lunedì 8 marzo 2010

Una famiglia di musicisti che veniva da Filo


L’orchestra Coatti nel folclore romagnolo

di Agide Vandini e Beniamino Carlotti


Veniva da Filo la famiglia dei cinque fratelli Coatti che diedero vita negli anni ’30 all’omonima orchestra. Erano figli di Raffaele Coatti (Filo,1884 – Alfonsine,1959) e di Maria Stefanini (Alfonsine, 1889 – Alfonsine, 1975).

Otello (1911-1971, sassofonista), Nardino (1913-1985, batterista), Antonio (1915-1993, fisarmonicista), Francesco (meglio noto come Chino)(1919-2000, chitarrista) e Quinto (1922 – vivente, tastierista e fisarmonicista) nacquero a destra di Reno nei pressi di Madonna Boschi, dove la famiglia, in mezzadria, si era trasferita da Filo intorno al 1905.



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e quindi per leggere l’interessante articolo.








La foto a fianco sull’argine del Reno che ritrae i giovani Coatti risale alla fine degli anni ’30 quando i cinque fratelli misero su la prima formazione orchestrale di tipo amatoriale. Suonavano nelle aie, nelle feste paesane, nei trebbi serali, un’attività che andò avanti fino a che la formazione non fu scompaginata dall’inizio della guerra e dagli sconvolgimenti che ne seguirono.

Otello, il maggiore dei fratelli, aveva del resto sposato a Filo Emma Marani nel 1937 ed ivi era tornato per mettere su famiglia (i figli Norina, Wagner, Armando, l’amico e compagno di scuola Armandoni), sono tuttora ben noti in paese.

Nel dopoguerra, Francesco e Quinto Coatti, ossia gli elementi più dotati e preparati sotto l’aspetto musicale, dettero vita alla famosa orchestra di professionisti che portò il loro nome (v. seconda foto a fianco scattata nei primi anni ’50).

Come riporta Gianni Siroli (Dizionario delle orchestre romagnole, Lugo, Walberti, 2006, pp. 153,154 e364) l’«orchestra emerge fra le altre della Romagna, giovani solisti come Ivano Nicolucci ed Ely Neri ne fanno parte. Alla fine degli anni ’50 lancia il cantante Narciso Parigi». Anche una nota cantante di quegli anni, Flò Sandons diventa reginetta dell’orchestra Coatti che incide per la Durium e la Voce del Padrone; più tardi vi iniziano la carriera cantanti come Patrizia Ceccarelli, Luana Babini e Dora Moroni.

Francesco, recentemente ricordato in un bell’articolo de’ «Il Romagnolo» (n.80, maggio 2009, p. 2554) (v. a fianco), divenne noto per il caratteristico cappello stile western. A Filo, dove gestì per un po’ l’osteria, più che John Wayne, fu sempre affettuosamente chiamato e’ Caplòñ. Partecipò alle riprese di alcuni film come «Caccia tragica» girato a S.Alberto di Ravenna nel 1947, Il Principe delle volpi (1948), Boccaccio ‘70, Deserto rosso[1].

Gli anni che seguirono videro la costituzione di formazioni diverse. Francesco lanciò «Romagna solatia» cui affluirono validissimi elementi orchestrali fra cui, per qualche anno, lo stesso fratello Quinto.

Quest’ultimo si esibì talvolta come solista, ma anche con una propria formazione, fino a confluire stabilmente nell’orchestra di Nervillo Camporesi, ove concluse la sua brillante attività artistica.


Francesco, magnifico personaggio ravennate dei suoi tempi, da vero uomo di spettacolo qual era, non si ritirò mai dagli intrattenimenti musicali. Suonò con Castellina, con altri ancora e, fino agli ultimi suoi giorni, calcò quell’adorabile palcoscenico che fu, in fondo, la sua vita. Fu colto da infarto, poco più che ottantenne, in un bar dopo aver ordinato un caffè.

Anche Filo, perciò, culla peraltro di diverse formazioni minori, può vantare, data la provenienza dei Coatti, qualcuno dei grandi protagonisti della musica da ballo romagnola, musicisti di grande notorietà che si collocarono nel solco dei Zaclen (Carlo Brighi) e dei Secondo Casadei.

A tutti i nostri «sunadùr» tuttavia, dai Coatti agli altri paesani meno noti, vada la nostra sincera ammirazione e gratitudine per la gioia che hanno saputo dare, e tanta riconoscenza per un ruolo ed un talento che non deve, in nessun modo, essere dimenticato.



[1] Bruno Folletti (Falco) ricorda ancora, del periodo di Chino Coatti all’osteria di Filo, un episodio degno di far parte della migliore aneddotica filese. Il Dottor Franco Fiorentini, di cui tutti abbiamo un carissimo ricordo, nei momenti in cui stazionava in osteria in attesa di chiamate, amava talvolta farsi qualche partita a flipper, sicché ad ogni vincita segnalata dall’apparecchio con forti emissioni sonore, accompagnava gli orgasmici momenti con festosi urli di gioia come «Ciapa Chino…» oppure «quësta l’è par Chino». Fu così che dovette inopinatamente fronteggiare, con qualche apprensione, un giovane brigadiere appena arrivato in paese. Questi riteneva infatti che il tono e il contenuto degli urli fossero manifestamente offensivi verso il barista. Ci volle del bello e del buono per convincere il severo rappresentante della legge. Pare sia stato decisivo l’autorevole intervento in suo favore dello stesso Chino che, ben fornito di capël lêrgh, riuscì in qualche modo a calmare le acque …


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