Poesia
di Orazio Pezzi
Ho
avuto questi magnifici versi dialettali proprio ieri sera. La vena poetica di
Orazio, particolarmente ispirata, mi pare ci presenti il Giovannino a cui tutti
eravamo legati: l’amabile ed inguaribile scavezzacollo a cui era impossibile
non voler bene.
Mi
sembra giusto condividere l’amarcord coi
lettori di questo blog. Analogamente ho pubblicato e pubblicherò nello spazio
“commenti” le parole di apprezzamento e di commiato al vecchio Johnny, amico a
cui, fra poche ore, rivolgeremo in Duomo ad Argenta l’ultimo saluto.
Nell’occasione
mi sembra appropriato inserire, accanto ai versi di Orazio Pezzi, alcune foto
assolutamente inedite che ci mostrano il nostro Johnny, quand’era ancora «Giovannino» a tutti gli effetti e all’epoca
in cui era divenuto, poco a poco e solo per i filesi: e’ Maròc.
Nella
prima foto è un ancora bimbetto, nell’anteguerra, drì dla cà d S-ciflèñ,
ossia a pochi metri dalla casa abitata dai miei genitori, davanti al suo orto e
capanno. Vi si nota sullo sfondo l’inconfondibile sagoma della chiesa di Filo. Nella
seconda foto, invece, vi si osserva e’
Maròc ch’e’ fa la gnégna, ossia fa spensieratamente la lingua, allineato ad
un gruppo di coetanei, a e’ Canalèñ, su
uno dei ponti del Canale Circondario, le cui acque furono meta, fino agli anni
’60, dei bagni estivi della gioventù filese. Nella terza foto è invece assieme
all’amico Bruno Folletti (Falco -
donatore delle foto -) fuori dalla sua edicola che gestiva nel vecchio
fabbricato, poi demolito, che i filesi chiamavano I Vagõñ.
Un
grazie perciò ad Orazio, ed anche a Bruno, donatore delle magnifiche foto, per
le emozioni che, nel ricordo di Giovannino Tarozzi e di tempi ormai lontanissimi,
possiamo così rivivere assieme.
« Johnny, par piašé...»
Ėlt u n’éra,
Forsi una spëna
Mo quèst l'è un fàt
Par dìt com ch’l’éra
E ch’e’ žughéva zéntratàc.
L’Alfa la su pasiòñ,
U i piašéva la velozitê
L'andéva coma un raž
E’ drizéva tọti al strê
Mo u n s’è mai sfracasê agli
ös.
L'éra simpatic e alìgar
Bòñ coma un pëz d pàñ
La barlöca la n’i manchéva,
a machinèta, mo acsè furbida,
che döp un pô u t'imbariaghéva.
Adës e’ toca a Nost’ Signór
A scultê tota la stôria
E la srà lónga una matêda
Parchè la fantašì la n’i
manchéva
E se U i dirà: « Johnny, par
piašé...»
Lo l’arspundrà: «Acsè t’a mé
fat,
e t’al savìv ch’l'éra par
l'eternitê...».
|
« Johnny, per piacere ...»
Alto,
proprio non era
Forse
una spanna
Ma
questo soltanto
Per
dirti com’era
E
che giocava centravanti.
L’Alfa
era la sua passione,
Gli
piaceva la velocità
Andava
come un razzo
Raddrizzava
parecchie strade
Ma
non si è mai fracassato le ossa.
Era
simpatico ed allegro
Buono
come un pezzo di pane
La
parlantina non gli mancava,
scorreva
a macchinetta, ma così forbita
che
dopo un po’ ti ubriacava.
Adesso
tocca a Nostro Signore
Ad
ascoltare tutta la storia
E
sarà lunga a non finire
Pérché
la fantasia non gli mancava proprio
E
se Lui dirà: «Johnny, per favore...»
Lui
risponderà: « Così mi hai fatto,
e
certo lo sapevi che era per l’eternità...»
|
Sopra: Filo, primi
anni ’40. Da sinistra: Ester Felletti, Loretta Bolelli e Giovannino Tarozzi.
Sotto: e’ Maròc (Giovanni Tarozzi) assieme
all’amico Falco (Bruno Folletti) in
una foto anni ’60 scattata ad drì di’
Vagòñ, ossia nel cortile posteriore all’edicola che, all’epoca, era gestita
proprio da Johnny.
|
Filo,
Canale Circondario, fine anni ’50. Da sinistra: Bilina (Xella Nevio), e’
Maròc (Giovanni Tarozzi), Carublòñ
(Ricci Ugo), Pippi (Aderitto
Geminiani), Piero dla Stašìa (Piero
Gessi), Yorki (Tirapani Medardo).
Cliccare sulle immagini
per vederle in formato video
|
Nessun commento:
Posta un commento