venerdì 26 ottobre 2007

Quei soldati filesi della Grande Guerra ….

di Beniamino Carlotti

Il 4 Novembre prossimo, ricorre l’89° anniversario della Vittoria nel conflitto mondiale 1915/18, anniversario che sta perdendo importanza nel ricordo e nella memoria degli italiani, talvolta visto soltanto come evento citato nei libri di storia, e non come la tragedia umana che per alcuni anni sconvolse l’Europa e che tante ripercussioni ebbe anche nella nostra piccola comunità filese.

Quelli della mia generazione, però, che da bambini, raccolti la sera vicino al nonno, ascoltavano in silenzio i racconti del fronte, della trincea, dei compagni che morivano e dell’angoscia provata prima e durante ogni inutile assalto, hanno ancora viva nella memoria quei tragici fatti, tanta era la partecipazione che i reduci di quell’orrendo conflitto riuscivano a trasmettere.

Oggi adulto, e con tutta la nostalgia dell’infinita pazienza del nonno, credo sia ancora moralmente doveroso ritornare col ricordo a quei filesi, nostri compaesani, che parteciparono alla Grande Guerra e che soffrirono patimenti inenarrabili, alcuni dei quali morirono per difendere i “Sacri Confini della Patria”, come recitava la pomposa retorica del tempo.

Circa duecento furono gli umili fanti, artiglieri e lancieri filesi, strappati ai campi ed alle loro attività e scaraventati in trincea o in qualche campo di battaglia del Carso o del Grappa.

Gente umile, ubbidiente sino alla remissione, devotamente fedele all’autorità ed al “padrone” di turno. Ciò nonostante, al loro superiore importava ben poco dei loro patimenti sia fisici che mentali, se si pensa che essi non furono considerati altro che carne da cannone, corpi da immolare nei loro assalti e contrassalti, o come ebbe a dire Papa Benedetto XV, usati per alimentare “l’inutile strage”.

Alla paura che assaliva all’uscita dalla trincea, andando incontro alla mitragliatrice che falciava i compagni, seguivano sempre, per chi aveva la fortuna di tornare alla base, giorni e giorni di esasperante e logorante trincea, in cui, oltre al freddo, alla fame, alla sete, al fango ed ai pidocchi si dovevano pure sopportare il disprezzo, la tronfia superbia e l’arroganza imperturbabile dei signori ufficiali. Come se non bastasse, aleggiava in quei momenti, sinistra ma costante, la presenza del “plotone di esecuzione”, pronto ad entrare in azione al minimo accenno di indisciplina o di insubordinazione.

Quegli umili soldati insomma, combatterono ed in molti casi morirono, per lo più ignorando contro chi e per chi combattevano, ma lo fecero con dignità ed onore. Agirono sempre e soprattutto con spontaneo spirito di solidarietà verso i compagni nel comune destino della guerra. Nondimeno, i nostri soldati venivano spesso infervorati ed illusi da una insinuante propaganda governativa, secondo la quale l’Italia Proletaria stava combattendo quella guerra nell’interesse del popolo, tanto che, al ritorno a casa, i fanti-contadini sarebbero stati adeguatamente ricompensati con la terra. Sappiamo bene, poi, come andò a finire .

Fra i superstiti mi è particolarmente caro citare, fra i tanti, nel ricordo di coloro che ebbero la fortuna di tornare alle loro case, mio nonno Giulio Carlotti, Dragone del “Genova Cavalleria” che partecipò alla carica di Quota 144 decisiva nella conquista di Monfalcone il 17 Maggio 1916. Egli ne portò il ricordo fino alla morte per una piccola scheggia di granata alla gamba sinistra. Ricordo poi il Fante Ettore Banzi, di cui ho potuto ascoltare i toccanti racconti, miracolosamente rimasto indenne durante i terribili assalti sul Sabotino e S. Michele e nell’Undicesima e Dodicesima battaglia dell’Isonzo. A tutti i reduci fu conferito, mezzo secolo dopo, il Cavalierato di VittorioVeneto.

Purtroppo i bombardamenti della seconda guerra mondiale distrussero la lapide dedicata ai caduti filesi della Grande Guerra, posta nelle scuole che stavano allora vicino alla chiesa nell’attuale giardino dell’ex asilo. A loro, come ai tanti filesi che persero la vita durante la seconda guerra mondiale, è stato dedicato nel 1955, in un unico abbraccio ideale, il bel Monumento ai Caduti di Filo. Li elenco qui, traendoli da E. Checcoli, Filo della Memoria, Prato, Editrice Consumatori, 2002, pp.76-77, in stretto ordine alfabetico e con deferente rispetto, perché nella nostra piccola comunità ne rimanga vivo il commosso ricordo e nella speranza che il trascorrere del tempo non possa, nemmeno in futuro, ricoprire nell’oblio la loro prematura e tragica morte.

Amadesi Alessandro, soldato, classe 1880

Amadesi Giuseppe, soldato, classe 1883

Bianchini Angelo, soldato, classe 1891

Brandolini Paolo, soldato, classe 1888

Foletti Giuseppe, soldato, classe 1889

Gennari Medardo, soldato, classe 1891

Ghirardini Francesco, soldato

Guerrini Antonio, soldato

Leoni Ettore, soldato, classe 1887

Luciani Settimio, soldato, classe 1888

Marangoni Giuseppe, soldato, classe 1891

Margotti Francesco, soldato (assente nell’elenco)

Margotti Giuseppe, Serg. magg., classe 1881

Mezzoli Gaetano, soldato, classe 1891

Minghetti Francesco, soldato, classe 1883

Natali Enrico, soldato, classe 1886

Ricci Federico, soldato, classe 1885

Selvi Pasquale, soldato

Serafini Ennio, soldato

Taglioni Natale, soldato, classe 1889

Tarlazzi Antonio, soldato, classe 1887

Tarozzi Francesco, soldato, classe 1903

Verri Secondo, soldato, classe 1899

Nella prima foto: Guerra 1915-1918 - Un gruppetto di filesi accampati al fronte, da sinistra: Cobianchi Eugenio, Cobianchi Antonio e Venieri Enrico.

Nella seconda: Onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto ad Ivo Vandini, nonno di Agide.

(Benny, ottobre 2007)


2 commenti:

Unknown ha detto...

Bello e, a tratti, commovente il tuo ricordo dedicato ai caduti di Filo della prima guerra mondiale, Beniamino. La ricorrenza del 4 novembre serve a questo: più che a celebrare, a ricordare e a tramandare il legame tra le generazioni, fino ai nostri ragazzi. Se non avranno da noi le storie e i segni di chi li ha preceduti, saranno privi della forza morale e del valore della vita che essi rappresentano.
I giovani soldati dentro la divisa erano contadini, gente semplice assorbita in un ingranaggio distruttivo, crudele perché senza una ragione accettabile.
E' difficile non sentirli vicini ancora in questi anni di guerre sempre più assurde.
(Rita)

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu