Foto,
aneddoti e notizie storiche del calcio filese che abbiamo amato di più
di
Agide Vandini
Non è stato facile,
né semplice riprendere il filo interrotto più di due anni fa. La parte II delle
«Vecchie Storie» si è rivelata più difficoltosa del previsto, soprattutto nella
raccolta e riordino del materiale, a volte ridondante oppure sparso per ogni
dove, mentre le poche narrazioni dei protagonisti appaiono spesso slegate,
episodiche, prive di un contesto, di un filo conduttore ove inserirle con un
po’ di logica. Alla fine mi sono attenuto a quanto raccolto, commentando, a
memoria, quei vecchi tempi e le tante belle foto reperite.
Appendice
al Capitolo I°
Prima di affrontare
la Seconda parte della nostra storia calcistica devo tornare alla Prima, ai
tempi dell’U.S. Filese, con una doverosa appendice, ed aggiungervi alcune immagini inedite provenienti
dal prezioso album di famiglia di Robert
Brunelli. Sono le foto che riporto qui a fianco.
Nella foto 1,
scattata nel vecchio campo dell’Oca - Pisana posano in maglia bianca, da
sinistra, il giovane Beppóñ Principale, Dino di Lavezzola e
Bajuchéñ Serafini.
Le altre sei
foto paiono scattate in un’unica occasione, davanti ad un pubblico foltissimo,
nel nuovo campo Sportivo Giorgio Marconi. Lo stemma dell’U.S. Filese è ben visibile
sulle maglie.
Possiamo
ammirarvi in particolare Tullio d’Rös,
il centravanti filese forse più forte del dopoguerra[1].
Lo vediamo dapprima in posa nel pre-gara (a sinistra nella foto 2), poi in
alcune azioni di gioco (foto 3 e 4), infine mentre (foto 5) segue l’azione
poderosa di un compagno, forse di Lavezzola.
Pippi Geminiani commenta così le immagini: «Nella foto 3 si
vede che Tullio ha nel mirino il
pallone. Nella foto 4 per me lo brucia come da sua consuetudine: era un
fulmine. Rivedo poi i tanti tifosi alla partita: che bello!».
Nelle ultime foto vediamo invece il nostro
portiere dell’epoca, prima inoperoso (foto 6), poi in una plastica uscita in
presa alta (7).
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(1)
(2)
(6)
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(3)
(4)
(5)
(7)
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Capitolo
II° – I tempi dell’CSC Filo (1950 - 1967 circa)
Anche la foto 8,
per la verità, appartiene al periodo dell’U.S. Filese, ma il piccolo
calciatore al centro, quasi nascosto dal pallone abbrancato come un oracolo,
è Pippi, alias Aderito Geminiani,
di cui riporto tante preziose testimonianze, uno dei protagonisti dell’era
che sta per iniziare, quella più gloriosa del calcio nostrano.
E’ una foto (già
pubblicata in questo blog con la bella storia del ragazzo), che ci dà l’idea
del cambiamento, del cambio di dirigenza, del nuovo corso che si instaura nei
primi anni ‘50 sulle ceneri della defunta Unione Sportiva.
La nuova
società, il C.S.C. Filo (Circolo Sportivo Culturale) è una specie di
Collettivo dello Sport che fa leva sullo spirito unitario e solidale, quello
che, negli anni ’50, domina in paese anche in campo economico, politico e
sindacale.
I dirigenti,
fra cui spicca per attivismo ed alacrità l’onnipresente Cincióni (Vincenzo Natali), si appoggiano molto sugli organismi
locali, sul rinato movimento cooperativo e sul volontarismo paesano. E’ forse
il solo modo per produrre quasi dal nulla i mezzi per la pratica del gioco
del calcio: dalle divise, confezionate dalle nostre magliaie, al graduale e
necessario miglioramento delle strutture del Campo «Giorgio Marconi».
Si punta tutto
sui giovani, rinunciando ai costosi «forestieri», del resto l’apporto
dei filesi, sia quantitativo che qualitativo, è davvero prodigo in ogni
ruolo, tanto da alimentare più squadre in campionati diversi[2].
Così al campo
sportivo, oltre al CSC Filo (che partecipa prima ai campionati UISP, poi
FIGC, infine ad entrambi), si alternano in quegli anni i piccoli Pionieri, gli
Assi (squadra dei socialisti composta da molti giocatori del Borgo Molino,
fra i quali Flina Roi), la squadra dell’«Ente» (composta cioè da giovani
assegnatari), i «ragazzi», prima nel campionato CSI (promosso dalla
Parrocchia), poi in quello Juniores FIGC.
I calciatori
della prima squadra giocano gratuitamente o quasi, molti lavorano in fornace,
o in campagna, o comunque in attività della cooperazione filese, sicché
possono allenarsi (ovviamente di pomeriggio - l’illuminazione del campo verrà
molto più tardi -) senza perdere soldi in busta paga. Questo permette due
allenamenti settimanali, proficui e regolari.
Il campo, grazie
al lavoro volontario, viene recintato di rete metallica, si rimuovono le penzolanti
corde di ferro; con l’arrivo dell’acquedotto si possono dotare gli spogliatoi
di WC e doccia calda; si innalzano reti altissime dietro le due porte
per limitare al minimo i palloni scagliati nelle campagne vicine (con palese
sollievo dei confinanti).
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(8)
1947 circa. Campo dell’Oca-Pisana. In piedi, da
sinistra: Aldo Geminiani (Macafër),
(Ginét), Rossi Lino (Pigrìz), Tirapani Medardo (Jorky), Cesari Eusebio (Šebio detto anche E’ Dadeñ), Aurelio Brandolini, Dal Pozzo Senen (Sédaro). Accosciati da sinistra:
Dario, Mino Ricci Maccarini (Minacci),
Giovanni Pollini (Giuanaza),
Belletti Iseo. Il bimbo col pallone fra le mani è Aderito Geminiani (Pippi). Collezione Giovanni Principale
(Pél). Riconoscimenti di Bruno
Folletti (Falco).
