14 aprile 1945 - Una testimonianza della Liberazione di Filo
Il prezzo pagato a Filo in lutti e distruzioni, per la guerra voluta dal fascismo e dal suo Duce, fu altissimo. Il nostro antico paese, liberato il 14 aprile 1945, uscì sconvolto dalla battaglia chiamata dell’Argenta gap, bucato dalle granate, scavato dalle bombe, crivellato dalle mitragliatrici. Le perdite umane furono tantissime e dolorose. Quasi ogni casa ne fu scossa e non è il caso di rievocare in questa occasione numeri e nomi delle tante vittime e martiri. Basti pensare che la guerra si portò via, con la sua furia distruttrice, addirittura intere famiglie. Quel giorno però, quel 14 aprile che vide l’arrivo in fila indiana dei Liberatori, in un paese ormai ridotto ad un cumulo di macerie, quali sensazioni provarono i filesi che da tanto tempo aspettavano e sognavano la fine della guerra? Ecco una testimonianza d’epoca, quella di Libero Ricci Maccarini, allora trentenne, impegnato nelle fila della Resistenza, un uomo che avrebbe proseguito la sua militanza nel CLN prima, e nella cooperazione poi.
E’ un brano che ben rappresenta sentimenti ed emozioni, gioia, dolore e turbamenti della gente di allora, una rievocazione pubblicata alcuni anni dopo la guerra in un bel libro di memorie. Credo sia il modo più giusto per ricordare alla comunità quel giorno di 64 anni fa che ha segnato il punto d’inizio della nostra democrazia. Credo si possa raccomandarne la lettura in particolare ai più giovani, a coloro cioè che non hanno potuto, come noi, ascoltare nell’immediato dopoguerra i tanti racconti degli anziani, resoconti costruiti con parole molto semplici, ma non per questo meno drammatici, in un periodo in cui le emozioni erano ancora ben vive negli occhi dei protagonisti. Dicevano allora i vecchi a noi bambini: “Son cose brutte, tremende, ma dovete saperle, proprio perché non abbiano mai più a ripetersi”. E’ con questo spirito, io credo, che serve ricordare la Liberazione, oggi come ieri. Proprio a partire da un piccolo posto come Filo che però ha saputo dare tanto per la Libertà del suo paese (agide vandini).
LIBERAZIONE
(L.Ricci Maccarini, Il Palazzone, Argenta, Offset, 1983, p. 79)
Il sofferto compimento del tremendo tempo, il tanto atteso avvento, ha la data del 7 aprile ad Anita, del
E' la liberazione! E' il ritornare a credere nella vita, anche se qualche velivolo tedesco, di notte, reca l'ultima apprensione, che si possa morire, ora, quando tutto sembra finito.
Ci ritroviamo: quanti ancora gli assenti !... A decine, purtroppo, non li riavremo con noi se non nel ricordo. Pure, prima di contarci bene, di altri dovremo attendere l'arrivo, se ci sarà un ritorno : sono prigionieri, sono deportati, di cui non si conosce la sorte, mentre anche di altri mancano nuove dalle vicine colline, dove nobilitarono una fede.
E ci guardiamo attorno.
Oh case nostre, care paterne case, erette con la malta e coi mattoni crudi avuti dall'argilla del Primaro, piene di sorci e d'insetti, ristrette attorno alle famiglie sempre crescenti ; quante volte abbiamo bestemmiato le mura ormai cadenti, i topi, le pulci, l'angustia e la miseria: ma quanto più imprechiamo oggi che non ci siete più!
Vi era la fontana ai piedi della rampa segnata dall'eccidio dell'immane rappresaglia: sul marmo riquadrato della fonte, poi abbattuto per seguire la continua depressione del debole zampillo, si leggeva la data del 1912, che indicava l'agognata conquista dell'acqua di sorgente, e, più sotto, recava annotata la quota di perforazione : metri 96.
Dov’era, e nello spazio attorno, ora vi sono due crateri di bombe, come altri due, pure immensi, oltre la strada, sono al posto della scuola «nuova» e del palazzo di un ricco possidente.
Più su, lungo
A destra, ancora, del robusto mulino e della palazzina del mugnaio, non resta nulla, mentre, dinnanzi ai mucchi di macerie, una vecchia casupola, forse la più antica fra tante e
E' la liberazione, ma non ci esalta, perché è pure l'assistere all'avvenuta rovina del paese; è il rituale dei lutti e delle donne in nero; è l'apprensione nuova del grande bisogno di ricominciare.
Ma è la liberazione : e il ritrovarci, il guardarci attorno, il discutere, il rimuovere i segni della guerra, ridona la fede nella vita, come porta, ancora, la speranza che il mondo, domani, sarà più giusto ed aperto alla presenza della gente che lavora.
14 aprile 1945. Le punte avanzate inglesi al centro di Filo. In quello stesso punto, l’8.9.1944, alcuni cittadini innocenti erano stati trucidati dai tedeschi per rappresaglia.
Il centro di Filo sotto le macerie. La foto è presa dalle attuali scuole elementari. I due carri trainati da buoi trasportano morti e feriti. Da sinistra a destra si distinguono: l’abitazione dei Vandini ed altri, la ca’ d' S-ciflen (col tetto a 4 acque), la cà longa, il teatro, le rovine del mulino Barabani bombardato e la cabina elettrica. | 14 aprile 1945. Gli inglesi avanzano fra le rovine di Filo. Da sinistra la ca’ d’Mariaz, la Ca’ longa, la ca’ d’ S-ciflen e in primo piano la casa bombardata dei Vandini ed altri, ove Agida Cavalli, Martire della Libertà, il 29.2.1944 fu colpita a morte mentre cercava di salvare il proprio figlio partigiano. Questa foto è stata scattata più o meno dallo stesso punto della precedente, ma l’obiettivo è spostato più a sinistra. In primo piano le rovine di casa del possidente Tamba. Più lontano si distinguono, da sinistra a destra: il tetto del palazzone, la vecchia caserma, la vecchia tabaccheria, le vecchie scuole sventrate (oggi Casa del popolo), poi l’abitazione dei Vandini ed altri, infine la ca’ d'S-ciflen. |
Nessun commento:
Posta un commento