Due belle poesie per l’«Irôla»
di Angelo Minguzzi
Il mio amico ànžul d Zižaròn d Mašira, letti i recenti brani che ho dedicato all’inverno e al gioco delle carte, mi ha mandato queste due belle poesie dialettali, che pubblico con entusiasmo, con qualche piccolo intervento nella grafia, in ossequio alle regole ortografiche cui ci si ispira e che consentono di mettere nel giusto rilievo anche le caratteristiche fonetiche del fusignanese[1].
Angelo, che ogni tanto onora con la sua presenza questa «Irôla» virtuale, non soltanto sa destreggiarsi bene fra le suggestioni dialettali, sa anche cogliere, con misurato senso dell’ironia, tipi, caratteristiche, aspetti del nostro mondo popolare e contadino che a me pare denotino in lui un grande amore per la tradizione, per la terra, in definitiva per i valori di saggezza e concretezza che sono stati, per secoli, alla base della vita della nostra gente.
E’ perciò con particolare piacere che pubblico le due poesie. La prima è dedicata al cielo e ai rigori invernali così come appaiono a chi osserva da una terra oscura e intirizzita, ove si fatica a muoversi e camminare. Campeggia nella volta celeste la grandiosa costellazione di Orione, governatore del regno dei morti, figura in cui gli antichi egizi vedevano niente di meno che Osiride.
Pare infatti, che, secondo i Testi delle Piramidi, Osiride, uomo e dio al contempo, fosse divenuto primo re d'Egitto, e la sorella Iside, sua consorte. Set, il fratello, complottò però contro di lui fino ad ucciderlo ed a tagliarlo a pezzi che sparse per tutto l’Egitto. Iside raccolse segretamente i pezzi del defunto marito e lo ricompose, riportando magicamente Osiride in vita per il tempo necessario a generare Horus. Osiride si trasformò poi in un essere stellare (Orione) che andò a governare il regno Celeste dei morti, mentre Horus, suo figlio, dopo aver sfidato e vinto lo zio Set a duello, divenne il primo faraone d’Egitto.
La seconda poesia, invece, è un bel quadretto d’osteria in questi tempi di deboli consumi che non ha bisogno di altre spiegazioni e che non mancherà di divertire, soprattutto se letta dopo aver intinto e gustato un po’ di ciambella inzuppata nell’albana … (a.v.).
INVÉRAN
Uriõ sët sìdar int e’ zìl ad dizèmbar. In tëra, e’ švìdar.
La costellazione di Orione
E’ CAFÈ
Gisto Pöldo Tugnàz e Bas-cianõ Töti al sér e la dmenga dopmeždè I s’atrôva par fês un marafõ Söta i purdig dla piaza int e’ cafè.
D’invéran i sta a e’ chêld int un cantõ A e’ su tavlẽ, ch’l’è un pöst che mèj u ngn è; D’istê i s mèt fura a l’ôra de’ tindõ Ch’j è pu int e’ mëž a cvì ch pasa d’alè.
E i s’ žuga un cafè: j è cliẽt bõ, L’arèb da rës cuntẽt nẽca e’ padrõ - Staséra me a j ò pérs, dõca a sẽ a péra
Cun cvèl ch’avéva vẽt da te ajìr séra.- “Aumento dei consumi”… Ció, a fê’ acsè, U s cunsòma al scarãn, briša e’ cafè.
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INVERNO
Orione (dalle) sette stelle nel cielo di dicembre In terra, il ghiaccio.
I giocatori di carte di Cezanne
IL CAFFÈ
(E)gisto (Leo)poldo Antonio e Sebastiano(ne) Tutte le sera e la domenica pomeriggio Si ritrovano per la partita a carte (a beccaccino) Nel caffè, sotto i portici della piazza.
D’inverno stanno al caldo al loro tavolino D’angolo, un posto che di meglio non ce n’è; D’estate stanno all’esterno all’ombra della tenda E sono di intralcio ai passanti.
Si giocano un caffè: sono buoni clienti, dovrebbe esserne contento anche il padrone - Stasera io ho perso, quindi siamo pari
Col caffè che ti avevo vinto ieri sera. - “Aumento dei consumi”…, ma, così facendo si consumano le sedie, non il caffè.
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[1] Non ho potuto inserire i simboli di «snalefe» segnalati dall’autore ossia delle situazioni in cui le vocali collegate vanno pronunciate come una sola, per rispettare la metrica dell’endecasillabo. Purtroppo il copia-incolla produce una V maiuscola che risulterebbe incomprensibile.
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