(9)
CSC Filo, anno 1950 circa. In piedi da sinistra: Menotti Quattrini, Pél Principale, Ménio
Signani, Švìdar Cesari, Gardóñ Coatti e il dirigente Walter Checcoli. Accosciati: Garžòñ Fuschini, Marcilèñ Ricci. Seduti: Gég’ Bolognesi, Šébio Cesari, Giuàni
Montanari, Rascel Ricci.
(10)
CSC Filo, anno
1950 circa. Rascel Ricci e Garžòñ Fuschini.
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Si fa tutto questo
per poter partecipare, dopo un paio d’anni di dominio fra gli «Amatori»
dell’UISP, al campionato di Prima Divisione della Federazione Italiana Gioco
Calcio.
L’organizzazione,
grazie a Cincióni non potrebbe
essere migliore: ogni settimana viene affisso davanti al Bar Sport (quello di Lìdo d Taròz) l’elenco
dei convocati; per ogni gara interna viene fatta stampare una locandina
colorata e affissa nei tanti negozi che all’epoca prosperano in paese. Nella
parte superiore del manifesto l’immancabile «Campo Sportivo Giorgio Marconi»;
nella parte inferiore: «Si gioca con qualsiasi tempo».
(11)
Anni ’50. Giuanèñ Guidarini e e’ Mas-cì Romagnoli.
(12)
Filo, anni ’50. Campo «Giorgio Marconi». Un gruppo
di ragazze infreddolite assistono alla partita: la penultima partendo da
sinistra è Mariolina Bolognesi (Mariulina
‘d Scanelli).
Il pubblico
accorre in massa. Nelle partite di cartello, in particolare quando si gioca
contro i tradizionali rivali di Lavezzola, Voltana e Longastrino, non c’è quasi spazio lungo la
rete ove sono assiepati gli spettatori. Dalla strada e dalle case vicine
s’odono ininterrotte le urla, gli schiamazzi, gli incitamenti. «Alé, alé Azzurri!!!» è il grido che
più galvanizza i nostri eroi e sono le voci stentoree di Ibanez Bellettini (e’ Baròñ) e di Giuanèñ
d Sécondo (Natali) quelle che fan tremare anche i vetri delle case vicine.
Ma viene pure scandito a ripetizione il grido Fììlo-Fìììlo-Fìììlo… Ricordo, poi, un raro coretto dei primi anni
Cinquanta che si cantava anche in camion o in pullman durante le trasferte:
Evviva Fìììlo…, Evviva Fìììlo…
Evviva Filo e la Libertà!
Quando il
pallone viene scaraventato nelle terre vicine, seminate, arate, coltivate,
aride o fangose, poco importa: è una gara a chi riprende per primo il pallone
per calciarlo in campo, solitamente accompagnato da scherzose grida di
giubilo.
Vincere, si
vince parecchio, a volte anche con goleade
memorabili. Personalmente ricordo un lontanissimo 11 a 0 dato al povero
Tredozio, con Ciclone in porta (in
maglia rosso fuoco).
Quasi sempre
si disputa il campionato romagnolo. In trasferta, squadra e accompagnatori, si
spostano dapprima seduti nel cassone di un camion, poi nel comfort di una
corriera, ma non sempre tutto fila per il liscio, come a Comacchio per
esempio, dove finisce a calci e botte fra tifosi.
Méto, che segue sempre la
squadra, è lì presente quel giorno. Sul camion al ritorno qualcuno brama
vendetta e intende restituire pan per focaccia alla prima occasione, ma Méto -
così almeno mi raccontò il figlio Manëla
- è di un’altra pasta e quella volta ha un’idea migliore. «No, date retta a
me, le botte ai comacchiesi non servirebbero a nulla… Prepariamo per loro un bel po’ di vino e
ciambella. Credetemi, quella sì, sarà una lezione che non dimenticheranno…»
Non c’è quasi
mai un allenatore vero e proprio, i giocatori si autogestiscono negli
allenamenti, fino a quando non torna a giocare in paese, dopo sfortunate
esperienze di Serie A, nella Spal e nella Sampdoria, il tenace Beppóñ Principale. Lui dirige la
squadra, la allena con metodo e, sia pur da calciatore anziano, si presta in
tanti ruoli, dà qualche dritta tattica, è il leader più appropriato per un gruppo di giocatori di per sé fortissimo ed
ambizioso.
Con Beppòñ tornano a giocare a Filo i
migliori giocatori che, per un anno, nella stagione 57-58, se ne sono andati a
cercar gloria e qualche spicciolo in altri lidi: chi ad Alfonsine (Rascel e Mazalöca), chi a Voltana (Pippi,
Ménio, Ravàja e Marciléñ), e
chi infine a Longastrino (Picchi, Biédla,
Rumanì e La Legge).
Ora, però, dopo
una bella sistemata alle strutture, si può partecipare anche a Filo alla
costosa Prima Divisione e, per i rivali di sempre, da adesso in poi
sono dolori.
A Lavezzola,
Voltana, San Biagio, Longastrino si corre ai ripari ingaggiando i migliori
calciatori della zona, si allestiscono anno dopo anno squadre sempre più
forti, vengono dispensati gettoni di presenza ancora più allettanti, ma non
c’è nulla da fare in quel periodo.
Il CSC Filo,
composto da tutti filesi, trascinati da un Rascel e da un Pippi
nel pieno delle forze e soprattutto
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(13)
CSC Filo, anno 1950 circa. In piedi da
sinistra: Gég Bolognesi, Šébio Cesari, Giuàni Montanari, Ménio
Signani, Garžòñ Fuschini, Marcilèñ Ricci, Rascel Ricci. Accosciati: Švìdar
Cesari, Pél Principale, Menotti Quattrini, Gardóñ Coatti.
(14)
CSC Filo, anno
1950 circa.
Garžòñ Fuschini, Ciclóne Ferrucci, Gég’ Bolognesi.
(15)
CSC Filo, anno 1950 circa. In piedi da
sinistra: Gég Bolognesi, Šébio Cesari, Giuàni Montanari, Marcilèñ
Ricci, Rascel Ricci.
