Il centro di Filo
dall’Unità d’Italia ad oggi - 1 -
di Agide Vandini
Si raccomanda, per le fotografie qui proposte, il loro ingrandimento a tutto video col semplice doppio clic sull’immagine.
Pochi giorni fa Chiara Marani mi ha gentilmente fatto dono di un paio di rarissime cartoline d’epoca che ritraggono la nostra cosiddetta «Corea», cartoline non viaggiate fatte stampare, come altre del nostro centro cittadino, proprio dalla sua Cartoleria-Tabaccheria-Profumeria Marani nella seconda metà degli anni ’50.
Sono rare immagini che mi sembra
doveroso condividere qui, coi lettori del blog.
Esse comunque forniscono lo spunto per alcune
interessanti annotazioni intorno a quest’angolo di paese sorto nel dopoguerra,
un borghetto che fu, per molto tempo, il simbolo stesso di una faticosa
ricostruzione.
Quali e quante furono le rovinose distruzioni provocate al nostro Borgo Maggiore dai bombardamenti alleati lo possiamo cogliere da queste tre foto, tutte scattate dall’incrocio principale del paese, in direzione della chiesa, seppure in tempi diversi:
Nelle due foto anteguerra, la prima scattata negli anni ’10 e la seconda negli anni ’20 del Novecento, compare ancora la chiesa cinquecentesca demolita nei primi anni ’30 allorché fu sostituita dall’attuale chiesone senza campanile.
L’attenzione va posta però sugli edifici fra la chiesa e la strada Provinciale, ovvero le cosiddette «scuole nuove» e la residenza dei Tamba che, come si percepisce dalla foto scattata dalle forze alleate il giorno della Liberazione di Filo il 14 Aprile 1945, furono completamente rasi al suolo dai bombardamenti.
Va osservato inoltre come, fino al dopoguerra non ci fosse mai stata alcuna strada pubblica che, in proprietà Tamba, si dirigesse verso destra parallelamente alla Provinciale. In quella direzione c’era infatti soltanto aperta campagna.
Quanto alle distruzioni subite, disponiamo
di alcune immagini del centro di Filo bombardato che ci mostrano quanto
rimaneva del vecchio ed antico paese.
Queste fotografie, scattate all’indomani della Liberazione, dal punto in cui furono poi costruite le Scuole Elementari postbelliche, ci danno ampiamente il senso della devastazione e della rovina che, finita la guerra, stava di fronte ai sopravvissuti.
Rimosse
le macerie, l’opera di ricostruzione portò ad alcuni cambiamenti che
consentirono la creazione del quartiere popolare nella ex campagna dei Tamba,
ossia:
1. La costruzione di un nuovo ed unico edificio scolastico ove sorgeva la residenza dei Tamba;
2.
Il
tracciamento di una strada parallela alla Provinciale in direzione est (poi
denominata «Via II° Risorgimento») in grado di dare accesso ad un quartiere di
nuova lottizzazione;
3.
L’abbattimento
delle ex «Scuole vecchie» e la costruzione nello stesso luogo di una «Casa del
Popolo» destinata a Centro Civico con annessa osteria. A sua volta, la vecchia
Osteria Benassi diveniva la Tabaccheria di Giuanĕñ Guidarini, poi rilevata
da Elio Marani dalla metà degli anni ’50. Diversi anni dopo quest’ultima si
spostò di pochi metri, trasferendosi nell’attuale edificio sorto nell’area
della vecchia caserma dei Carabinieri.
Riguardo all’angolo di paese su cui intendiamo focalizzarci, disponiamo di una interessante foto di fine anni ’40, ossia del primo periodo della ricostruzione postbellica.
A fianco delle nuove
Scuole Elementari già edificate, la futura Via II° Risorgimento è ancora uno
stradone sterrato ove però si intravvedono in lontananza le prime pietre e
fondamenta del villaggio «Corea». L’edificio scolastico, peraltro, non è ancora
delle dimensioni attuali. Le fila di finestre nella facciata sono appena sei
(oggi sono undici a seguito dei successivi ampliamenti).
Sulla destra della foto compare
il magazzino ove per qualche anno furono stoccati i carburanti della
Cooperativa Terra e Lavoro, prima del loro trasferimento al Molino di Filo.
L’altra facciata del magazzino demolito a fine anni ‘50, quella rivolta verso
la Provinciale, la possiamo rivedere invece grazie ad un’altra foto avuta tempo
fa da Giuliano Dalle Vacche.
Centro di Filo,
fine 1947. Via Provinciale, angolo fra casa Annunziatina Bosi e il Magazzino
poi demolito (ora case Montanari - Vandini e Dalle Vacche). L’adolescente Gaetano
(Tino) Mezzoli, classe 1935, di Mario il carbonaio e Celeste (Lesta)
Dalle Vacche, posa dirimpetto alla propria abitazione, mentre sorregge il
fratello Giorgio (sul seggiolone) e Franco Tarozzi (in piedi sulla sedia).
Il nuovo borghetto
popolare sorse in poco tempo, molte case furono «tirate su» alla meglio, lasciate
grezze, poi completate di proprie mani, facendo qualche debito e lavorandovi
ogni giorno con gran lena nelle ore libere, dopo faticose giornate trascorse nei
campi o in fornace.
A poco a poco comunque
quelle tre strade divennero i bei vialetti alberati che possiamo osservare
nelle due cartoline fine anni ’50: case e strade che presero vita, proprio come
era nelle migliori speranze dei nuovi abitanti.
Filo,
fine anni ’50 – Via 14 Aprile
Filo,
fine anni ’50 – Via XX Settembre
Va aggiunta un’ultima annotazione: le
due cartoline, a differenza di altre dello stesso periodo, non recano, in
facciata, le rispettive denominazioni delle strade. Questo perché tali denominazioni
[Via II° Risorgimento, Via 14 Aprile e Via XX Settembre] furono
attribuite soltanto successivamente, a metà degli anni ’70.
Fino ad allora, quel borghetto di tre
strade, per tutti noi fu sempre e soltanto «la Corea».
Perché «Corea»?
Va ricordato che gli anni a cavallo del
’50, quelli delle prime lottizzazioni ed edificazioni, furono anche quelli della
guerra tremenda scoppiata in Asia. Ci furono milioni di morti in un conflitto
che vide il fronteggiarsi delle grandi potenze dell’epoca.
Ad un certo punto, a causa della guerra
di Corea, il mondo diviso ed arroccato in due blocchi parve infiammarsi ancora,
fino a far temere l’ennesimo e devastante conflitto planetario; poi, per
fortuna, i combattimenti cessarono nel ’53, grazie ad un armistizio, tuttora vigente,
che portò alla spartizione della penisola coreana fra due stati, uno a Nord ed
uno a Sud del 38mo parallelo, entrambi assoggettati a diverse ed opposte «sfere
d’influenza».
Il nomignolo «Corea» dato quasi
scherzosamente in quegli anni al neonato borghetto operaio, ovvero alla
residenza di chi, con tanto sacrificio, realizzava a poco a poco il sogno di un’abitazione
di proprietà, attecchì subito molto facilmente.
In un piccolo centro come Filo, che
aveva sofferto tante pene e distruzioni per cause belliche, si voleva forse in
quel modo esorcizzare l’idea stessa della guerra, contrapponendovi quella che i
paesani sentivano come la strada più giusta, quella ahimè ardua, ma pacifica,
fatta di fatiche e di sudore, ma anche di fiduciosa speranza in un mondo,
finalmente, di armonia e di pace.
Nessun commento:
Posta un commento