sabato 13 marzo 2010

Una sala dedicata a Pëcia (Werter Leoni)


Inaugurata a Filo la rinnovata Casa del Popolo ravennate

di Agide Vandini


Werter Leoni (Pëcia) come tutti lo ricordiamo


7.3.2010 – Casa del Popolo di Filo di Alfonsine. Il taglio del nastro del Sindaco Venturi. Al centro, col soprabito chiaro Francesco Marconi. In primo piano, sulla destra, il consigliere comunale Celeste Coatti.


7.3.2010 – I figli di Werter Leoni (Pëcia), Antonella e Giuliano, scoprono la targa dedicata al padre nella Sala che porterà il suo nome.








Domenica scorsa, 7 marzo, nell’ambito dell’inaugurazione dei locali ristrutturati della Casa del Popolo di Filo di Alfonsine, si è tenuta l’interessante commemorazione di Werter Leoni (Pëcia) amato dirigente politico, sindacale e cooperatore che ne fu il maggiore promotore, durante la quale si è scoperta una targa nella Saletta assembleare che d’ora in avanti porterà il suo nome. Erano presenti Autorità, dirigenti politici e sindacali, locali, provinciali e regionali. Il discorso commemorativo è stato tenuto da Francesco Marconi ex segretario provinciale della Federbraccianti Cgil di Ravenna, oggi in pensione.


Questo il testo della targa: «SALA / Werter Leoni / 1921 -1982 / sindacalista – cooperatore / Una vita spesa per lo sviluppo economico e sociale della comunità filese / Filo di Alfonsine, 7 marzo 2010»


Si riporta qui di seguito, per gentile concessione dell’oratore, un ampio stralcio del discorso, ossia la parte dedicata al ricordo di Pëcia, un personaggio che fu importantissimo nella vita sociale paesana del dopoguerra, un uomo valoroso che si dedicò completamente alla causa dell’emancipazione dei lavoratori in generale e i particolare dei contadini, braccianti e cooperatori di Filo di Alfonsine.

Purtroppo, nel frenetico affrontare via via i problemi del nostro tempo, di lui e della sua opera si è sicuramente parlato e ricordato, in questi anni, troppo poco.

Un personaggio certamente da riscoprire, un esempio di dedizione che, dati certi desolanti personalismi e crac finanziari che di recente hanno portato allo sconcerto morale e materiale la nostra popolazione, oggi potrebbe ancora insegnarci molto.

Sono lieto perciò di poter contribuire, in piccola parte, dandone il dovuto rilievo in questo blog, al ricordo dell’uomo e del suo ruolo. Del resto ho potuto conoscerlo bene personalmente, sia pure per poco tempo: un uomo tutto d’un pezzo, una pervicacia esemplare, un carattere indomito, un cuore che batteva all’unisono col suo «popolo», ottime qualità umane che finivano per essere apprezzate anche da chi, come la parte padronale, veniva da lui tante volte contrastata duramente.

La sala della Sua Casa del Popolo, non poteva che portare il Suo nome.


Ricordo di Werter Leoni, detto Pëcia, sindacalista, cooperatore e”capopopolo” di Filo

A cura di Francesco Marconi


Ricordare Werter Leoni, abbozzando un ritratto reale della persona e del dirigente locale di base, che gli renda merito per il lavoro fatto, non e' facile, anche perché non ho buona memoria di quei tempi e delle tante, importanti, cose fatte.

L'ho conosciuto nei primi anni ’60 e fino alla fine degli anni ’70, quando sono passato ad incarichi confederali, abbiamo lavorato nello stesso sindacato bracciantile. Io, a Ravenna, come dirigente provinciale, lui, qui, soprattutto come capo lega sindacale, dirigente del collettivo e della Cooperativa Braccianti, tutti ruoli in cui era impegnato fin dal dopoguerra, con dedizione totale, senza risparmiarsi, con uno straordinario sacrificio personale e familiare, al servizio dei lavoratori, in particolare dei braccianti, ma anche dei pensionati e, per un po' di tempo anche dei mezzadri e dei coltivatori diretti. Eppure questo non bastava.

