Filo, primavera del 1945 – I giorni della «Garusola»
di Agide Vandini
[Nella foto 1: la «Tenuta Garusola» di Filo]
Babbo Guerriero era stato proprio uno di
quei giovani dirigenti filesi al centro della conversazione, ma ciò che più colpiva
nel suo racconto e che, ora come allora, provocava scalpore, era il nome
altisonante del Senatore della Repubblica che aveva chiesto notizie di loro,
ovvero il letterato, antifascista e liberaldemocratico torinese Franco
Antonicelli.
Chi non conoscesse la straordinaria
biografia del celebre personaggio può documentarsi ricorrendo alle note di
Wikipedia e più ancora visionando il filmato della trasmissione a lui dedicata
qualche anno fa da Paolo Mieli[2].
Saggista, poeta, editore e tenace oppositore del fascismo da cui fu fortemente perseguitato, egli fu, in estrema sintesi, un grande animatore della vita culturale torinese alla stregua di Bobbio, Einaudi e Pavese.
[Nella foto 2: Sen. Franco Antonicelli (1902-1974]
Nel dopoguerra lasciò il Partito
Liberale per passare a quello Repubblicano, approdando infine alla Sinistra
Indipendente ove fu eletto in Parlamento per due legislature.
Ci si chiederà a questo punto quale
fosse il motivo di tanto interesse verso il nostro paesello da parte di un uomo
che, con buone ragioni, è ritenuto tuttora uno dei padri emeriti della nostra
Repubblica, con una premura tale da insistere con lo stesso Avv. Lo Perfido di
organizzargli un’amichevole rimpatriata coi filesi del CLN, incontro conviviale
che poi si tenne, con soddisfazione reciproca, al Ristorante Turismo di Argenta[3].
Gli Antonicelli e la «Garusola» di Filo
Il legame del Senatore col nostro
territorio proveniva da una passata e temporanea proprietà in loco, ovvero l’esteso
ed antico podere filese della Garusola. Quei terreni, negli anni della guerra,
erano appartenuti alla sua famiglia, ma quel che più conta è la circostanza in
cui la facoltosa famiglia venne a contatto coi giovani dirigenti filesi e il
fattivo contributo morale e materiale che, colpita da tanta intraprendenza, decise
di fornire, favorendo la loro causa e consentendo, di fatto, il decollo della temeraria
iniziativa cooperativa.
Quei giorni concitati ci sono stati narrati
una prima volta nell’ambito di una ricerca storica del 1979 [4],
poi, qualche anno dopo (1983) in alcuni accorati ricordi di Libero Ricci
Maccarini (uno dei protagonisti dell’epoca), infine, in anni più recenti (2002),
in una cronaca di Egidio Checcoli basata su notizie e memorie raccolte.
Ecco il bel testo di Egidio:
Un aiuto decisivo
allo sviluppo delle giovani cooperative filesi venne - prezioso quanto
inaspettato - dalla signora Renata Germano, proprietaria dell'azienda agricola Garusola
di Filo e moglie di Franco Antonicelli - liberale piemontese coetaneo di Piero
Gobetti, più volte arrestato durante il fascismo.
Il marito fu un
grande animatore della vita culturale torinese: fondatore dell'Istituto Storico
della Resistenza in Piemonte, dal 1968 al '72 l’Antonicelli fu senatore della
sinistra indipendente, eletto nelle liste Pci-Psiup.
Che straordinario
incontro fu quello tra Renata Germano Antonicelli e i braccianti filesi!
Il racconto di quel che avvenne [nelle primissime settimane dopo la Liberazione ndr], ricorda - a tratti - il Cuore deamicisiano. La giovane nobildonna piemontese, giunta in un piccolo paese sperduto e semidistrutto dalla guerra, pensava di venire a sbrigare i consueti affari legati all’amministrazione delle sue proprietà.
La Garusola
era stata affittata anni prima a un commerciante di vini di Lugo, tal
Tabanelli, ed era venuto il momento di controllarne le condizioni.
La Antonicelli trovò
decine di braccianti che stavano falciando il fieno.
Non si trattava, come
seppe presto, dei dipendenti del suo affittuario, ma di braccianti associati in
una peculiare organizzazione del lavoro chiamata Collettivo. La [signora]
Renata, da donna pratica qual era, decise di andare in fondo alla faccenda.
Incontrati i
dirigenti del Comitato di Liberazione di Filo, venne a sapere che la sua terra
era stata di fatto abbandonata. Le fu spiegato che sarebbe stato un peccato
lasciar marcire tutto quel fieno, visto che i braccianti disoccupati erano
tanti e volevano fare "qualche cosa", e che i terreni potevano essere
dissodati e nuovamente seminati[5].