(16)
CSC Filo, anno
1950 circa.
Garžòñ Fuschini, Ménio Signani, Gardóñ
Coatti.
(17)
CSC Filo, anno 1950 circa. In piedi da
sinistra: Šébio Cesari, Gardóñ Coatti, Ménio Signani, Minacci Ricci
Maccarini, Zabòv Barbieri, Marcilèñ Ricci, Cagnina Leoni; Accosciati: Garžòñ
Fuschini, Ciclóne Ferrucci, Bataja Natali, Rascel Ricci, Gég’ Bolognesi.
(18)
CSC Filo, anno 1952 circa. In piedi da
sinistra: Catóna Siroli (dirigente
col cappello), l’arbitro, Pél
Principale, Ciclóne Ferrucci, Ménio Signani, Gég’ Bolognesi, Garžòñ
Fuschini, Švìdar Cesari in abiti
civili, Rascel Ricci, un dirigente
non identificato. Accosciati: Šébio
Cesari, Giuàni Montanari, Puntlìna Andalò, Marcilèñ Ricci, Minàcci
Ricci Maccarini.
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(19)
CSC Filo, anno 1951 circa. In piedi da
sinistra: Menotti Quattrini, Garžòñ Fuschini, Ginét Penazzi, Giuàni
Montanari, Gardòñ Coatti, Scatlèbar Negrini. Accosciati: Rascel Ricci, il dirigente Walter
Checcoli, Cianì Salvatori, Pél Principale, L’Anàdra Squarzoni. Disteso: Jorky
Tirapani.
(20)
1953 circa. In piedi da sinistra: La Föca, Gigino Galamini, Töni Xella,
Marcilĕñ Ricci, Cagnina, Švìdar Cesari, Garzòñ
Fuschini (che appoggia il braccio su Piröcia
Leoni), poi Mènio Signani, Tachini, Pél Principale, Ciclóne
Ferrucci, Giuàni Montanari, Mazalôca Bellettini, Gardòñ Coatti, e’ Maröc Tarozzi, Rumanì Forlani.
Accosciati: Cianì Salvatori, Gèg’ Bolognesi, Šébio Cesari, Picchi
Saiani, Tullio d Rös, Rascel Ricci, Menotti Quattrini, Pistaia Romagnoli
e Ghìt Leoni.
(21)
CSC Filo, anno 1953 circa. In piedi da
sinistra: Zabòv Barbieri
(accompagnatore), Gég Bolognesi, Šébio Cesari, Ménio Signani, Pél
Principale, Ciclóne Ferrucci, Maza-l’ôca Bellettini. Accosciati da
sinistra: Marcilèñ Ricci, Garžòñ Fuschini, Picchi Saiani, Tullio d Rös, Rascel Ricci.
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(22)
Gég’ Bolognesi e Mazalöca Bellettini in un torneo notturno
(23)
CSC Filo, fine anni’50. In piedi (da
sinistra): Gég Bolognesi, Rascel
Ricci, Ménio Signani, Ciclóne Ferrucci, Beppóñ Principale, Pél Principale
e Šébio Cesari (col cappotto scuro).
Accosciati (da sinistra): Picchi
Saiani, Garžòñ Fuschini, Maza-l’ôca Bellettini, Töni Xella, Maröc Tarozzi e La Legge
Ricci.
(24)
CSC Filo, fine anni ‘50. In piedi da
sinistra: Ménio Signani, Rascel
Ricci, Béppóñ Principale, L’Anàdra Squarzoni, Rumanì Forlani, Pippi Geminiani, Pél
Principale. Accosciati: Picchi Saiani,
Garžòñ Fuschini, Marcilèñ
Ricci, Gég Bolognesi.
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(25)
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(26)
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(27)
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Foto 25:
Pél Principale e Garžòñ Fuschini a fine anni ’50.
Foto 26:
Un fantastico amarcord
dell’osteria dei tempi andati e di amici mai dimenticati. Il primo a sinistra è
Nino Gennari (di’ Frëb), che sta
parlando al fotografo; col fazzoletto rosso al collo è il mitico Méto Tirapani, già custode e tuttofare
al Campo Sportivo, su di cui ho scritto alcune delle mie (e sue) storie più
belle; al centro e con gli occhiali scuri, il maestro Angelo Rossi (Lino d Rös, per gli amici Pigrìz), fedele tifoso bolognese;
vestito di scuro segue la partita a carte il nostro dutór, ossia il mitico Franco Fiorentini, fra la gente filese che
amava così tanto e da cui era visibilmente riamato; infine, con le carte in
mano, Luciano Salvatori (Cianì d Ramo),
l’unico della combriccola tuttora vivente, già massaggiatore del CSC Filo e
gestore del cosiddetto «Bar Centrale», oggi Bar Giada, un tempo semplicemente, l’ustarìa dla Bianca.
Foto 27: Fine anni ’50. La squadra del Bar Oscar di Porto Verrara formata quasi completamente da giocatori filesi. In alto da sinistra: Carublòñ(1°), Biedla (3°), Ménio (5°), La Legge (6°); In basso: Töni, Marciléñ, Picchi, il locale Aldo Zappaterra (da cui proviene la foto) e L’Anàdra.
dotati di una classe innata, a loro volta coadiuvati dall’abnegazione, grinta e ferrea volontà dei tanti leoni in maglia azzurra, hanno una marcia in più e, alla fine, riescono sempre a prevalere.
In casa poi la
squadra è quasi insuperabile. Il campo di gioco ha un ottimo drenaggio naturale,
ma, pur regolare, è fra i più stretti e gibbosi; le ali larghe e saettanti di
quel periodo non riescono a trovare spazi, mentre viceversa Rascel e Pistaja, abituati da sempre a muoversi in pochi metri, fra rimbalzi
spesso inaffidabili, sono abilissimi nello scambio stretto e veloce. Pistaja, poi, e’ fiôl de’ Mas-cì, è devastante sulla fascia sinistra, ubriacante nell’uno
contro uno. Quando s’ingobbisce, fa secchi i terzini e di mancino, specie se
imbeccato col contagiri da Rascel, ha
un tiro di tutto rispetto. Picchi
dall’altra parte è l’ala tornante dal gioco ordinato e diligente, capace di
mettere al centro palle e suggerimenti più che invitanti.