Per promuovere l'emancipazione sociale e civile, bisognava rendere forte anche il Partito in cui credeva, cosicché, anche senza averne direttamente la responsabilità, fu un protagonista anche nell'attività della sezione politica locale. E siccome la gente non viveva e non vive di solo lavoro, si fece anche promotore della costruzione di questa “Casa del Popolo” - oggi ristrutturata e rinnovata- per offrire al paese un contenitore ove svolgere le attività sindacali, politiche ed associative, ma anche un luogo in cui vivere lo svago ed il divertimento. Si occupò anche della impegnativa gestione della stessa.

Fu una realizzazione che coinvolse tutta la popolazione, contadini compresi, con contributi in denaro ed in prodotti di varia natura, e con il lavoro volontario nella costruzione. Una scelta che completava, anche culturalmente, il valore di un impegno totale per Filo.

Filo, ossia un paese pressoché uguale a quello esistente al di là della strada -Filo di Argenta- che per una bizzarra divisione dei confini provinciali era, ed è, amministrativamente collocato nella provincia di Ferrara, con la conseguenza che i due paesi avevano un doppione di organizzazioni e di attività.

Consapevole che gli autonomismi e gli egoismi locali servono solo a chi cerca potere e vantaggi personali, si adoperò per realizzare unificazioni, e negli anni 83/84 ci fu la fusione, prima, delle sezioni del partito, e, poco dopo, delle due cooperative bracciantili, purtroppo, dopo la sua prematura morte nel 1982, avvenuta a soli 61 anni;. ma tutti sanno che anche lì c’era il frutto del suo lavoro.

In generale il suo tempo e le sue energie sono state dedicate agli interessi sociali collettivi, ma meritano una citazione particolare anche la straordinaria disponibilità a favore di esigenze personali e familiari e la sua grande umanità, dietro una apparente personalità chiusa che sembrava poco socievole. Non si contano le volte in cui ha trasportato persone bisognose, o ha portato o ritirato documenti o cose, a Ravenna o da Ravenna, o ovunque fosse necessario, ma di Leoni, bisogna ricordare ancora alcuni altri importanti aspetti dell'attività sindacale e bracciantile.

I braccianti, per tanti anni, attraverso il sindacato e la cooperazione, hanno fatto storia politica, economica e sociale, e Ravenna ha fatto la sua parte da protagonista di rilievo.

Le tante riunioni, lotte e manifestazioni sindacali, e molte altre occasioni, ci hanno fatto incontrare tante volte, lavorare per gli stessi obiettivi, fare esperienze comuni. Leoni e' stato uno di quelli che ha fatto capire alla gente che, senza organizzazioni, si è deboli ed ha portato pressoché tutti nel sindacato e nella cooperativa, ha mantenuto l'unità, creato partecipazione e consapevolezza nelle persone ed ha promosso e guidato le tante lotte locali per conquistare contratti aziendali che impegnavano i padroni a investire per lo sviluppo dell'agricoltura e a concedere al locale collettivo la gestione di importanti aspetti dell'organizzazione del lavoro, dell'occupazione e dei diritti. Lotte e contratti che furono la premessa per le successive acquisizioni di quei terreni da parte della Coop. Braccianti.

Certo, a Filo, c’erano alcune condizioni più favorevoli che altrove, ma non era facile e scontato neanche qui, perché allora, a quei tempi, i padroni - ancora di più gli agrari- non avevano ancora conosciuto e subito condizionamenti, né sindacali, né istituzionali, né di legge, e non si preoccupavano del grande bisogno di sviluppo e di occupazione e reddito dei braccianti.

Ma Leoni ed i braccianti di Filo, come tanti altri, non si sono interessati soltanto del loro orto. Invece dell'egoismo individuale e locale, allora c’era più consapevolezza che le esigenze sociali erano comuni e che le conquiste dovevano essere collettive e generali perché solo andando avanti tutti si poteva progredire davvero.

Così, quando i lavoratori del faentino o di altre zone e aziende in difficoltà, non avevano la maturazione e la forza per far riuscire e vincere le lotte nelle campagne, Werter e i suoi lavoratori, e molti altri della bassa Romagna, andavano ad aiutarli, convincendoli ed incoraggiandoli a lottare... e difendendoli anche dalle ritorsioni dei padroni.

