sabato 30 ottobre 2021

C’era una volta il vero football


Non è più lo stesso sport

di Agide Vandini

 

 

M’ero riproposto di non scrivere più intorno alle faccende di calcio, su di uno sport che fa sempre troppo discutere, ma di fronte alle polemiche di questi ultimi giorni ed alle tante opinioni improvvisate ed estemporanee, provo a dire la mia, quella, cioè, di un vecchio innamorato di questo gioco. Mi permetto un primo suggerimento: chi si sente gratificato da quanto offerto in questo momento sul patrio suolo, chi sa già tutto, chi ha già una risposta legittimista per ogni cosa e, semmai, sospetta che questa sia, sotto mentite spoglie, un’alzata di scudi e bandiere, può tranquillamente fermarsi qui.

 

***

Quanto sta capitando al mio Bologna, modesto di suo e scosso, bistrattato, cornuto e mazziato nelle ultime settimane, non è l’effetto di chissà quali complotti ai suoi danni, ma il risultato palese di una deriva calcistica in atto da tempo, di una serie di distorsioni regolamentari variamente interpretabili destinate, nel lungo termine, a mortificare, in particolare, le società meno protette della Serie A.

Molte modifiche regolamentari introdotte negli ultimi decenni hanno avuto l’effetto, soprattutto in Italia, di moltiplicare a iosa le decisioni e le discrezionalità arbitrali, con le deleterie conseguenze che stanno sotto gli occhi di tutti.

In presenza di cotanta discrezionalità, c’è chi ci perde e chi ci guadagna, ovviamente.

In altri mondi, come nel pettoruto calcio inglese, tutto sommato le innovazioni sono state assorbite in un ambiente sportivo tradizionalmente ispirato allo spirito originario di questo sport. Nel Bel Paese, invece, ove gli arbitri da sempre pretendono la scena, le innovazioni hanno comportato:

 

molte più decisioni del direttore di gara

= + discrezionalità dello stesso

= + possibilità di ingiustizie.

 

«Datemi una leva, ed io vi solleverò il mondo…» pare abbia detto un giorno il geniale ed italico Archimede da Siracusa. Allo stesso modo, le modifiche regolamentari, nate con l’intento di spettacolarizzare il gioco, hanno dato alle nostre ex giacchette nere, il destro per stravolgerlo e vanificarne lo spirito. Loro fischiano e fischiano. Fischiano sempre, tronfi e impettiti come il vigile Alberto Sordi. Ovviamente stanno attenti a non esagerare nei confronti di chi li tiene e li mantiene nella dorata élite calcistica.

Come tutti quelli che stanno ai posti di comando, essi sanno bene che se si fischia 50 volte in una partita anziché 25 (come avviene altrove), si raddoppia la possibilità di indirizzare la gara nella direzione voluta o preferita, o, comunque, meno problematica.

Per giunta, ora c’è il VAR, ovvero il modo di farne cattivo e improprio uso. Si è dato giustamente il benvenuto alla tecnologia applicata allo sport, ma il suo uso sconclusionato sta provocando ancor più ingiustizie e malcontento. Come ai tempi delle famose «grida manzoniane» si riesce a manovrare ad hoc la chiamata / non chiamata del nuovo mezzo tecnico: c’è sempre una regola che viene in soccorso, in grado di favorire il potente di turno. Qui sta l’inghippo.

Forse allora è il caso di soffermarsi su alcune innovazioni regolamentari che hanno portato a questo stato di cose, quelle che, almeno secondo il parere di chi scrive, hanno finito per snaturare lo spirito del gioco (un tempo…) più bello del mondo.

 

L’addio al principio della “volontarietà”. L’abbandono di questo vecchio principio alla base della punibilità dei falli e il passaggio a quello, più televisivamente controllabile, del “danno procurato”, ha generato una caterva di casistiche e di sotto-variabili di cui non si vede la fine. Non è più la «causa» di un intervento a determinarne la  fallosità, ma il suo «effetto», a volte ancor più soggettivo e interpretabile, peraltro sottoposto ad una serie di limitazioni e condizioni poco chiare, spesso difformi e in continuo cambiamento.

Le regole sono troppe e poco comprensibili, sia in campo che fuori dal campo. Sì, avete letto bene, anche sugli spalti e sulle poltrone, perché chi paga il biglietto, o l’abbonamento alla pay-TV, ha il diritto di capire e di immedesimarsi in ciò che sta guardando…

Pensiamo ai falli di mano puniti diversamente a seconda della parte del campo in cui sono commessi, ai rigori assegnati per tocchi palesemente accidentali, talvolta ininfluenti sullo sviluppo delle azioni di gioco. E’ in questo contesto che, nel suolo italico, prospera la simulazione dei giocatori più protetti e prende quota il protagonismo di certi arbitri, ai quali sta stretto il ruolo di mera figura di garanzia, ovvero la sola custodia del leale svolgersi della gara.

L’arbitro medio italiano vuol far sentire il più possibile la sua presenza, anela l’elogio e le lodi di chi lo ha prescelto, fino a subire da anni la cosiddetta «sudditanza psicologica» verso le grandi squadre. Sa, in tal modo, di compiacerne i numerosi tifosi e i media nazionali alla mercé dei desideri delle grandi piazze. Così moviolisti e gazzettieri, difendono a spada tratta il loro “spettacolo”, i loro clienti ed inserzionisti. Sim sala bim… ed escono fermi-immagine ad hoc per tranquillizzarci tutti. Ci dicono che sì, la mano del difendente non può che stare lì, ma il braccio è a 40 centimetri e non a 25, che il tocco c’è, che le gambe si toccano, che il giocatore è stato bravissimo a “conquistarsi il rigore” ecc.

Chiedo semplicemente a questi signori: ma quale virtù può vantare chi induce un arbitro a sanzionare furbescamente gli avversari, regolarmente poi definiti sciocchi, fresconi ed ingenui? Lo spirito sportivo dove sarebbe? Nel far fessi gli avversari? Coglione, insomma, è il tipo che casca nella trappola e “morta là”, direbbero i miei lontani compagni artiglieri… E le gomitate? Beh quelle si interpretano e si rigirano come si vuole… Prima però, mentre il giocatore sta a terra e ferma appositamente il gioco per dar modo al VAR di irrompere sulla scena, è meglio, per il direttore di gara, guardare il colore della maglia che ne trarrebbe beneficio…

 

La commedia. La “commedia” pedatoria all’italiana va così in onda quasi ogni sera. Basta mettere il “corpo davanti”, poi lasciarsi cadere, e tutti a dire che provocare quel fallo è stato un gran colpo di classe… E intelligente, soprattutto. Se poi si va in situazione di vantaggio, guai se non si cade ad ogni passo, non si sviene, non si perde  tempo, non si provocano interruzioni di gioco, magari poi ci si riprende e si va anche a far gol pochi secondi dopo, fra gli osanna di chi ama e  venera i propri guitti e cascamorti…

L’arbitro, il VAR, i commentatori televisivi, coi loro comportamenti, tutti si sono ormai adattati a questo modo di intendere lo spettacolo (non lo si chiami sport, per carità…) e lo assecondano. Nessuno, guarda caso, ha finora pensato a come mettere un freno a simulatori e commedianti… Eppure basterebbero multe da assegnare a fine gara, magari da parte degli addetti al VAR: tanti bei soldi da devolvere in beneficienza ogni volta che questi pagliacci antisportivi alzano la mano e chiamano in falso, oppure si buttano di proposito per ingannare l’arbitro…

 