Al centro dell'attacco, ahimè, dopo Tullio ‘d Rös,
non ne abbiamo più avuti di gran livello, ma quanto ad opportunismo il buon Biédla si dà da fare, marca anche i
rinvii del portiere, di goal ne sbaglia un sacco e una sporta, è anche spesso
in off-side, eppure, quasi sempre la caccia dentro. Dove c’è da cogliere al
volo un rimbalzo, un rinvio maldestro, intuire una mezza papera del portiere
avversario, lui c’è.
Detto degli eroi
e dei leoni di centrocampo come Marcilèñ (Pippi lo descrive così: «polmoni a
mantice moto perpetuo, due fasi: difesa e attacco, notevole tecnica») e come Ravaja e compagni, va sottolineato il
valore fondamentale di difensori che forse oggi non si vedono neppure in
categorie più alte. Mi riferisco a Gég’
Bolognesi, preciso, ordinato, tempista eccezionale, all’eroico Ménio, un leone del centro difesa, ed al
potente quanto tecnico Carublòn,
difensore laterale sì, ma da ex attaccante sa tirare certe bombe al volo che fanno
tremare le vene ai polsi… anche di chi, ora, vi sta riportando questi emozionanti
ricordi.
Sì, perché a
fine allenamento Ugo Ricci, detto Carublòn,
suole piazzarsi sulla punta dell’area di rigore alla sinistra della porta vicina
agli spogliatoi, col cugino Gino Ricci detto Rascel (ma da ragazzino chiamato Pistulìna), appostato all’incrocio fra la linea dell’area e quella
di fondo campo, sulla destra della stessa porta. Ha il preciso incarico di scodellare a ripetizione
il pallone sulla mattonella in cui gravita l’aitante e focoso terzino, sicché, figuriamoci: cadono
tutti lì quei palloni, con una precisione quasi millimetrica!
Carublòñ fa due passi in avanti e di collo
destro tira grandi sassate, si fa per dire… In realtà sono veri e propri
missili terra-aria che vanno tutti ad incocciare, con gran fragore di legni e
ferri di sostegno, sotto l’incrocio dei pali alla sinistra del portiere. Ma chi
ce l’ha poi il coraggio di stare lì, per un buon quarto d’ora, a subire legnate
a tutto spiano? Chi mai? Ehm... Io. All’epoca sono un ragazzino di 13 o 14
anni, che gioca fra i Pionieri ed abita a due passi dal campo, a cui piace
soprattutto stare lì a vedere i «grandi» allenarsi, per vivere le loro ansie
e sogni, sperando ed agognando di indossarla, poi, un giorno, quella maglia
azzurra.
Sicché succede
che mi presto, su richiesta di Ugo dla
Léna (mio vicino di casa), in pratica a fare da raccattapalle, anche perché
le porte durante la settimana non hanno alcuna rete di corda (viene montata solo
per la gara), i palloni in campo sono al massimo due ed occorre pur qualcuno
che rimetta la palla a Rascel.
Ecco dunque perché ricordo così bene quei
momenti e quei palloni fischianti che neppure tento di deviare, né mi sogno di
frapporre il benché minimo ostacolo. A pararne uno non ci penso neppure…
All’inizio temo di venir prima o poi centrato da qualche siluro fuori controllo,
poi, poco a poco, mi accorgo che lo scarto fra un tiro e l’altro è minimo, va da
«radente la traversa», a un metro più sotto, sempre a fil di palo. Posso perciò
stare più che tranquillo… Devo dire, per onestà, che in tante volte non ho mai preso
una pallonata e che i due cugini si sono sempre dimostrati molto soddisfatti
della mia «preziosa» presenza…
Quanto a Ravaja Dal Pozzo, un sanbiagese che teneva
morosa a Filo, mediano macina-chilometri, ricordo il cambio di colore della sua
maglia a fine gara, da azzurro a blu scuro, tanto era inzuppata di sudore. Qualche
anno dopo, quando quelle divise finirono a noi ragazzi, la maglia numero «4» era sempre tanto scolorita e ingiallita da
poterla scambiare per una di un’altra muta. Quella maglia fra di noi era molto
ambita, era una specie di inno alla fatica, un monito, una vera bandiera in
campo…
In questa
rassegna dei nostri vecchi campioni non voglio tralasciare i portieri che si
alternarono in quegli anni, dopo che Ciclone
Ferrucci aveva dato il meglio di sé come centrocampista. Avevano tutti soprannomi
che ricordavano pennuti da cortile, ossia: Maza-l’ôca,
L’Anàdra e La Cöca. Certo non il massimo per il ruolo.
Che l’Anàdra
potesse sguazzare fra le «papere», ad esempio, a noi spettatori pareva quasi
una predestinazione, ma in realtà erano tutti e tre buoni, anzi ottimi
portieri. Il migliore? Uber Bellettini, detto Maza-l’ôca, un po’ pazzoide e avventuroso nelle uscite, come si
richiedeva allora in quel ruolo, ma per me aveva una marcia in più, e non solo rispetto
agli altri portieri filesi.
Con questo fior
di campioni il CSC Filo si conquista ben presto, nel campionato 1958-59,
quell’avventura nel Campionato di Promozione destinata a rimanere per sempre
nella storia del paese. Ricorda Pippi
Geminiani: «Tornai a Filo nell’anno 58-59. Disputammo il campionato di Prima Divisione
e finimmo secondi dietro il Codigoro. Facemmo lo spareggio a Cesena, contro chi
non ricordo: al nostro seguito due pullman. Finì 0-0 e bastò per salire in
Promozione, quinta categoria nazionale».
E’ di quegli anni
il bellissimo filmato di cui disponiamo e che ho già presentato in questo
blog: http://filese.blogspot.it/2014/04/il-calcio-storico-filese-finalmente-in.html. Ne consiglio
caldamente la visione a chi l’avesse perso; questo è il link: http://youtu.be/_z_R3Go90-E
Affrontiamo la
nuova prestigiosa categoria a viso aperto, con tutti giocatori filesi, anzi no,
c’è una eccezione: il numero «9». Per quel ruolo, dove fatichiamo sempre, viene
ingaggiato un portuense, certo Fagioli, un centravanti di movimento che
esordisce alla grande a Filo, proprio contro l’altra matricola, il Codigoro. Quel
giorno gli ospiti beccano nel nostro campo niente meno che 9 (dico nove) reti
contro 1. Di quei nove gol, sei sono di Fagioli, lo ricordo bene, perché, poi, praticamente
non ne ha più fatti…
L’inizio di
questo primo campionato comunque è portentoso. Ci racconta Pippi: «La matricola Filo è in testa, a punteggio pieno, dopo tre
giornate. Si va in trasferta a Molinella, lo stadio è pieno, in tribuna e nel
prato; in campo si battaglia su ogni palla e l'arbitro concede una punizione
agli avversari. Fra lo stupore generale si leva una voce baritonale; è Ibanez [e’ Baròñ] che grida così, più o meno: “Ehi
omarino vestito di nero stai ben attento eh!” Questo dà forza e vigore a noi giocatori,
mentre tutta la tifoseria filese, appostata sotto il bandierone azzurro, si associa
a quel grido contro l'arbitro, sia pure con intenzioni pacifiche».
A Voltana, uno
dei nostri tifosi più accaniti, Scatlèbar,
sommerge di improperi arbitro e squadra di casa, finché, ricorda Cianì ‘d Ramo, un sostenitore di parte
opposta piomba all’improvviso e molla un gran cazzotto a Batàja, che sta seguendo la partita a fianco di Scatlèbar. Il pacifico Wander, detto Batàja, è piuttosto ben piantato. Preso
lo sganassone, fa due passi e abbranca l’incursore rifugiatosi dietro un pioppo.
Il fusto però rimane fra i due in combutta. Partono un paio di robusti strattoni
verso il pioppo, finché s’ode un sinistro scricchiolio di costole: lì Batàja, detto anche Penna Nera, molla il malcapitato che, ahimè, finisce in ospedale.
Ma Pippi ricorda anche, in quell’anno
favoloso 1959-60, la memorabile partita di Argenta allorché «sotto di due
gol, riuscimmo in una rimonta strepitosa, con una mia rete di testa ed una
di Marciléñ in acrobazia:
grandeee...».
Quel
campionato vede il Filo finire con una buona posizione in classifica. Non
dispongo della graduatoria finale, ma Pippi
mi ha inviato il ritaglio di giornale di una classifica parziale, oltre a
quella finale dell’anno successivo. Le riporto a fianco. Dalla loro
sovrapposizione si evince che quell’anno il campionato viene vinto
dall’Argentana, retrocede il Sabbioncello, mentre nel girone si aggiungono
Copparese e Conselice.
|
(28)
Classifica 1959-60
(parz.)
|
(29)
Classifica 1960-61
(fin.)
|
Nel secondo anno di Promozione viene persino a
giocare a Filo il miglior attaccante di Longastrino. E’ Caio Tarlazzi, valida ala destra, buon giocatore, ottimo elemento
per la categoria[3].
(30)
e (31)
Anni ’50 –
Premiazione
(32)
Brindano con Ménio Signani (da sinistra): Pio
Brunelli, Cianì Salvatori, Garzòñ Fuschini, Pippo Ghiselli e Pirèñ
Tagliati.
|
(33)
Il brindisi
prosegue…
(34)
Qui brindano (da sinistra): Càcar Lazzari, Slancio Ghiselli, Carublòn
Ricci, Puntlìna Andalò, Pél Principale e Pio Brunelli.
(35)
Da sinistra: Gàli Leoni, Céncio
Natali, Ghìt Leoni, Rumanì Forlani, Luciano Natali, Settimio
Coatti, La Gioia Signani, Sereno Vandini, Marcileñ Ricci, Richèñ
Quattrini e Böcia Corelli.
|
La squadra si
comporta onorevolmente, il piazzamento è buono anche al secondo anno, ma il
Campionato di Promozione ha oneri che vanno evidentemente al di là dei mezzi
che Filo può mettere in campo.
Il finanziamento
dell’attività da qualche anno avviene col conferimento di bietole da parte
degli agricoltori locali, contadini e cooperative, bietole raccolte da
volontari, giocatori, dirigenti e semplici tifosi armati di forcone e tanta
volontà e passione[4]. Quella
forma di finanziamento purtroppo non basta più di fronte alle nuove necessità.
Pur senza mai retrocedere sul campo, il C.S.C Filo è costretto a rinunciare
alla prestigiosa categoria, ovviamente perdendo per qualche tempo i giocatori
migliori.
Si ricomincia
perciò da capo, dalla Prima Divisione, da ottime seconde linee come Piröcia e Rumagna, nonché dalle nuove
leve che si stanno facendo largo nei campionati ragazzi (CSI e poi Juniores),
ove ha militato anche chi scrive, prima di debuttare, come altri compagni,
nella squadra maggiore.
(36)
CSI Filo – Campionato Ragazzi 1961. In
piedi: Trava Brusi, Pirini Montanari, Rubért Zuffi, Tarapeñ Nanni, Tapper
Venieri, Lélo Pollini.
Accosciati: Nóce Cavallini, Perry Vandini, Uscarì Pezzi, Pëcia Leoni e Fabióñ Filippi.
|
(37)
CSI Filo –
Campionato Ragazzi 1962. L’attacco bomba: Tarapéñ Nanni, Perry Vandini, Nóce Cavallini, Furmìga Minghetti,
Fabión Filippi.
|
NB: In grassetto
i giocatori che debuttarono nella squadra maggiore.
