Si racconta a Castelfranco che in un anno imprecisato del Duecento arrivò, proprio alla locanda della Dogana, una bellissima signora che, con fare elegante, scese da una carrozza tirata da quattro cavalli. Il locandiere con zelo inusitato accompagnò la bella dama in camera perché potesse rinfrescarsi a dovere e riposare dopo il lungo viaggio.
Il buon uomo, che in quella locanda era padrone, cuoco ed anche cameriere, colpito da tanta bellezza si attardò, poi, accanto alla porta della stanza della sconosciuta, diede uno sguardo al corridoio e, infine, appiccicò un occhio al buco della serratura. Ciò che gli apparve, e che lo fece andare in brodo di giuggiole, fu il delizioso e conturbante ombelico della dama. Sconvolto dalla inebriante visione, il locandiere corse in cucina e si mise a preparare la cena.
Altrettanta ammirazione avrebbe dovuto suscitare sabato scorso il Bologna di Arrigoni in quel di Modena. Si dice che per i primi venti minuti del «derby della secchia rapita» i canarini modenesi non abbiano neppure visto da che parte fosse il pallone. Semplicemente correvano all’indietro quando correvano in avanti i rossoblu e viceversa. Ad un certo punto il pallone è comparso alla vista dei poveri modenesi, ma era ormai in fondo al sacco, scagliato colà dallo scultoreo romagnolo Simone Confalone che poi si è messo a saltare per il campo con incredibili balzi da saltimbanco.
Chiunque sarebbe rimasto incantato da simili visioni e sarebbe magari andato in cucina per creare qualcosa alla maniera del celebre locandiere del Ducento; chiunque, appunto, ma non di certo i modenesi d’oggi, poco sensibili, ahimè, alle misteriose forme cui può assurgere talvolta la più sublime bellezza.
I canarini invece hanno cominciato a darci dentro come forsennati senza capirci quasi nulla, soprattutto quando il tecnico rossoblu si è messo a cambiare in continuazione l’assetto tattico della squadra. Neppure la seconda rete bolognese, un’altra perla mai vista a queste latitudini, col pallone accompagnato in rete addirittura col fondo schiena, ha riportato i modenesi alla realtà. Quasi accecati dal loro stesso furore, essi non ce la facevano a contemplare ed ammirare questi prodigi: avevano momentaneamente perso il dono della vista, quello che, si sa, è fondamentale per sbirciare, come insegnano gli antichi, almeno dal buco della serratura.
Dunque cosa si può consigliare allora agli amici modenesi in preda a tanto livore? Non resta loro che ricorrere alle terapie dell'antica e sapiente medicina popolare del loro ducato, che suggeriva, davanti a certi casi gravi, rimedi portentosi.
I dolori artritici ad esempio si guarivano con una pomata maleodorante fornita dagli stregoni, ossia l’«unto di marmotta», le ferite fresche – come quella di sabato – si rimarginavano con sterco di bue. Per il mal di denti servivano patate affettate da appoggiare alla guancia dolorante, mentre l’itterizia, anche quella provocata dalle più amare sconfitte, andava curata, come in altre regioni, inghiottendo pidocchi vivi.
La ricetta che più potrebbe venire buona, però, nella fattispecie, era quella prevista per chi soffriva di allucinazioni. Pare che non ci fosse niente di meglio che prendere un salutare quanto terribile spavento.
Mutti e compagni allora, forse sono già sulla strada della guarigione.
Il Filese, 5 novembre 2007
1 commento:
Ciao Agide
mi è piaciuto l'accostamento fra i tortellini e il modena. Sabato il richiamo della foresta mi ha portato a modena a vedere la partita. Quindi io la partita l'ho vista la e bene (gradinata centrale) in mezzo ai tifosi modenesi. Non ti dico i commenti che sentivo dalla loro tifoseria sembravano tutti allucinati il Bologna stava facendo una partita meravigliosa gestendola a suo piacere,il solo fatto di avere ad un certo punto abbassato non di molto il baricentro del centro campo per loro era come se stessero dominando, poi come l'arbitro fischiava tutti addosso a Rossetti anche peggio di come a fatto Mutti a fine partita. Ciao ci vediamo Sabato buldro
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