortile accanto, notai un acrobata esercitarsi all’esterno con salti altissimi e
vidi un nano vero di nome Bagonghi gironzolare
allegramente fra le vecchie carovane (fino ad allora, dei nani, avevo soltanto
sentito raccontare nelle favole).
Falco,
invece, ricorda un certo Tre-Rose, un
personaggio molto truccato e volutamente equivoco, che vestiva così bene i
panni femminili da far sorgere più di un dubbio nei sospettosi ragazzini
filesi. Fu così che, per scoprire il
vero sesso di quest’uomo misterioso, i nostri fantasiosi ragazzi si arrampicarono
ripetutamente lungo la rete di recinzione dei Barabani, quella
ritratta nella foto, per sbirciare dal finestrotto della «garavèna» e catturare
con l’occhio il momento rivelatore, quello della svestizione...
Pare però che, nonostante gli sforzi, il
mistero sia rimasto tale...
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