Di fronte alla
passione di quella gente, Renata ruppe gli indugi: li avrebbe aiutati a
realizzare la loro cooperativa. Venne subito convocato l'affittuario e trovata
l’intesa per affidare temporaneamente l’azienda al Collettivo, finché
non si fosse arrivati al contratto di affitto vero e proprio con la costituenda
Cooperativa Terra e Lavoro. Per la verità, il Tabanelli non frappose
alcun ostacolo; si ritirò volentieri dall'affare perché riteneva quei terreni
poco fertili, e pur di liberarsene pagò l’affitto anche per l’anno successivo[6].
Ma la cooperativa,
per lavorare, aveva bisogno di soldi.
La Antonicelli decise
così di firmare garanzie a una banca di Lugo (e lo fece più di una volta),
affinché finanziasse la "Terra e Lavoro". Nello stesso giorno volle
mettersi in viaggio per la città romagnola. Non fu facile, per i filesi,
convincerla dei pericoli di quella traversata. Per andare a Lugo bisognava
infatti passare per Giovecca, dove i partigiani di Elic avevano stabilito posti
di blocco e, si diceva, "non andavano tanto per il sottile".
Una donna straniera e
ben vestita avrebbe sicuramente destato qualche sospetto, ed era meglio che
venisse accompagnata da chi, in quei posti, era conosciuto. Una donna tanto
intrepida, che si era sempre sinceramente schierata contro il fascismo, mal
sopportava l’idea di dover essere difesa da chi avrebbe dovuto invece
considerarla un’amica.
Ci volle tutta la
saggezza e la determinazione di Bruno Natali, Libero Ricci Maccarini,
Guerriero Vandini e di Felice Marangoni per farla infine cedere
alla prudenza: era meglio evitare rischi inutili, e così fu. L’amicizia tra
Renata Germano Antonicelli e i filesi è durata tanti anni, fino alla scomparsa
di quella donna straordinaria. Persino pochi mesi prima di morire - ormai
ultranovantenne - aveva telefonato ai dirigenti della "Braccianti"
per sapere come "andavano le cose dei suoi ragazzi” [7].
Quando Bruno [Natali]
o Libero [Ricci Maccarini] raccontavano a noi ragazzi queste storie,
tradivano sempre una certa emozione: quell'incontro aveva accelerato la
crescita della cooperazione filese e contribuito a migliorare la vita nel
paese, e ai filesi rimaneva l’orgoglio di non aver tradito la fiducia che
Renata aveva avuto in loro.
Un nuovo capitolo si
era aperto per il paese […] [8].
È dunque, questa, una pagina di storia
che va conservata e fatta conoscere in ogni suo aspetto, sia a chi l’avesse
dimenticata, sia alle giovani generazioni.
Per questo ho scritto queste righe. Per rinsaldare
la memoria di quegli avvenimenti, affinché non vada dimenticato l’antico
coraggio di quei giovani e la singolare, illuminata generosità degli
Antonicelli, un insieme di qualità e comportamenti, oggi così raro, che
potrebbe ancora esserci d’esempio.
Quando osserviamo con un certo orgoglio,
magari proprio alla Garusola, alcune belle realtà odierne, forse allora
è il caso di volgere un breve sguardo al passato e ricordare come esse siano nate
quasi dal nulla, spinte e sorrette da tanta speranza nel futuro. Soprattutto va
dedicato un pensiero devoto alle persone, piccole e grandi, che contribuirono
in modo così decisivo alla loro ideazione e realizzazione.
Alla famiglia Antonicelli, alla memoria
della signora Renata e del grande letterato, democratico ed antifascista, spetta
comunque un posto speciale nel nostro cuore, nonché, oggi come sempre, la
sentita riconoscenza dei filesi.
[1] La cooperativa costituita il 14 luglio del 1945
svolse fino al 1955 attività promiscue, sia agricole, sia di «Produzione e
Lavoro». Dieci anni dopo, nel 1955, l’attività agricola venne da essa
scorporata per dar vita alla Coop Braccianti di Filo, in seguito divenuta
l’attuale Coop. G. Bellini.
[2]Per le note biografiche si veda in https://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Antonicelli Per la
puntata di «Passato e presente» si veda in: https://www.raiplay.it/video/2020/11/Passato-e-Presente---Franco-Antonicelli-la-passione-per-la-liberta-6d73a5fe-1384-4f36-945c-f7b4757aa903.html
[3] Di quell’incontro a cui mio padre partecipò rammento
una foto di gruppo scattata davanti al ristorante, foto che purtroppo non ho
più ritrovato fra i ricordi paterni.