Il ricambio c’è;
con nuove motivazioni, nuova voglia di dar filo da torcere alle squadre rivali
nei tanti derby che vengono a riproporsi. Il C.S.C. Filo riprende il suo posto
e nel giro di pochi anni, anche grazie a qualche prestigioso ritorno (Rascel, Gég’, Picchi, Pistaja e Marcilèñ) riesce di nuovo ad imporsi.
Torna a vincere il
(38)
CSC Filo, anno 1961 circa. In piedi da
sinistra: Biédla Sacrato, Irmo
Costa, X1, L’Anàdra Squarzoni, Rumagna Roi, La Giöia Signani, Picchi Saiani
(in abiti civili). Accosciati: La Legge Ricci,X2, Töni Xella, Garžòñ Fuschini, Rumanì Forlani.
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(39)
CSC Filo, anno 1961 circa. In piedi da
sinistra: La Giöia Signani, La Cöca Biavati, Rumagna Roi, Irmo Costa, Gég
Bolognesi, Piröcia Leoni.
Accosciati: Picchi Saiani, Nuritèñ Felletti, Rascel
Ricci, Töni Xella, Pistaia Romagnoli.
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campionato e ad appuntarsi al petto il
tricolore, simbolo di vittoria, del prestigio locale che gli appartiene ormai
per lunga tradizione.
E’ però,
quello di quegli anni, un mondo in grande cambiamento, nuove abitudini si
fanno strada fra la gente; lo sport anche quello così amato dai filesi, perde
gradualmente quota, importanza e spettatori.
Si fanno largo
i tornei notturni, come quello di Argenta, con la partecipazione di campioni
delle serie maggiori, anche di serie A. La tifoseria ne è attratta, nei bar
durante la stagione estiva non si fa che parlare di chi mai si potrà vedere
in campo, gli incassi vanno a mille, mentre la società organizzatrice
trattiene per sé la gran parte dei proventi.
Dopo una bella
e dignitosa partecipazione dei nostri al torneo del 1964, l’anno successivo,
sull’onda di ripetuti successi che ci portano in finale (vedi foto a colori),
ci si fa prendere troppo la mano, si vuol strafare, si sperpera, si
scontentano giocatori e tifosi[5].
Finisce in una figuraccia.
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(40)
CSC Filo, anno 1965 circa. In piedi da
sinistra: Romano Soprani (detto Cunsòrzi),
Nuritèñ (Felletti), Piröcia Leoni, Pistaia Romagnoli, Irmo Costa, Rascel Ricci, Gég’ Bolognesi,
Céncio Natali. Accosciati: Pëcia Leoni, Panizeñ Panizza, Talöja
Minguzzi, Marcileñ Ricci, Rumagna Roi e il massaggiatore Cianì Salvatori.
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(41)
CSC Filo, anno 1964 circa. Torneo
Notturno di Argenta. In piedi da sinistra: Céncio Natali, X, Nuritèñ
(Felletti), Piröcia Leoni, Pippi Geminiani, Gianfranco Zeli
(giocherà nella Ternana in serie A), Pistaia
Romagnoli. Accosciati: Rico Geminiani,
Montebugnoli, Maietti (Spal), Carublòn Ricci, Gég’ Bolognesi.
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(42)
CSC Filo, anno 1964 circa. Torneo
Notturno di Argenta. In piedi si riconoscono i dirigenti Romano Soprani e
Gigi Zanotti, (rispettivamente il 3° ed il 5° da sinistra). Fra gli
accosciati: Gèg’ Bolognesi e Carublòñ Ricci (rispettivamente il 3°
ed il 5° da sinistra).
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La società vive
nuovi giorni difficili; il C.S.C Filo, una quindicina d’anni dopo l’U.S. Filese,
chiude i battenti, abbandona il campo e stavolta apparentemente senza eredi,
senza nessuno che ne prenda il testimone. Alcuni giocatori sono al servizio militare,
altri, spariti i dirigenti storici, prendono il coraggio a due mani e, dopo un
anno di abbandono, ricominciano da zero con una specie di autogestione
degli atleti.
Fondamentale
diventa, in quegli ultimi anni ‘60, il ruolo di Osvaldo Valenti detto Bibi, presidente di nome, ma, di fatto,
factotum a tutto campo. E’ grazie alla sua volontà e tenacia se il calcio a
Filo sopravvive con dignità, puntando ancora su giovani locali, sia pur di
valore tecnico più modesto, ma nel solco di una
tradizione, di un modo di concepire lo sport e i suoi valori, che tanti ancora
oggi ci invidiano.
Alle porte ormai
c’è un cambiamento ancor più grande nelle abitudini paesane, si andrà negli
anni ’70 verso una Polisportiva con cui tentare la gestione di tutto lo
sport filese; ma questa ormai è già un’altra epoca, con altri e diversi
protagonisti. In definitiva, un’altra storia.
Concludo qui la
nostra piccola, grande rassegna calcistica del tempo che fu, non senza aver ringraziato
di cuore tutti coloro che con foto, racconti e testimonianze hanno reso
possibile la laboriosa stesura (2. Fine).
[1] « Mi ricordo
benissimo di Tullio - racconta oggi Pippi
- lo chiamavano e' Zèngan per avere
avuto una love story con una zingara accampata al «campicello» con la sua
tribù. Di Tullio ho in mente una rovesciata nella porta che guarda verso Mariàz d Figiòñ, fuori di un niente a
fil di palo, gesto notevole... Un pomeriggio, lui e Beppóñ, si misero a tirare in porta, con entrambi i piedi, dal
limite dell’area. Il cuoio si infilava sempre radente il palo ov’era
indirizzato ed io mi deliziavo nel vedere tanto spettacolo …»
[2] «Tutti noi
giovani ci sentivamo parte del “nuovo corso”- ci dice Pippi - d’altronde, a Filo, chi non ha mai messo le scarpe
bullonate? Con tanto entusiasmo frequentavamo il campo sportivo ogni giorno, era
il nostro passatempo preferito, a discapito della scuola e dei compiti...»