Analogamente, quando c’erano manifestazioni provinciali, regionali o nazionali, per l'occupazione, per contratti, salari e diritti dignitosi, o per la sanità, l'assistenza e la previdenza, Werter, coi suoi braccianti ed i suoi pensionati, ha sempre fatto bene la sua parte per farle riuscire al meglio.

Cosicché, qui, nella nostra provincia, e più in generale in Italia, negli anni ’60, ’70 e ’80, con periodi di unità e altri di divisione sindacale, durante fasi di grande conflittualità politica, nonostante governi poco aperti alle esigenze dei più deboli, si ottennero risultati generali straordinari, sindacali, politici e legislativi, che cambiarono il paese. Furono anni determinanti anche per riscattare e migliorare la condizione dei braccianti e delle loro famiglie.

Con quello straordinario impegno e quelle conquiste sociali, le generazioni di allora diedero un esempio di grande valore consegnando alle nuove generazioni un'Italia un po' più progredita, più giusta e civile e più protezioni per i più deboli.

Nulla, però, è mai stato acquisito e garantito per sempre.


[parte di attualità politica e sindacale, qui omessa per brevità]


Non so se a qualcuno sia sembrato inopportuno e fuori luogo guardare anche al presente, nel momento in cui ricordiamo un caro compagno del passato. Certamente non gli abbiamo tolto nulla. anzi, richiamandoci alla lezione che lui e tanti altri di quegli anni ci hanno lasciato, anzi, lo abbiamo giustamente valorizzato. Naturalmente, ricordarlo soltanto adesso, dopo 28 anni dalla morte è stata una mancanza. Ma sono cambiati i tempi, e non sempre in meglio, ed e' cambiato il modo d'essere di tutti noi, compreso le sensibilità umane e lo spirito di appartenenza.

Oggi, però, con questa iniziativa promossa dai compagni e dalle compagne che gli sono stati vicini, e che hanno proseguito il suo lavoro, si rimedia degnamente inaugurando il rinnovo di questa “casa” per cui tanto aveva fatto, dedicandogli una sala con una targa che ne ricorda e onora per sempre i meriti, e' una prova di grande valore, affetto e riconoscenza per il buon lavoro che aveva fatto in vita per i braccianti ed i pensionati, e per l'intero paese.

La presenza del consigliere regionale Mazzotti, del sindaco di Alfonsine e dei compagni Casadei e Pessolini della Cgil provinciale, testimoniano che l'apprezzamento ed il riconoscimento vanno oltre i confini di Filo.

Non vogliamo creare né miti né Santi, ma, caro Pëcia ci manchi.


Domenica 7 marzo 2010, ore 10.30, Casa del Popolo di Filo di Alfonsine (Ra), Francesco Marconi


Nella foto a Villa S.Anna in località Chiavica di Legno durante una manifestazione di braccianti e contadini, Werter Leoni (Pëcia) è il secondo da sinistra. Si riconoscono anche Giulio Roi (il primo da sinistra),e al centro (col cappello chiaro) Enrico Bezzi. Vicino a lui (senza cappello) Giorgio Bottoni. Domenico Roi (Méco) è l’ultimo a destra (da E.Checcoli, Filo della memoria, Prato, Consumatori, 2002, p.264).


lunedì 8 marzo 2010

Una famiglia di musicisti che veniva da Filo


L’orchestra Coatti nel folclore romagnolo

di Agide Vandini e Beniamino Carlotti


Veniva da Filo la famiglia dei cinque fratelli Coatti che diedero vita negli anni ’30 all’omonima orchestra. Erano figli di Raffaele Coatti (Filo,1884 – Alfonsine,1959) e di Maria Stefanini (Alfonsine, 1889 – Alfonsine, 1975).

Otello (1911-1971, sassofonista), Nardino (1913-1985, batterista), Antonio (1915-1993, fisarmonicista), Francesco (meglio noto come Chino)(1919-2000, chitarrista) e Quinto (1922 – vivente, tastierista e fisarmonicista) nacquero a destra di Reno nei pressi di Madonna Boschi, dove la famiglia, in mezzadria, si era trasferita da Filo intorno al 1905.



