Compendio di storia
del territorio filese e delle sue vie di comunicazione
di
Agide Vandini
Il
breve compendio storico articolato in cinque paragrafi, che qui propongo suddiviso
in due parti, l’ho scritto su richiesta, poche settimane fa, quale «Introduzione
al territorio filese» per un libro alfonsinese di prossima pubblicazione. Il
testo si occuperà della storia del territorio comunale in generale e delle sue
vie di comunicazione in particolare, ne spiegherà origini, denominazioni, ecc.
Conterrà anche una parte del lavoro (vie e strade del Borgo Ravegnano in Filo) qui
dedicato qualche anno fa allo stesso tema (si veda https://drive.google.com/open?id=0B17SSzLxL1RbSVE2SUVad1BSUm8 - Quaderno del 26.8.2011 - «Per le vie di
Filo») una guida storica alle vie del paese divulgata e presentata
durante una bella serata estiva organizzata per il ciclo de’ «I Talenti».
Non
ci saranno invece, nel libro alfonsinese, le due «Appendici» guidate che ho inserito
in questa anteprima per l’«Irôla», ove propongo alcune interessanti immagini tratte
dalla Cartografia Geologica Regionale reperibile sul web[1].
Si tratta di Tavole molto circostanziate che confermano, col rigore della
scientificità, le mie ricostruzioni del territorio più antico, anche quelle proposte
in passato sulla base di pochi indizi e, sia pur ragionevoli, deduzioni.
Le
immagini cartografiche, che consentono la sovrapposizione Antico / Moderno, aiuteranno
a cogliere gli aspetti geo-morfologici della trattazione ed anche a meglio
comprendere le tematiche storico-medievali già affrontate (si veda in
particolare in questo blog: https://drive.google.com/open?id=0B17SSzLxL1RbMm1rZHRodlVqaTg -
Quaderno
del 15.5.2014 - «Quando a Filo si pescavano gli storioni»).
Il
Compendio, pur includendo necessariamente immagini ed argomenti da me già
trattati, vuoi per la forma assai sintetica, vuoi per il focus geo-morfologico,
vuoi infine per l’arricchimento cartografico in Appendice, costituirà - io
credo - per il lettore, uno strumento di straordinaria immediatezza ove poter cogliere
tutta la complessità e vastità delle grandi trasformazioni subite nei secoli
dal nostro territorio (a.v.).
E’ sempre interessante, in tempi di
rinnovato interesse verso l’antico ambiente naturale, risfogliare qualche
pagina della nostra storia lontana, anzi lontanissima, e, quasi come in un
viaggio nel tempo, tornare alle origini dei nostri villaggi.
Il territorio, quello ove si
insediarono i primi abitanti di Filo lungo il Grande Fiume, fu per secoli ben
diverso da quello ricevuto in eredità dai nostri nonni, bisnonni e trisavoli,
uomini che, nell’arco temporale della loro vita, hanno vissuto grandi mutamenti
dell’habitat, radicali trasformazioni
iniziate con la rettificazione fluviale di fine ‘700 e proseguite con le estese
bonifiche eseguite fra ‘800 e ‘900. Noi, nel nostro tempo, abbiamo potuto
vivere appena l’ultimo atto, ossia il prosciugamento totale delle Valli del
Mezzano avvenuto alla metà del XX° secolo.
Per risalire al paesaggio del
passato, va detto che la conformazione territoriale di Età Moderna ci è ben
chiara: abbiamo il conforto di molte Mappe. Più ardua è invece la ricostruzione
dell’ambiente e del territorio alto-medievale delle origini, poiché, come ben
sanno gli studiosi di storia locale, cartografia d’epoca, fino alla metà del ‘400,
non ce n’è. Per gli anni, però, cui possiamo far risalire l’insediamento del
villaggio di Filo, disponiamo di fonti bibliografiche e documentali molto
interessanti che ci consentono ricostruzioni ragionevoli e senza troppi voli di
fantasia.
1.
Perché «Filo»? Come e quando è sorto il villaggio? Perché fu chiamato così?
Il costituirsi del nucleo abitativo,
come per ogni villa dell’area
meridionale del Delta Padano, va necessariamente collegato alle mutazioni
morfologiche del territorio e, con esse, al determinarsi delle basilari risorse
per il sostentamento umano, incluse le vie di comunicazione, sia d’acqua che di
terra.
La foce ed i rami deltizi del Po,
fin da epoche remote, hanno subìto periodici spostamenti per via naturale soprattutto
allorché i fiumi non disponevano di arginature e di conseguenza il territorio,
quello interposto fra il Po e l’Appennino, era coperto da estese paludi e
specchi d’acqua. L’interrimento degli alvei dovuto agli apporti delle torbide[2],
era causa di innumerevoli variazioni al corso dei fiumi nella pianura basso-romagnola.
Secondo le fonti storiche tuttavia, il tracciato del ramo deltizio alle cui
rive venne ad attestarsi il villaggio di Filo (ramo denominato Po di Primaro, il
primo per chi proviene dal Mediterraneo) sarebbe stato, almeno in parte, provocato
artificialmente in epoca bizantina (VIII sec.).
Il taglio avvenne, così si
scrisse, per proteggere l’entroterra ravennate dalla pressione longobarda. Sta
di fatto che il nuovo corso, o per intervento umano come si tramanda, oppure per
spiegabili vie naturali, ebbe vita per incanalamento delle acque provenienti
dal Volano in alvei già esistenti, al
di sotto delle valli salate e di direzione ovest-est, alvei comunemente detti
del Padoreno o del Vatrenum.
Lo scorrimento delle acque fluviali
nella nostra bassa, piatta e con minime pendenze, produce, secondo le leggi
della fisica, alvei naturali ad andamento molto tortuoso, e ciò aveva portato, verosimilmente
in epoca tardo imperiale romana, al raddrizzamento del Vatrenum nel lungo tratto Bastia - Menata, ossia al drizagne Fili (così citato negli statuti
Duecenteschi ravennati[3]),
accortamente affiancato, al lato sinistro, da una strada selciata[4]
[v.
Cartografia in Appendice: Tavola 01].
Se l’antico rettifilo aveva permesso
la navigazione fluviale nel Vatrenum,
e facilitato i trasporti via terra, i lavori di arginatura e fortificazione a
scopo difensivo dell’VIII° secolo, dovettero ancor meglio proteggere la
salinità delle valli limitrofe (e con essa l’incremento dell’attività
saliniera) nonché favorire con ogni probabilità gli insediamenti rivieraschi
come Silicatam (forse Case Selvatiche),
citato in un Diploma di Ottone I[5],
e verosimilmente anche di Philus.
La denominazione pare risalire a
quegli anni e derivare dal greco Phylai
(in origine: gruppi o tribù delle città-stato) un termine che, fin dalla
riforma ateniese di Clistene del VI° sec a.C., aveva assunto il
significato di «reggimento guidato da un
filarca». Il Phylai, in sostanza, analogamente
al Bandon trasmessosi ad altro abitato
a noi vicino, era un termine che definiva unità o reparti militari
dell’esercito bizantino dislocati nel territorio[6].
Il villaggio di Philus prese perciò ragionevolmente vita
nell’Alto Medio Evo, intorno all’VIII-IX° secolo, nel luogo oggi chiamato Molino di Filo. Qui, a ridosso del Po di
Primaro (o Po Vecchio), venne edificata la più antica chiesa di cui si abbia
notizia nel territorio (dopo la Pieve argentana di san Giorgio): Santa Maria in Filo.
2.
Ricostruzione del territorio antico, sue risorse ed organizzazione.
Alcune risorse ed attività
rivierasche del villaggio di Filo a cavallo del Millennio si traggono dalla
preziosa pergamena ravennate dell’anno 1022, allorché Bergunzo, ed altri coloni,
prendono a «livello» dall’arcivescovado una striscia di terra emersa lungo il
corso del fiume da Caput de Arre[7]
fino all’ecclesia Sanctae Mariae in
loco qui dicitur Filum. In quei pochi palmi i coloni possono scavarvi un
canale, praticarvi caccia, pesca e, soprattutto, bonificare e coltivare quanto
strappato alla palude.
25 set 1022 -
Vitale Bergunzo ed altri coloni ottengono a «livello», a Filo, una lunga
striscia di terra[8]
Grande risorsa e fonte di traffici è però da tempo, nel territorio, il
sale ricavato dalle valli di settentrione, oro bianco che si forma per via naturale
nei morarium, raccolto, depositato in
apposite tumbae ed arre lungo le rive del fiume e di lì
trasportato nei luoghi di smercio[9].
Vediamola su carta, l’area che ci interessa.
La mia ricostruzione medievale della
parte di Riperia relativa al
territorio di Filo si basa su indicazioni topografiche (villaggi, fosse e
canali) del Diploma di Ottone I (962), di alcune pergamene ravennati
(Fantuzzi), della novella del Sacchetti[10]
e della Descriptio Romandiolae del
Card. Anglic (1371), indicazioni che ho sovrapposto alla particolareggiata cartografia
di primo Ottocento (1814) riportata più oltre. [Si veda la Cartografia Geologica
in Appendice: Tavole 02-03-04]
Ricostruzione e
posizionamento dei villaggi filesi in epoca basso-medievale
1:Hostaria di
Lapaccio; 2: Hospitale S.Giovanni Battista in Lombardia;3: Convento dei Dossi;
4: Chiesa di S.Maria in Filo
La Riviera ovviamente è assai più
estesa e ne conosciamo con precisione confini e giurisdizione. Dagli Statuti
duecenteschi ravennati[11]
(XV) sappiamo che l’intera Riperia
andava da «San Biagio al mare» poiché gli hominum
de ultra Padum sono quelli qui stant
et steterunt ultra padum Santo Blaxio usque ad mare.
I villaggi che la compongono
godono di una certa autonomia e appartengono al Distretto di Ravenna che ne
nomina il Podestà. Argenta, invece, che pur fa capo a Ravenna, all’epoca è già
contesa da Ferrara e possiede, dalla fine del sec. XII, un suo Comitatum, una sua completa autonomia
amministrativa e suoi specifici Statuti.
Nel già accennato art. XV gli
stessi primi Statuti ravennati indicano confini con Argenta «da ripristinare» e
da ciò si deduce come la Riperia, pur
subordinata religiosamente alla Pieve argentana di San Giorgio, fin da tempi
più antichi sia, al civile, una dipendenza del Comitatum e Districtum Ravennae. (et teneatur potestas providere quod confines, qui consueverunt esse et
stare inter districtu Ravenne et Argente sint et stentet reduncantur in
pristinum statum ut consueverunt).
Argenta, dopo un paio di secoli di
conflitti coi ferraresi, viene affittata a tempo indefinito agli Estensi (1344).
Con questa cessione la cunfina di
S.Biagio, fino ad allora limite di districtum
e comitatum, diventa confine politico,
fra Stato Pontificio e Ducato Estense. E’ quanto si riscontra nella Descriptio dell’anno 1371, censimento
dell’epoca. Vi si indica che il comitatum
Ravennae confina con quelli di «Cervia,
Cesena, Forlì, Faenza, Casemurate, Bagnacavallo e Argenta». Le due sponde della Riperia
Fili sono dunque, entrambe, parte integrante della Provincia Romandiolae, come si osserva nella mappa
ricostruita dal Mascanzoni. Il confine nord che la divide dal ferrarese è
l’argine della Valle del Mezzano (l’«argine circondario Pioppa»).
La Descriptio Romandiolae fornisce la consistenza dei villaggi
rivieraschi con le antiche denominazioni e permette una valutazione
d’importanza economico-politica della riviera (sale, traffici e risorse
vallive). Compaiono nella Riperia ben
249 focularia (117 in corrispondenza
delle attuali due frazioni di Filo) quando Russi ne conta 70, Conselice 33,
Massalombarda 35, Ravenna civitas
1743.
Descriptio - Mappa Mascanzoni (part.)
|
Descriptio - Consistenza dei villaggi del
territorio
|
***
Appendice
alla Parte Prima
In doppia
linea blu, a nord di Filo e lungo la direttrice Bando - Menata di
Longastrino, è facilmente osservabile il corso delle acque fluviali all’epoca
in cui fu tracciato l’antico drizzagno di Filo (da Bastia a Menata) sul Vatrenum - Padorenum (dall’VIII
secolo: Po di Primaro).
Quest’ultimo tratto di fiume, contrassegnato nella carta geologica dalla
linea continua azzurra, forse realizzato in epoca tardo imperiale romana,
permise navigabilità (e la contestuale viabilità per la strada selciata al
suo fianco) ai traffici provenienti da Caput
Silicis (Conselice), e dal bolognese, in direzione dell’Adriatico e di
Spina-Comacchio.
Fig. 01
Orma dell’antico
Drizzagno di Filo
|
|
Fig. 02 – Orma
del «Ruptulum»
|
Fig. 03 – Orma
del «Morticium»
|
Fig. 04 – Orma
«Canale dei Ravennati»
|
I tre
particolari cartografici qui riportati (Tavole 02-03-04) confermano con
chiarezza i percorsi iniziali delle tre derivazioni del Po di Primaro delineate
nella mia «Ricostruzione e posizionamento dei villaggi filesi in epoca
basso-medievale»[12].
Vi si osservano in colore blu il Ruptulum
a Case Selvatiche, costeggiante l’attuale «Via Porto Vallone», con prosecuzione
lungo la recentemente rimossa «Strada vicinale della Palazzola»; indi il Morticium nel Borgo Maggiore di Filo, di
cui vediamo il suo punto d’inizio in prossimità dell’incrocio principale del
paese (uffici ex CMR), l’andamento obliquo del suo corso verso nord fino alla
zona torre - acquedotto e, da qui, il suo proseguimento lungo la Via Bindella
(ex Via Dei Dossi); infine possiamo notare l’orma del Canale dei Ravennati, a Filvecchio (poi Molino di Filo) con
derivazione dal fiume nei pressi di Via dei Laterizi e la sua prosecuzione lungo la direzione Via
Fossetta - Fossa Signora.
(1 – continua)
[1] Cartografia Geologica
della Regione Emilia-Romagna: https://applicazioni.regione.emilia-romagna.it/cartografia_sgss/user/viewer.jsp?service=geologia
[2] Interrimenti che
generano tuttora, nei nostri fiumi, lo scorrimento «pensile» delle acque all’interno
degli argini.
[3] Statuti 1180-1260,
XXII. Cfr A. Zoli- S. Bernicoli, Stat. Sec. XIII com. Ra., Ravenna, P.T.
L. Ravegnana,1904, p.28.
[4] Cfr. G. Uggeri, La romanizzazione dell’antico delta padano, in «Atti e memorie Deputazione
Ferrarese di Storia Patria» s III, XX, 1975, pp. 37, e 167-168.
[5] Archivio Storico di Modena, Diploma 19
dicembre 962.
[6] Si noti come Filò, il trèb ferrarese e d’alta Italia, conservi ancora il significato più
antico del termine Phylai.
[7] Antico toponimo nei
pressi di San Biagio. Le Arre (v. nel
prosieguo) sono aie di ammassamento del sale.
[8] L’integrale
trascrizione, traduzione e commento della pergamena sono contenuti in A.Vandini, Filo la nostra terra, Faenza, Edit, 2004, pp. 38-41, testo cui si
rimanda il lettore per l’approfondimento degli argomenti oggetto di questa
trattazione, nonché per le fonti bibliografiche e documentali qui non
riportate.
[9] Ibidem, pp.124-126 (nota 6). Quanto
importante fosse il sale e quanto antica ed ambita fosse la sua raccolta lo si
deduce da queste interessanti note storiche reperibili in rete (http://win.storiain.net/arret/num153/artic4.asp): «All'inizio
del VIII secolo era importante il ruolo di Comacchio. Il più antico documento
su questo commercio è un trattato di navigazione tra Liutprando e la città,
datato 715, in cui il re longobardo concede ai milites clomaclenses, in cambio di tributi quasi esclusivamente in
natura, il diritto di risalire con le loro imbarcazioni il Po, il Mincio,
l'Oglio, l'Adda, e il Lambro. L'attività di questo commercio, al quale
successivamente si aggiungeranno anche i negotiatores
delle città lombarde, era il sale, con cui venivano scambiate derrate
alimentari come olio, grano, carne di maiale, vino ecc. Il punto essenziale del
trattato fu l'istituzione di un'organizzazione amministrativa lungo i fiumi:
alle varie stazioni d'approdo si trovavano degli ufficiali, riparii, ai quali i milites di Comacchio versavano i tributi per la Camera Regia .
[10] Lapaccio e il morto, dal
«Trecentonovelle» di Franco Sacchetti (1330-1400). E’ la novella XLVIII
ambientata a Ca’ Selvatiche,
integralmente riportata e commentata in
A. Vandini, op.cit., pp. 171-174.
[11] Gli articoli
degli Statuti ravennati dedicati alla Riviera, integralmente trascritti e
tradotti, sono contenuti nell’Appendice di A.Vandini,
Ibidem, pp. 175-182.
[12] Pubblicata una
prima volta in A.Vandini, L’Antico Comune della Riviera di Filo, Ferrara,
SATE, 1981, p. 30 e meglio circostanziata in A.Vandini.
Filo la nostra terra, cit., p. 43,
mappa anche qui riproposta.
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