[3] «Nel corso del
campionato di promozione - ci racconta Pippi
- partecipai a molti raduni. Una mattina arrivò un telegramma: F.I.G.C. Sei
convocato a rappresentare la selezione Emilia Romagna, per il 1° Torneo delle
Regioni che si svolge a Roma, ecc. ecc. Ne fui molto felice. La spedizione
purtroppo non ebbe fortuna: fummo eliminati dalla Toscana su rigore
discutibile». Qui aggiunge Pippi:
«Quelli sono stati gli anni più belli della mia vita, passati a casa mia in
mezzo ai miei paesani e le trasferte in corriera con Poli al volante e tanta,
davvero tanta allegria. Poi Bologna, poi quattro anni a Portomaggiore a caccia
della serie D mai arrivata, e ben due finali perse malamente…»
[4] Testimonia Pippi: «Non ricordo se la prima raccolta
delle bietole fu fatta per la Prima Divisione o per la Promozione. Mia madre
faceva dei mucchi molto grandi. Ricordo che
un pomeriggio venne un camion con l'ordine di caricare le bietole a casa mia da
donare alla società di calcio, mio padre mi disse: “Adesso carica le bietole
col forcone (due mucchi) che arrivano a darti una mano”. Io non vidi nessuno,
arrivarono quando avevo finito, e pensai: “Guarda cosa devi fare per correre
dietro ad un pallone...”.
[5] Racconta Pippi : «In quel torneo di Argenta feci
una sola partita essendoci giocatori di serie A. Mi facevano sempre male le
gambe. Ricordo Zabòv (Emanuele Barbieri) pseudo allenatore che, all'uscita degli
spogliatoi mi vide con le gambe unte per i massaggi di mio cugino La Föca (Luciano) e mi disse: “Sei
proprio un cavallo di razza…”.
7 commenti:
Caro Agide,
Mi sento chiamato in causa, e non ho potuto che leggerti con piacere, nella tua sapiente cronistoria di un periodo calcistico che per certi versi mi vede protagonista.Erano gli anni ruggenti del calcio Filese, e dopo tanti anni mi fanno tanto piacere riviverli con foto ed aneddoti.Agide hai elencato cosi bene quel periodo da rinverdire in me ricordi ormai sopiti. Meriti tutta la stima mia e dei miei compaesani per avere illustrato un decennio di calcio cosi bene armonizzato e con personaggi,spero ancora tanti in vita, che ne hanno fatto parte.
Grazie Agide, di questo regalo di Natale,colgo l'occasione per fare a te e famiglia e a tutti quelli che mi leggono sul BLOG,un sereno Natale ed un buon anno ,Un caloroso abbraccio.
pippi (Aderitto.Geminiani )
a
Grazie Pippi, sono io che ti devo ringraziare per una collaborazione davvero preziosissima. Per me è stato un vero Onore fare questo lavoro assieme ad uno dei miei idoli di un tempo...
Un grande grandissimo Augurio anche a te e famiglia.
Ho ricevuto dall’amico Pippi una serie di graditissimi quesiti che qui riporto:
“
Ciao Agide,
Sto' visionando la foto dove ci sei tu con il ciuffo alla Sivori secondo da SX. Poi ragazzi che ricordo bene , anche Bigiola, ed altri. Ma tu eri mancino? In che ruolo giocavi ? Hai fatto dei goal? Quando hai smesso di giocare? Adesso vorrei farti qualche altra domanda se me lo consenti. Come hai fatto a conciliare il calcio con la scuola? Come ti reputi come calciatore? Nella foto avrai avuto 16 anni e già giocavi in prima squadra? Che campionato facevate? Complimenti . Hai mai pensato di fare carriera? A 16 anni è tutto lecito. Sei un inguaribile malato del calcio ?
“
Fra poco riporterò, a beneficio dei lettori, quanto gli ho risposto.
Pippi carissimo, ti racconto un po’ com’era Agide (detto Perry), come calciatore.
L'età che avevo nelle foto è proprio quella che hai detto tu, intorno ai 16 anni. Sono foto scattate durante il campionato juniores del CSI (Centro Sportivo Italiano) che riuscimmo a disputare grazie al prete, Don Etelberto che ci pagò le maglie del Milan e l’iscrizione. Io giocavo col numero 8, mezzo destro e facevo, all'epoca un po' di regia, anche perché la mezzala sinistra era Silvio detto Fabióñ, il figlio del sarto, uno che correva pochissimo e lui sì, iuventino, aveva velleità "alla Sivori". Ero quindi prevalentemente di piede destro, un piede discreto, facevo buone aperture, mi piaceva distribuire il gioco. Avevo buoni fondamentali sia nel tocco che nel tiro, ma poca, pochissima resistenza e potenza fisica. Finché si trattò di giocare coi pari età mi distinguevo bene ed ero anche piuttosto tenuto in considerazione dai compagni.
Dopo quel campionato che vincemmo, disputammo (a Ravenna) una finale romagnola contro una squadra di Cesena e lì perdemmo 4 a 1. Io segnai il gol della bandiera (un altro lo segnai a Conselice e fu il gol-vittoria), ma non potevo essere un gran realizzatore perché giocavo a tutto campo.
Fu Giovannino a mettermi il soprannome , lui credeva che io giocassi all'ala destra e quindi esendo io tifoso del Bologna, per lui dovevo essere "Perani" (che poi divenne Perry). Piröcia invece durante gli allenamenti mi chiamava Franzini per il colore dei capelli, ma fu quello di Johnny il nomignolo che attecchì...
Giocai qualche partita amichevole nei ragazzi del san Biagio (l'altra mezzala, pensa, era Lucio Mongardi...), ma, nei due anni successivi Cincióni ci iscrisse come CSC FILO al campionato Juniores della FGCI. La formazione vide l'ingresso di Talöja in porta con lo spostamento di Giuliano (Pëcia) a terzino sinistro e si rinforzò anche con qualche altro come Luigì d Bigiöla, Cleto d Turaza, Bibi (Osvaldo Valenti), Piraja (Loris Cavallini). Io continuai progredendo nel mio ruolo, ero studente allora e riuscivo ad allenarmi abbastanza regolarmente di pomeriggio, fui titolare in ogni partita di quei campionati che vincemmo ancora, perdendo poi di nuovo gli spareggi in entrambi gli anni contro una squadra di Ravenna che si chiamava Caffè Pedrito.
