domenica 6 settembre 2009

Quella strana partita di calcio del 1956


Uno storico incontro fra arbitri che si disputò a Filo

di Agide Vandini




Ricordo bene quella strana partita. Avevo da poco compiuto i dieci anni e un ragazzino come me a quel tempo al campo sportivo c’era spesso. Immancabilmente, poi, quando si trattava di andare a vedere i nostri acclamati campioni, gli “azzurri” filesi che spopolavano nelle categorie dilettantistiche di allora e mettevano sotto regolarmente le squadre più ambiziose dei paesi vicini.

Si vantava peraltro una particolarità degna di generale considerazione ed ammirazione: la squadra era composta di soli giocatori locali, frutto di una passione calcistica assai diffusa e nata alcuni decenni addietro, ai tempi pioneristici del calcio, quando ancora chi mët chi curéva dri a la pala, giocavano al "campicello" o alla "pradina" con una balla di stracci.

Andarci, al campo, alla domenica era per grandi e piccini una festa di popolo. Si scavalcavano facilmente le rugginose corde penzolanti che recintavano il terreno di gioco e chi voleva mettersi un po’ in mostra, con la gente già affluita ai bordi del campo, poteva provare tiri di ogni genere contro la porta, proprio nel punto in cui, pochi minuti dopo ci sarebbero state le azioni emozionanti dei nostri beniamini. Anche i bambini venivano accettati volentieri in campo in quei minuti di trepida attesa anche perché, poi, avrebbero fatto a gara nel ributtare in campo il pallone uscito dal ricinto di gioco, recuperandolo in fretta, e senza timore di infangarsi, nella campagna adiacente.

Quella volta però, in quella strana partita organizzata a Filo nel 1956, i nostri beniamini non c’erano. Al loro posto si erano presentate due squadre composte rispettivamente dagli arbitri delle Federazioni di Ferrara e di Ravenna, i quali, per provare le loro forze come calciatori, avevano deciso di darsi battaglia proprio a Filo. I motivi me li ha finalmente spiegati qualche settimana fa colui che quella partita la arbitrò, ossia Uber Bellettini, il mitico Mazalôca, grande portiere della più gloriosa formazione calcistica filese che oggi si ricordi.

Mazalôca era, ed è ancora, un tipo piuttosto estroverso, amava esibirsi in parate teatrali, difendeva sempre la sua porta con autorità, compiva uscite coraggiose e spericolate, dirigeva con sicurezza tutto il reparto difensivo con voce stentorea e con ordini secchi, tutti peraltro in forbito italiano, un tipetto, insomma, dai comportamenti piuttosto insoliti in un campo da gioco negli anni ’50. I direttori di gara lo notarono e ne furono colpiti al punto che, dovendo affidarsi ad un calciatore per un arbitraggio imparziale, decisero di chiedere proprio a lui la direzione dell'inedita contesa fra fischietti della domenica.

Fu così che, per una volta, gli uomini solitamente vestiti di nero, i filesi li videro in tenuta di gioco, mentre col giacchettino tradizionale degli arbitri si vestì di tutto punto, e per quella sola occasione, proprio il nostro Mazalôca che ebbe l'onore di dirigere la partita davanti al suo pubblico.

La partita si giocò a Filo, dunque, perché paese di Mazalôca, ma anche per almeno altre due buone ragioni. La prima perché la sede fu consigliata da uno degli arbitri della federazione ravennate, il lavezzolese Bugiù, che aveva giocato in gioventù come portiere proprio a Filo, la seconda per ragioni geopolitiche, perché il nostro paese, diviso da sempre fra le due provincie, e più o meno a metà strada fra i due capoluoghi, consentiva il ritrovarsi all'incirca alla stessa distanza da casa, cosa questa che, in quei tempi grami, era considerato un aspetto non trascurabile.


Tutto andò per il meglio. La partita fu seguita da un buon numero di spettatori che, fin dall’inizio, si divertirono parecchio nell’etichettare come mazalér il primo a tentare un’entrata intimidatoria o nel canzonare con qualche sonora fischiata chi, di volta in volta, veniva redarguito da Mazalôca. Ovviamente i lazzi a quest’ultimo abbondarono: "arbitro caneee..." "mo' d’indó vénat fura arbitro..." "occhiali... arbitro..." ecc.

I toni agonistici si alzarono subito, entrambe le formazioni (coi colori biancazzurri i ferraresi e maglia spallina dell’epoca, con quelli giallorossi i ravennati con maglia a due sole striscie verticali) ci tenevano parecchio a vincere una partita che metteva in palio l’onore provinciale.

Non mancò qualche piccola discussione, qualche modesto screzio subito rintuzzato dal nostro Mazalôca che, a suo agio come direttore di gara, con fare autoritario e con l’eloquio signorile che lo ha sempre contraddistinto, quietò gli occasionali “calciatori” facendoli anche meditare su quanto fosse facile cadere nella trance agonistica ed in atteggiamenti di impazienza verso l'arbitro, atteggiamenti che poi, dall'altra parte della barricata, essi solitamente faticavano a tollerare e comprendere.

Fu una partita davvero storica, insomma, per la sua indubbia originalità, eppure ormai sepolta dal tempo, caduta come molte altre nel dimenticatoio collettivo, ma da questo riemersa grazie alle due foto che riporto a fianco, foto che debbo, ancora una volta, alla gentilezza di Vanni Geminiani.

Personalmente ho riconosciuto nella foto di gruppo, oltre a Mazalôca, il solo Bugiù, quarto in piedi da sinistra. Se qualcuno fosse in grado di riconoscerne altri o di ricordare esattamente data e punteggio della partita, è pregato di segnalarlo, magari scrivendo un graditissimo commento sull’Irôla de’ Filéš [www.filese.blogpot.com], oppure direttamente al mio indirizzo e-mail: [agide.vandini@gmail.com].


Cliccare sulle immagini per vederle ingrandite.

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