lunedì 8 novembre 2021

Un nuovo romanzo storico dedicato alla Bassa Romagna…

 

E’ in libreria  «Il gradino di terra» di Agide Vandini

Beniamino Carlotti ne parla con l’autore

 


 Agide Vandini, amico di vecchia data, scrittore e ricercatore per passione, dopo la recente pubblicazione di tre avvincenti romanzi  seicenteschi,  ci propone in questi giorni un nuovo romanzo storico. E’ ambientato come i precedenti nel nostro territorio, tra il finire del Settecento ed i primi dell’Ottocento e la collocazione della vicenda romanzesca in un periodo di così grandi cambiamenti politico-sociali, appare di indubbio interesse storico e letterario.

Il Secolo dei Lumi, come ben sappiamo, vide l’emergere, un po’ in tutta Europa, di grandi Idee di Libertà ed Eguaglianza e culminò nella rivendicazione violenta di maggiore giustizia economico-sociale.

 Anche il territorio cispadano ed il suo contesto umano ne furono coinvolti, a seguito della calata dei francesi coi loro ideali giacobini  e rivoluzionari, che diede luogo a grandi illusioni ed anche a locali “Insorgenze” fino all’anacronistica “Restaurazione” ed ai successivi primi moti “Risorgimentali”.

 Questo breve amichevole colloquio con l’autore, è allora l’occasione per chiedergli come ha pensato di affrontare temi di questa portata, sia pure nell’ambito di vicende in parte romanzate (b.c.).

 

 

Agide, dopo la trilogia seicentesca, ora proponi ai lettori un nuovo romanzo collocato fra fine Settecento e primo Ottocento. Quali sono i punti in comune con gli altri tuoi lavori?



Si tratta, come per i tre precedenti, di un romanzo ambientato nel territorio della Bassa Romagna, un’area geografica che, verso il finire del Settecento, aveva subito grandi sconvolgimenti alla sua conformazione naturale: da regione dominata dalle paludi qual era nel ‘600, quasi due secoli dopo era divenuta una campagna in via di bonificazione. Oltre alla collocazione geografica, un altro punto in comune coi romanzi precedenti è certamente l’attenzione che ho voluto dedicare al mondo degli ultimi, alle tante speranze negate alle classi più deboli. Anche questa trama, inoltre, è autoconclusiva, con vicende che si chiudono al termine della narrazione, nel corso della quale mi sono permesso qualche vago cenno alle lontane vicende seicentesche.

 

Il «gradino di terra»: ci puoi dire a cosa si riferisce esattamente il titolo? 

 

Titolo e sottotitolo del romanzo indicano l’alto e imponente argine del Fiume Nuovo venuto a dominare la Bassa Romagna ravennate ed Estense, territorio al centro della mia narrazione. Grazie al «gradino di terra» sono emerse grandi estensioni coltivabili che danno vita a grandi speranze nel mondo contadino e bracciantile, figure legate mani e piedi alla terra, alla storica «gleba» da cui dipendono da secoli. Sono uomini e donne ai margini della storia, ancora incapaci di elevarsi da uno stato che, di fatto, permane di «semi-schiavitù». Le vicende del romanzo riguardano in particolare un paio di famiglie di bassa e modesta condizione che s’ imparentano fra loro in un rapporto sempre più stretto e solidale. I loro sogni e speranze devono fare i conti con un mondo rurale antiquato e retrivo, ove esse vivono le tante disillusioni del loro tempo. Sono i colpi di coda di un «ancien regime» che resiste all’affermarsi di grandi idee ed aspirazioni come l’Indipendenza e l’Unità degli Stati Italiani, nonché la sognata emancipazione della povera gente.

 

Quali sono gli eventi storici più importanti che fanno da sfondo al romanzo?

 

Oltre all’epopea degli «scariolanti» vissuta dai protagonisti, l’evento più importante negli anni a cavallo del secolo (1780-1821) è senza dubbio la calata dei francesi in Romagna con le tragiche conseguenze che travolgono la città di Lugo. Il «Sacco» subito dalla sua popolazione nel luglio del1796 viene rivissuto nelle pagine del romanzo. Nell’arco di un ventennio, poi, si assiste al susseguirsi incalzante di ribellioni e mutamenti politici. Sono eventi che, a poco a poco, deludono e mortificano molte speranze ed illusioni e, con esse, un patriottismo ai primi albori, ancora ben distante dalla classe degli umili e dei diseredati.

 

Nei tuoi romanzi della Trilogia Seicentesca c’è anche una componente avventurosa e la consistente presenza di pirati e briganti. E’ così anche stavolta?

 

Certo. L’ambiente in cui ci si muove ha cambiato aspetto, ma Il brigantaggio nel primo Ottocento è alquanto diffuso nella Bassa Romagna, fino a confondersi con un vago ribellismo antinapoleonico. Il maggiore bandito dell’epoca, l’imprendibile Michele Botti detto Falcone, è fra i maggiori protagonisti del romanzo. E’ un capobanda di cui si è sempre saputo relativamente poco, sicché ho potuto inserirlo senza difficoltà fra le mie vicende romanzesche. Ovviamente ho assai arricchito il personaggio, pur nel rispetto di ogni elemento basilare della scarsa biografia. Molti episodi briganteschi, peraltro, vissuti dai protagonisti, li ho tratti dalle cronache dell’epoca, a volte con qualche attribuzione fantasiosa, ma muovendomi nel solco della portata e delle peculiarità del fenomeno banditesco di quel periodo.

 

Dove possiamo trovare il tuo romanzo e come proseguirà la Trilogia Risorgimentale da te definita «Romagna Ardente»? Puoi darci qualche anticipazione?

 

Come per i precedenti, il romanzo è in autoedizione ed a tiratura limitata. Lo si potrà trovare nelle principali edicole e librerie dei dintorni, ossia di Argenta, Filo (presso Edicola Bellettini – distributore di benzina -), Longastrino e Alfonsine. In settimana sarà acquistabile in rete in un nuovo sito a cura di Giralibri di Argenta. Non appena disponibili fornirò tutti i link relativi ai miei romanzi sull’«Irôla». Nel giro di pochi mesi seguiranno gli altri due titoli facenti capo alla Trilogia, ognuno con una propria trama autoconclusiva, ossia: La spada tra le spine (1821-1830) e Ottocento Romagnolo (1831-1892).

 

3 commenti:

Benny ha detto...

A questo punto, non mi rimane che augurare ...... "Piacevole lettura a tutti".

Filese ha detto...

Trascrivo quanto ricevuto da Domenico Mongardi, vecchio amico originario di Castel del Rio, ex dirigente di una importantissima azienda torinese, grande appassionato di storia e folclore della Romagna. Domenico ha letto "Il gradino di terra" in soli due giorni: "L'ho finito di leggere poco fa; mi è piaciuto molto lo stile narrativo sulla scia della trilogia. La trama, come al solito, è affascinante e, come se fosse un giallo, vuoi scoprire in fretta come andrà a finire. Il contenuto, sullo sfondo delle vicende storiche del periodo, rispecchia la drammatica situazione sociale di miseria del bracciantato delle campagne romagnole. Tra l'altro avevo già a suo tempo acquistato e letto il libro di Lazzari sulla sommossa ed il sacco di Lugo. Lo riprenderò in mano e mi rinfrescherò la memoria. Ti ringrazio nuovamente e mi sono ripromesso di rileggerlo con calma tra qualche giorno. Ciao e buona serata."

Filese ha detto...

Pubblico anche la bella recensione che l'amico Beniamino Carlotti, al termine della lettura de' "Il gradino di terra" mi ha gentilmente inviato: il libro è ben scritto, la trama avvincente, un preciso ritratto delle nostre terre in epoca napoleonica, accurata la descrizione del periodo storico, in cui si snodano le vicende descritte. Gioie, paure, dolori e speranze muovono personaggi storici e di fantasia, in un complesso intreccio narrativo, guidato da un imprevedibile destino che lega le famiglie protagoniste in maniera quasi imprescindibile. Oserei quasi definirlo un "poema epico", in cui i lati più oscuri e gentili dell’animo umano , sono sapientemente rappresentati e mediante i quali si conserva e si tramanda la memoria e l’ identità di una classe sociale da sempre ai margini della storia.