Ricordo che andai ad un provino della Spal. Ci portò Slancio: io, Fabióñ, Pëcia, Trava (Silvano Brusi) e Talöja il portiere. Disputammo una partitella allo Stadio di Ferrara, ma avevo già 18 anni; vista l'altezza venni schierato all'ala e, credo, le scelte furono basate prevalentemente sull’età e la statura. Chiamarono per un secondo provino infatti soltanto Talöja e Trava, i più robusti, poi quasi subito vennero scartati anche loro.
Certo studiare e giocare era spesso inconciliabile. Io, pur amando ovviamente di più il calcio, privilegiai sempre la scuola, visti i sacrifici che faceva la mia famiglia (segue).
( seguito da risposta prec.)Nel '64 mi diplomai e dopo appena due settimane andai a lavorare ad Argenta alla TPV (dove poi ho trascorso sostanzialmente tutta la mia vita professionale). Continuai a giocare per passione, ma senza potermi allenare nei giorni infrasettimanali era dura. Io correvo molto, ero anche piuttosto veloce, avevo uno scatto discreto, sicché, fra i grandi (considera che il campionato juniores non potevamo più farlo essendo ormai fuori età) cominciarono a farmi giocare "ala tornante" con un buon rendimento.
Fui fra i primi giovani a debuttare in prima divisione nell'autunno del '64. Rascel e Pirocia mi vedevano molto bene, ricordo il mio debutto a Filo contro il Sant'Alberto. Con tutta la gente che c'era dietro la rete mi sentivo il cuore battere in gola soprattutto nei primi minuti. Ad un certo punto Rascel mi allungò un palloncino soffice soffice un paio di metri fuori dall'area avversaria (lato spogliatoi). Io ci arrivai, ma di sinistro, che non era il mio piede: il tiro mi venne così naturale che fui il primo a stupirmi. Era proprio indirizzato all'incrocio dei pali alla destra del portiere, un salamone di quasi due metri che a quel punto si allungò per tutta la larghezza della porta e lo smanacciò via quando ormai stava per toccare il "sette" ed entrare. Ci rimasi male, poi sentii i tanti applausi e l'emozione si sciolse.
Giocai un paio di partite, altri giovani debuttarono, ma a quell'epoca non c'erano sostituzioni, i titolari erano piuttosto fissi e perdendo gli allenamenti poi era difficile entrare in formazione. Con l'autunno riuscii a partecipare agli allenamenti precampionato e mi fecero giocare di nuovo a centrocampo. Ricordo che feci un'ottima amichevole a Sant'Agata dove già mi conoscevano (e un po' mi temevano) dai tempi degli juniores, giocai anche a Villanova, ma già lì, a corto di allenamenti, mi presero i crampi ad inizio secondo tempo. Ne giocai qualcuna fino al gennaio '66 quando andai militare.
Al ritorno era tutto cambiato, la società praticamente non c'era più e non si partecipava più al campionato. L'anno successivo i giocatori più o meno della mia età riuscirono ad iscriversi autogestendosi, ma io ormai ero in Belgio, come uomo di fiducia TPV, da cui tornai l'anno dopo (1969) già sposato (segue).
Reinserirsi fu difficile, considerata l'impossibilità di allenarsi. Col subentro in mediana di Crati (Mario Sacrato), al mio posto era stato spostato Appio Venieri detto Tapper, che era migliorato parecchio ed era in stretta amicizia con tutta la formazione base. Nel frattempo era stato introdotto il 13mo, che quasi sempre era Furmiga (ossia Luigì Minghetti). Mi chiamavano a volte all'ultimo momento (anche durante il pranzo della domenica) quando mancava qualcuno (anche per fare il portiere d'emergenza). Io continuai finché potei.
Ci fu un anno in cui cominciai a giocare centravanti e mi pareva anche di andare discretamente, tant'è che mi misero titolare per un paio di partite. Purtroppo mi infortunai seriamente a Cassana, vicino a Ferrara. Stavo per segnare un bellissimo gol in un terreno molto pantanoso. Mi ero liberato all'altezza del rigore con la palla sul sinistro a mezza altezza. Ci misi tutta la forza che avevo, già pregustando il gol di collo piede quando mi arrivò la botta assassina del difensore entrato alla disperata. Mi girò la caviglia, fui portato a bordo campo col gonfiore che aumentava a vista d'occhio. La scarpa non entrò più. Ci vollero dei mesi per rimettermi a posto e a quel punto scelsi... il tennis, altra grande passione della mia vita, dove poi ho avuto, negli anni, parecchie soddisfazioni vincendo anche qualcosa a livello di N.C., beninteso.
Questa è la mia storia calcistica Pippi, forse tu mi avevi confuso con un altro biondino, Orazio Pezzi, grande amico mio che ha scritto anche lui tante belle cose per il blog, lui sì molto bravo, molto classico, una mezzala sinistra "alla Rivera".
Ti ringrazio comunque immensamente per avermi fatto ricordare tante cose, tempi ormai lontani a cui mi piacerebbe un sacco ritornare...
Un abbraccio (fine).
Ciao Agide,
il tempo non perdona purtroppo,di te non sapevo niente o quasi e mi sembrava doveroso anzi ingeneroso non approfondire il nostro rapporto personale. Come tutti abbiamo una storia che ci lasciamo alle spalle, momenti belli,altri meno belli, che ci accompagnano x tutto il nostro cammino. Questo sicuramente e' stato uno dei momenti piu' belli della mia vita, complice la gioventu'ed il calcio. Tu poi hai amplificato le senzazioni di quel periodo, con un capolavoro paziente e fedele e di facile lettura x le persone che hanno in qualche modo direttamente o indirettamente preso parte a quegli eventi. Grazie Agide, noi ti leggiamo tutti con piacere, a cominciare dai mie cari. Un grande grosso abbraccio.
pippi
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