giovedì 29 gennaio 2009

La «Chiavica di legno»



«Mappe, toponomastica e segnaletica del Filese, 8° puntata, sezione 6 del territorio»

di Agide Vandini

















La «Chiavica di legno»

Immagine dal satellite


















La «Chiavica di legno»

Le strade e le località

Siamo alla sesta delle otto tappe (ottavo di dieci articoli complessivi previsti) del nostro percorso attraverso il territorio filese col quale si vogliono fornire mappe corrette ed anche qualche notizia basilare sulla toponomastica e sulla storia del luogo.

L’attenzione stavolta si focalizza sulla «Chiavica di legno», borgo in territorio ravennate, oggi pressoché abbandonato, nonostante l’importanza e la consistenza avuta, come si vedrà, nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento.

Dall’immagine satellitare (prima mappa a fianco) oggi non si riesce praticamente a percepire la presenza del centro abitato che sorse e si sviluppò qui, all’indomani della diversificazione fluviale di fine Settecento, di fronte allo sbocco del Santerno in Reno, un villaggio che fu, ad un certo punto, dotato di scuole, caserma e persino farmacia. Torneremo presto sulla sua storia singolare ed alla particolarità del suo toponimo.

La seconda mappa invece, mette in evidenza, alla stregua delle altre sezioni, le denominazioni correnti delle vie che confluiscono al borgo ed i cardini geografici maggiori del territorio. Qui non si sono volute eliminare le strade soppresse o adibite ad uso privato esclusivo, per dare maggiormente l’idea di quanto e come fosse strutturato l’abitato originario.

Chi volesse recarsi sul luogo, tuttavia, consideri come uniche vie percorribili ad uso pubblico le tre arterie: Via Tre Pertiche (sottofiume), Via Chiavica di Legno (proveniente dal Molino di Filo) e Via Trotta (proveniente dalla Garusola) stada che fa da confine fra i territori di Filo e di Longastrino in area ravennate.

Circa le imprecisioni delle mappe di Internet, in questo quadrante si segnala, oltre alle Vie Filo, da poco ridenominate, l’obsoleta denominazione «Palazzo Tamba» con cui è indicata la Villa S.Anna abbandonata.

Per questa sezione di territorio, ecco comunque i brevi e sintetici, quanto basilari



Cenni sulla Toponomastica

(per approfondimenti e per le fonti non espressamente citate, si veda in A.Vandini, Filo la nostra terra, Faenza, Edit, 2004, parte II)



Nomi di Località e di cardini geografici locali:


Chiavica di legno. Si tratta di toponimo derivante curiosamente da un’antica chiavica situata dall’altra parte del fiume, ossia a destra Reno, precisamente di fronte a Villa S.Anna. In quella direzione si dirigeva, fin da fine Settecento, un passo fluviale chiamato «della Chiavica di legno», nome che poi si trasferì nel primo Ottocento sulla nascente borgata alla sinistra del Po Nuovo. In legno, infatti, era stata inizialmente costruita la prima chiavica provvisoria fra il Canale Bonacquisto ed il Po Nuovo (poi Reno), chiavica successivamente ricostruita in laterizio. Oggi detto canale di scolo, non si immette più direttamente in Reno, ma devia verso il Santerno qualche centinaio di metri prima dello sbocco originario, in virtù di una risistemazione idraulica del primo Novecento.

Il passo della «Chiavica di legno» (funzionante ancora nel 1865), perse funzionalità e convenienza economica a fine Ottocento per la costruzione del Ponte della Bastia e fu ben presto soppresso.







Foce del Santerno, Borgo «Chiavica di Legno» e Villa S.Anna (vista aerea, 1998). La cerchiatura in rosso evidenzia i resti della vecchia chiavica (rifatta in laterizio) sul canale Bonacquisto.











I resti della vecchia chiavica sul Bonacquisto, oggi attrezzata con qualche panca per pic-nic e grigliate all’aperto.


Prima della diversificazione fluviale del 1782, in questo stesso luogo affioravano, all’interno delle antiche Valli ravegnane di Filo e Longastrino, alcuni dossi o isolotti, all’epoca chiamati «cuora» (cura in dialetto) per la scarsa consistenza del terreno. Le denominazioni antiche, oggi dimenticate, di questi dossi erano: «Casa Amata Cavalli» e «Cuor delle Vacche».