[4] B. Celati, R. Fabbri,
C. Occhiali, Cooperazione e lotte agrarie 1944-1949: Il Collettivo di
Filo d’Argenta, Ferrara, Istituto Gramsci, 1979, p.42.
[5] Riporto qui la testimonianza di Libero Ricci
Maccarini. Egli ci racconta come quella visita della signora Antonicelli non fosse
occasionale, ma esplicitamente richiesta dal C.L.N. filese. [In proposito, ricordo
che mio padre mi parlò di un viaggio avventuroso in treno dello stesso Libero
RM, in quei movimentati giorni post Liberazione]. Questo il testo: «[…] la
dirigenza locale, che si esprimeva allora nel Comitato di Liberazione Nazionale
- C.L.N. -, esercitò le pressioni necessarie, per suscitare l'interessamento
della proprietà ed ottenere la ripresa delle attività. Tant'è che, non
ricevendo delle risposte rassicuranti, si provvide a comunicare ad un grosso
affittuario il "sequestro" della tenuta "Garusola", di
circa duecento ettari, che poi risultò essere di proprietà di un illuminato
liberale, Franco Antonicelli, già presidente del C.L.N. piemontese,
schieratosi, successivamente, sul fronte più avanzato della cultura nazionale,
tanto da fare valere la propria presenza in parlamento quale rappresentante dei
lavoratori. L'azione intimidatoria del "sequestro" ebbe quale esito riflesso,
la visita della consorte del proprietario, arrivata a Filo per accertare lo
stato delle cose, e risoluta a rendersi conto della situazione, sebbene a
Ferrara ne fosse stata dissuasa, per certi "pericoli" che avrebbe
corso di persona, quando fosse venuta a contatto con energumeni quali noi
eravamo ritenuti dagli studi professionali frequentati in tale occasione nel
capoluogo provinciale». [L. Ricci
Maccarini, Dal Palazzone, Argenta, C.S. Offset, 1983, pp.85-86). La
sollecitazione alla proprietà, e l’avvenuta occupazione dei terreni da parte
dei nostri braccianti, vengono menzionate anche nel lavoro dell’Istituto
Gramsci che riporto più oltre.
[6] Scrive a tale proposito L.R. Maccarini: «Tutto avvenne nei termini di un sincero piacevolissimo
incontro, vieppiù animato dall'intelligenza e dall'avvenenza di quella
personalità veramente eccezionale, quale si venne a rivelare la signora
Antonicelli, che, poi, entusiasmata essa pure dai fervori ben manifesti in ogni
atto che segnava la ripresa della nostra comunità, non lesinò i favori a lei
possibili, ponendo a disposizione della costituenda cooperativa, per un anno e
gratuitamente, la propria tenuta e prodigandosi al fine dell'ottenimento di un
prestito bancario, perché non venissero meno i mezzi necessari per la
esecuzione dei primi lavori»[L.R.M., op. cit., p. 86].
[7] Cito qui la
ricostruzione storica dell’Istituto Gramsci che riporta ulteriori interessanti
dettagli «[…] Nell'estate del 1945 i braccianti del collettivo di
Filo occupano «La Garusola», per protestare contro l'assenteismo del negoziante
Tabanelli. Venuta a conoscenza della situazione, la signora Antonicelli viene
da Torino a Filo, per vedere di persona come stanno le cose, e decide a favore
dei braccianti: pur di liberarsi della cura di quei terreni, Tabanelli, in un
incontro con la Antonicelli presso l'avvocato Borgatti a Ferrara, si dichiara
disposto a pagarne l'affitto, senza l'uso, per tutta l’annata agraria 1945-46.
A quel punto la signora Antonicelli concede gratuitamente «La Garusola» al Collettivo
di Filo perché la semini, con l'accordo che una decisione per gli anni futuri
si prenderà al momento del raccolto. Ma la coltivazione della «Garusola»
potrebbe certo essere più produttiva se condotta più modernamente: è però
necessario denaro per l'acquisto di buoni semi, di concimi, di strumenti di
lavoro. È ancora una volta la signora Antonicelli a preoccuparsi della buona
riuscita di quell'esperimento collettivo, a concedere un prestito di tre
milioni e mezzo senza interessi. Una parte di quel denaro viene utilizzata per
l'acquisto di maiali (avuti a buon prezzo dai contadini dell'Appennino, gli
stessi che avevano fornito la carne alle brigate partigiane) distribuiti poi
alle famiglie dei collettivisti. Con il raccolto del giugno '46 il collettivo
di Filo salda il debito con la Antonicelli e riesce ancora a distribuire ad
ogni famiglia 8-9 quintali di grano […]».
[8] E. Checcoli,
Filo della memoria, Prato, Editrice Consumatori, 2002, pp. 151-154.
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