Cartellini gialli e rossi. Se lo scopo dello sventolio di provvedimenti a go-go (in Italia ormai si ammonisce quasi ad ogni calcio di punizione) è penalizzare il gioco difensivo, direi che si sta ottenendo l’effetto contrario. Chi viene premiato in realtà è chi gioca in contropiede. Tutti indietro, file strette e baricentro basso, mediana a pressare, cattura della palla per innescare la ripartenza del giocatore più veloce: arrivano gialli e rossi in campo avverso come se piovesse… Per indurre il portatore di palla all’errore, lo  si assale da ogni parte. Una volta si prendeva punizione se si entrava in due contro uno e, a parità di fallo, si favoriva il difendente. Quando è stata soppressa quella regola? Boh…. La prassi deve aver superato la norma…. Molti falli, poi, sono diventati “tattici” attribuendo all’arbitro una capacità di interpretazione, o di previsione dello sviluppo del gioco, che non ha e non può avere. Forse però lo scopo delle nuove norme è anche quello di far aumentare i posti di lavoro in campo, col subentro di uomini dalla panchina al posto degli ammoniti. Viene da pensare ad un escamotage ben gradito dall’asso-calciatori, come lo è di certo l’esorbitante e crescente numero delle sostituzioni…

 

Le sostituzioni. Purtroppo ho abbastanza anni per poter raccontare come, ai miei tempi, non si potesse sostituire proprio nessuno. Per nessuna ragione. Per questo nel ‘66 perdemmo inopinatamente dalla Corea… Non si poté sostituire Bulgarelli dopo l’infortunio avvenuto nel primo tempo e si giocò quasi tutta la partita con un uomo in meno.  Poi un bel giorno arrivò il “Dodicesimo”, il “Tredicesimo” e fin lì ci si poteva stare… A ruota ne sono poi venuti altri due, poi l’infoltimento delle panchine e, infine, complice il Covid,… ora siamo a cinque sostituzioni: praticamente si ricambia la metà dei giocatori di movimento ogni partita… Indietro non si tornerà, pare… Di certo così i calciatori allungano le loro dorate carriere; non per nulla oggi i 40enni in campo sono assai comuni…Anche questo ulteriore impiego di giocatori, tuttavia, favorisce chi dispone di rose ampie ed omogenee, con l’effetto di aumentare il divario fra le squadre con mega-diritti televisivi e le altre…  

Stiamo proseguendo nella trasformazione radicale di questo sport. Ulteriori modifiche si imporranno per giungere all’arbitraggio digitale, ovviamente sotto la tutela delle squadre più potenti e dei loro lacchè. Mancano ancora i time out, il tempo reale, i falli tecnici, le espulsioni temporanee, i tiri liberi, poi avremo stravolto del tutto il gioco del calcio, sempre che si giochi ancora con i piedi e con la palla rotonda…

 

Basta confronti col passato. In conclusione, dunque, niente “dai al ladro”, niente fumus persecutionis, ma ricorrendo ugualmente agli antichi detti latini viene da pensare al sempre utile cui prodest ?[a chi giova?] Chi le ha volute queste norme e perché? Chi ne regolamenta le interpretazioni all’italiana? Rispondere a questi interrogativi basta e avanza.

Su queste considerazioni, dedicate a chi ama davvero lo sport, si può concordare o dissentire, ma si converrà quanto meno sul fatto che quello di oggi è un calcio ben diverso dalla concezione originaria, da quella cioè di cui ci siamo innamorati. Tanti ovviamente i nuovi aspetti tecnici ed evolutivi:  il numero sempre crescente delle gare ufficiali, i materiali e le attrezzature migliorate, i più razionali sistemi di allenamento, la prevenzione e la cura degli infortuni, ecc. Troppe, però, anche le intervenute variazioni regolamentari.  Neppure il modo di attribuire le autoreti è più lo stesso: ai cannonieri di oggi si assegnano persino le deviazioni fortuite dei difensori, dopo che già si avvantaggiano di un numero esorbitante ed irragionevole di rigori…

Rivolgo allora una supplica a chi ci dispensa quotidianamente statistiche da strapazzo, a quelle noiose coppie di tele-commentatori (i telecronisti single alla Carosio sono ormai in via di estinzione…) che non sanno più a quali numeri, medie, scostamenti e percentuali affidarsi per le loro cosiddette “acute analisi”.

Sentir evocare con termini iperbolici certi realizzatori di oggi, opposti a frustrati difensori in preda al terrore, ridotti a belle statuine (se vogliono terminare le partite e sperare di evitare improvvisi e cervellotici rigori...), e poi sentirli confrontare ai grandi del passato, ai Riva, Boninsegna e Pascutti non si può proprio.

Statevene buoni, abbassate i toni,  non fate comparazioni assurde. Soprattutto non confondete le cose. Ignorate, se vi sta a cuore la storia di questo sport, i tabulati e le videate che vi compaiono durante le telecronache.

Abbiate pietà di chi segue il vecchio football da una vita e soprattutto mettetevi il cuore in pace: neppure uno degli scudetti, vinti durante gli anni del calcio-sport è confrontabile con quelli recenti del calcio-business.

Risparmiateci almeno questo…

 

PS: A titolo puramente esemplificativo, facilito la vita a chi voglia rivedersi il secondo rigore assegnato giovedì sera al Napoli. Può farlo cliccando qui:

  Napoli-Bologna 3-0: il secondo rigore


L’attaccante napoletano (in calzoncini neri) sta andando verso l’uscita dall’area. Non c’è pericolosità apparente. Il difensore tenta di inserirsi fra gamba e palla. Nel farlo sfiora la gamba dell’avversario che raggiunge la palla senza significativo impedimento. L’attaccante, come si può vedere, già si trascina furbescamente il piede destro pronto alla caduta. Stramazzerà a terra: rigore e nessun intervento riparatore del VAR… E’ una partita di calcio o di basket? Sono regole sbagliate, interpretazioni ad capocchiam, o entrambe le cose? Il VAR che ci sta a fare se possono essere assegnati rigori come questi? A ognuno di noi la sua sentenza…

3 commenti:

Gianni Galamini ha detto...

Basta copiare da tennis. 3 challenge per ogni allenatore e tempo stop come nel basket
Poi i piguini non giocano a calcio

Benny ha detto...

La troppa discrezionalità introdotta nei regolamenti e gli accentuati personalismi degli arbitri, hanno prodotto macroscopiche difformità decisionali, accentuate spesso dall’utilizzo del VAR, generano continue polemiche sul campo, ma soprattutto in TV. Tecnici che si lamentano per mancati rigori, o per rigori concessi inopinatamente agli avversari, dopo l’intervento del VAR. Una infinità di episodi che evidenziano, come regole non chiare ed uno strumento eccellente, ma mal gestito possono creare danni, anzi disastri al calcio.

Filese ha detto...

Ciao Gianni! Pochi challanges a discrezionalità delle panchine potrebbero aiutare, ma a decidere sarebbero sempre gli arbitri, i permalosissimi arbitri italiani, su casi, allo stato delle normative, soggettivi ed opinabili. Credo piuttosto che bisognerebbe agire a libello regolamentare introducendo il più possibile “oggettività”, ripristinando l'involontarietà a tutto campo e limitando la discrezionalità dei direttori di gara a pochi semplici, essenziali ed intuibili casi. Far decidere ad un arbitro provvedimenti drastici sulla base di ipotetici sviluppi dell’azione è molto rischioso. Lo vediamo tutti i giorni. Soprattutto, per aiutare l’arbitro, servono norme anti-simulazione. Ora, in campo, si ricorre più all'inganno che non alle proprie abilità e capacità tecniche. I provvedimenti (massime punizioni, cartellini gialli e rossi) oggi come oggi appaiono sproporzionati ai falli commessi e, poiché si gioca a calcio coi piedi e non a pallacanestro dove le partite finiscono 100 a 88, quelle decisioni diventano quasi sempre determinanti. Fortuna e casualità possono far parte del calcio, ma la componente "discrezionalità arbitrale" va limitata e semplificata se si vuol stare al fondamentale principio "vinca il migliore" (e quindi non il più furbo o il più aiutato...)