giovedì 16 agosto 2012

« Johnny par piašé... »


Poesia
di Orazio Pezzi

Ho avuto questi magnifici versi dialettali proprio ieri sera. La vena poetica di Orazio, particolarmente ispirata, mi pare ci presenti il Giovannino a cui tutti eravamo legati: l’amabile ed inguaribile scavezzacollo a cui era impossibile non voler bene.
Mi sembra giusto condividere l’amarcord coi lettori di questo blog. Analogamente ho pubblicato e pubblicherò nello spazio “commenti” le parole di apprezzamento e di commiato al vecchio Johnny, amico a cui, fra poche ore, rivolgeremo in Duomo ad Argenta l’ultimo saluto.
Nell’occasione mi sembra appropriato inserire, accanto ai versi di Orazio Pezzi, alcune foto assolutamente inedite che ci mostrano il nostro Johnny, quand’era ancora «Giovannino» a tutti gli effetti e all’epoca in cui era divenuto, poco a poco e solo per i filesi: e’ Maròc.
Nella prima foto è un ancora bimbetto, nell’anteguerra, drì dla cà d S-ciflèñ, ossia a pochi metri dalla casa abitata dai miei genitori, davanti al suo orto e capanno. Vi si nota sullo sfondo l’inconfondibile sagoma della chiesa di Filo. Nella seconda foto, invece, vi si osserva e’ Maròc ch’e’ fa la gnégna, ossia fa spensieratamente la lingua, allineato ad un gruppo di coetanei, a e’ Canalèñ, su uno dei ponti del Canale Circondario, le cui acque furono meta, fino agli anni ’60, dei bagni estivi della gioventù filese. Nella terza foto è invece assieme all’amico Bruno Folletti (Falco - donatore delle foto -) fuori dalla sua edicola che gestiva nel vecchio fabbricato, poi demolito, che i filesi chiamavano I Vagõñ.
Un grazie perciò ad Orazio, ed anche a Bruno, donatore delle magnifiche foto, per le emozioni che, nel ricordo di Giovannino Tarozzi e di tempi ormai lontanissimi, possiamo così rivivere assieme.


« Johnny, par piašé...»

Ėlt u n’éra,
Forsi una spëna
Mo quèst l'è un fàt
Par dìt com ch’l’éra
E ch’e’ žughéva zéntratàc.

L’Alfa la su pasiòñ,
U i piašéva la velozitê
L'andéva coma un raž
E’ drizéva tọti al strê
Mo u n s’è mai sfracasê agli ös.

L'éra simpatic e alìgar
Bòñ coma un pëz d pàñ
La barlöca la n’i manchéva,
a machinèta, mo acsè furbida,
che döp un pô u t'imbariaghéva.

Adës e’ toca a Nost’ Signór
A scultê tota la stôria
E la srà lónga una matêda
Parchè la fantašì la n’i manchéva
E se U i dirà: « Johnny, par piašé...»
Lo l’arspundrà: «Acsè t’a mé fat,
e t’al savìv ch’l'éra par l'eternitê...».



« Johnny, per piacere ...»

Alto, proprio non era
Forse una spanna
Ma questo soltanto
Per dirti com’era
E che giocava centravanti.

L’Alfa era la sua passione,
Gli piaceva la velocità
Andava come un razzo
Raddrizzava parecchie strade
Ma non si è mai fracassato le ossa.

Era simpatico ed allegro
Buono come un pezzo di pane
La parlantina non gli mancava,
scorreva a macchinetta, ma così forbita
che dopo un po’ ti ubriacava.

Adesso tocca a Nostro Signore
Ad ascoltare tutta la storia
E sarà lunga a non finire
Pérché la fantasia non gli mancava proprio
E se Lui dirà: «Johnny, per favore...»
Lui risponderà: « Così mi hai fatto,
e certo lo sapevi che era per l’eternità...»




















Sopra: Filo, primi anni ’40. Da sinistra: Ester Felletti, Loretta Bolelli e Giovannino Tarozzi.


Sotto: e’ Maròc (Giovanni Tarozzi) assieme all’amico Falco (Bruno Folletti) in una foto anni ’60 scattata ad drì di’ Vagòñ, ossia nel cortile posteriore all’edicola che, all’epoca, era gestita proprio da Johnny.














Filo, Canale Circondario, fine anni ’50. Da sinistra: Bilina (Xella Nevio), e’ Maròc (Giovanni Tarozzi), Carublòñ (Ricci Ugo), Pippi (Aderitto Geminiani), Piero dla Stašìa (Piero Gessi), Yorki (Tirapani Medardo).


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