Passo dell’Anerina (Pas dl’Anarina). Questo traghetto, posto al termine della Via Trotta, operò dal 1803 consentendo il passaggio di merci e persone ad est del Santerno in direzione di Alfonsine e Ravenna. Fu per molto tempo fondamentale per i territori di Filo e Longastrino e funzionò fino alla metà degli anni Settanta del Novecento. Ebbe sempre discreto transito, fu teatro di alcune spettacolari rapine brigantesche e lì si compì l’immane tragedia del 27 marzo 1872, quando vi persero la vita tredici persone, lavoratori purtroppo travolti dalle acque di piena. Portano lo stesso nome due case coloniche nelle opposte sponde, oggi abbandonate. Anerina pare provenire dalla distorsione di Anarina, termine con cui si intende la Lemna minor, pianta acquatica nota come lente di palude, le cui foglioline si utilizzavano un tempo nel pastone per gli anatroccoli.


Il traghetto del Passo dell’Anerina in una foto del 1946. La traghettatrice è l’alfonsinese Antonia Zattoni detta Magnâna.

Giovani filesi, a metà Novecento, al vecchio Passo dell’Anerina e diretti oltre Reno. Da sinistra Genoveffa Lolli, Amato Rossi, Maria Saviotti, Giovanna Saiani e Giovanni Guidarini.



Villa S.Anna, abbandonata dagli anni ’70 ed oggi in rovina,in una foto dei primi anni ’90,. A destra la chiesetta di S.Anna oggi.



















Carlo Severini




L’Avv. Cipriano Andrea Ghedini





Villa e chiesa di S.Anna. La Villa S. Anna (prima Palazzo Ghedini, poi Tamba, fino agli attuali proprietari), è una vistosa testimonianza dell’opera di bonifica delle terre a sinistra Reno, strappate alle paludi all'inizio dell’Ottocento. I resti del palazzo, ormai vicino al crollo, e la chiesetta adiacente ancora in efficienza, si possono intravedere nella foto aerea riportata in precedenza. La forma esteriore originaria dell’imponente complesso rurale, isolato nella campagna allineava l’abitazione del proprietario, due chiese, la ghiacciaia, le dimore dei salariati, le stalle, i magazzini, i rustici. La costruzione del complesso (1841) la si deve all’Avvocato Cipriano Andrea Ghedini, erede di Carlo Severini, quest’ultimo già amico di Gioiacchino Rossini e morto prematuramente, un illustre bolognese che comprò il terreno dai conti Manzoni nel 1837.

Cipriano Ghedini oltre a prosciugare i campi ed a portarli a coltivazione «colla vista di provvedere un mezzo di sussistenza a non poche famiglie ivi dimoranti», si rese conto che nel luogo veniva a crearsi un villaggio nuovo. Per favorirne lo sviluppo pensò alla edificazione di una chiesa destinata al «culto pubblico» ove poter celebrar messa. Ottenuta l’autorizzazione pontificia corredò la piccola cappella, che volle dedicata al culto di S.Anna, delle suppellettili necessarie. La chiesetta è stata salvata dall’incuria e dall’abbandono, grazie all’opera meritoria di alcuni religiosi e fedeli filesi.

Vie e Strade (in ordine alfabetico):


Tre pertiche. Si veda quanto già detto nella sezione 3 (Borgo Ravegnano).


Chiavica di legno. Si veda quanto già detto nella sezione 4 (Borgo Molino).


Trotta. Si veda quanto già detto nella sezione 4 (Borgo Molino).


(continua - 8 / 10)

Articoli precedenti sul tema (v.Archivio Blog): 1. 2008, 1 marzo, «Quanti errori ed insufficienze…»; 2. 2008, 7 maggio, «Per una migliore segnaletica e cartografia del territorio»; 3. 2008, 3 luglio, «Rossetta, Case Selvatiche e Vallone»; 4, 25 agosto, «Il Borgo Ravegnano», 5. 2008, 10 ottobre, «Il Borgo Maggiore»; 6. 2008, 10 novembre, «Il Borgo Molino»; 7. 2008, 1 dicembre, «La Garusola»


Cliccare sulle immagini per vederle ingrandite






1 commento:

Anonimo ha detto...

Ogni volta che mi giunge una comunicazione riguardo qualcosa sul Blog Filese trattengo il fiato quasi ad aspettarmi qualcosa di magico che... in effetti c'è!
Un ringraziamento e mi rimane come progetto quella chiacchierata di digitalizzazione di fotografie "vecchie" per preservarle dal tempo. Chiunque volesse contribuire non ha che da contattarmi e vedrà il suo materiale diplicato in formato elettronico.
Ciao!
Giacomo