di Agide Vandini
Molti anni fa ebbi a definire il nostro territorio filese come «Romagna dimenticata»[1].
E’ un’area che da più di un millennio è di cultura, dialetto e tradizione romagnola; come tale è riconosciuta e considerata anche da argentani e ferraresi, a prescindere dall’appartenenza amministrativa (parte in prov. FE, comune di Argenta, parte in prov. RA, comune di Alfonsine), eppure, nonostante questa solare evidenza, i segnali di disattenzione da parte proprio delle Istituzioni basso-romagnole sono talvolta imbarazzanti.
Se Cristo pare si sia fermato ad Eboli, per tanti romagnoli e, in particolare, per i nostri amministratori pubblici, pare che
Chi avesse ancora qualche dubbio in proposito, può guardarsi con attenzione lo “Schema di assetto strategico”, importante documento di programmazione territoriale spedito a domicilio ad ogni famiglia dalla neonata Unione dei Comuni della Bassa Romagna, proprio in questi giorni. Se si osserva la parte settentrionale dello “Schema” riprodotto qui a fianco, cui abbiamo apposto un bel punto interrogativo, c’è da allibire: Filo e il suo territorio non esistono più. Non c’è più nulla oltre il Reno, né componenti naturalistiche (magari superfici alberate o quant’altro), né antropiche, né insediamenti umani o produttivi. Non siamo più degni neppure di percorsi paesaggistici in queste antiche paludi…
Eppure visitando il Portale dell’Unione[2], vi si leggerebbero queste parole: «L’Associazione Intercomunale della Bassa Romagna è una delle forme di cooperazione tra enti locali prevista dalla legislazione della Regione Emilia Romagna. Istituita con decreto del Presidente della Regione n.63 del 09.02.2000, è composta dai Comuni di Alfonsine, Bagnacavallo, Bagnara di Romagna, Conselice, Cotignola, Fusignano, Lugo, Massa Lombarda, Russi e S.Agata sul Santerno».
Dunque, dipendendo (in parte) il nostro territorio dal comune di Alfonsine, sembrerebbe, sulla carta, non esserci dubbio alcuno quanto al rientro, di diritto, nella “Bassa Romagna”. Vedendo, però, quella bianca distesa oltre Reno, senza un nome purchessia, o un qualsiasi segnale di vita, sorge subito un interrogativo atroce: il territorio, l’insediamento di Filo d’Alfonsine e la sua zona industriale, il consistente «polo ceramico» del Molino di Filo, notoriamente collocato in comune di Alfonsine ed in provincia di Ravenna, non appariranno per caso, da lontano, dai tavoli da disegno o dalla consolle di qualche computer, come area abbandonata, o in via di desertificazione?
Ci siamo prontamente procurati una foto satellitare, riportata qui a fianco, ed abbiamo immediatamente tirato un sospiro di sollievo: Case Selvatiche, Filo, Molino di Filo, per quanto mal segnalati nelle mappe (e per questo qui corrette ed integrate), esistono ancora e si vedono anche bene dal satellite… Abbiamo strade vergognose, amministratori distratti, funzionari trascurati, ci sentiamo sempre più spesso «figli di nessuno», ma esistiamo ancora, altro che!
Naturalmente bisogna volerci vedere, ma questo è un altro discorso.
Che qualcuno ci abbia in cuor suo sbolognato ad altra provincia, regione o pianeta? Rientriamo per caso in qualche piano di riallagamento o riforestazione del territorio e quindi siamo soltanto placidamente in attesa di ordine di sgombero? In questo caso ci si dovrebbe però mettere preventivamente d’accordo con chi spedisce questi opuscoli informativi e li recapita a tutte le famiglie residenti nei dieci comuni, incluse quindi quelle del comune di Alfonsine e, fra esse, quelle che si ostinano a vivere nella sua bella frazione di Filo...
Forse infine ci si dovrebbe accordare per bene anche con quei candidati alle elezioni amministrative, o politiche, che in prossimità del voto dimostrano di conoscere assai bene le complicazioni e la complessità del territorio e che ci assicurano immancabilmente ogni possibile tutela.
Si direbbe che non si dimentichino affatto di noi, tanto precise sono le informazioni e le istruzioni che riceviamo a tempo debito di votare per questo o per quello. In quei periodi, almeno in quelli, ci conoscono tutti come vecchi compagni di scuola, e tutti: ravennati, lughesi e alfonsinesi, ci parlano e ci capiscono benissimo nel nostro bel dialetto, ricordandosi perfettamente che siamo romagnoli, e anche da lunga data…
IMPORTANTE: cliccare come sempre sulle immagini per vederle a tutto schermo.
[1] A.Vandini, Gente semplice, quand che int la pôrta u j éra la rameta, Faenza, Edit, 1994, p. 11.
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