Cliccare sulle foto per vederle ingrandite

e quindi per leggere l’interessante articolo.








La foto a fianco sull’argine del Reno che ritrae i giovani Coatti risale alla fine degli anni ’30 quando i cinque fratelli misero su la prima formazione orchestrale di tipo amatoriale. Suonavano nelle aie, nelle feste paesane, nei trebbi serali, un’attività che andò avanti fino a che la formazione non fu scompaginata dall’inizio della guerra e dagli sconvolgimenti che ne seguirono.

Otello, il maggiore dei fratelli, aveva del resto sposato a Filo Emma Marani nel 1937 ed ivi era tornato per mettere su famiglia (i figli Norina, Wagner, Armando, l’amico e compagno di scuola Armandoni), sono tuttora ben noti in paese.

Nel dopoguerra, Francesco e Quinto Coatti, ossia gli elementi più dotati e preparati sotto l’aspetto musicale, dettero vita alla famosa orchestra di professionisti che portò il loro nome (v. seconda foto a fianco scattata nei primi anni ’50).

Come riporta Gianni Siroli (Dizionario delle orchestre romagnole, Lugo, Walberti, 2006, pp. 153,154 e364) l’«orchestra emerge fra le altre della Romagna, giovani solisti come Ivano Nicolucci ed Ely Neri ne fanno parte. Alla fine degli anni ’50 lancia il cantante Narciso Parigi». Anche una nota cantante di quegli anni, Flò Sandons diventa reginetta dell’orchestra Coatti che incide per la Durium e la Voce del Padrone; più tardi vi iniziano la carriera cantanti come Patrizia Ceccarelli, Luana Babini e Dora Moroni.

Francesco, recentemente ricordato in un bell’articolo de’ «Il Romagnolo» (n.80, maggio 2009, p. 2554) (v. a fianco), divenne noto per il caratteristico cappello stile western. A Filo, dove gestì per un po’ l’osteria, più che John Wayne, fu sempre affettuosamente chiamato e’ Caplòñ. Partecipò alle riprese di alcuni film come «Caccia tragica» girato a S.Alberto di Ravenna nel 1947, Il Principe delle volpi (1948), Boccaccio ‘70, Deserto rosso[1].

Gli anni che seguirono videro la costituzione di formazioni diverse. Francesco lanciò «Romagna solatia» cui affluirono validissimi elementi orchestrali fra cui, per qualche anno, lo stesso fratello Quinto.

Quest’ultimo si esibì talvolta come solista, ma anche con una propria formazione, fino a confluire stabilmente nell’orchestra di Nervillo Camporesi, ove concluse la sua brillante attività artistica.


Francesco, magnifico personaggio ravennate dei suoi tempi, da vero uomo di spettacolo qual era, non si ritirò mai dagli intrattenimenti musicali. Suonò con Castellina, con altri ancora e, fino agli ultimi suoi giorni, calcò quell’adorabile palcoscenico che fu, in fondo, la sua vita. Fu colto da infarto, poco più che ottantenne, in un bar dopo aver ordinato un caffè.

Anche Filo, perciò, culla peraltro di diverse formazioni minori, può vantare, data la provenienza dei Coatti, qualcuno dei grandi protagonisti della musica da ballo romagnola, musicisti di grande notorietà che si collocarono nel solco dei Zaclen (Carlo Brighi) e dei Secondo Casadei.

A tutti i nostri «sunadùr» tuttavia, dai Coatti agli altri paesani meno noti, vada la nostra sincera ammirazione e gratitudine per la gioia che hanno saputo dare, e tanta riconoscenza per un ruolo ed un talento che non deve, in nessun modo, essere dimenticato.



[1] Bruno Folletti (Falco) ricorda ancora, del periodo di Chino Coatti all’osteria di Filo, un episodio degno di far parte della migliore aneddotica filese. Il Dottor Franco Fiorentini, di cui tutti abbiamo un carissimo ricordo, nei momenti in cui stazionava in osteria in attesa di chiamate, amava talvolta farsi qualche partita a flipper, sicché ad ogni vincita segnalata dall’apparecchio con forti emissioni sonore, accompagnava gli orgasmici momenti con festosi urli di gioia come «Ciapa Chino…» oppure «quësta l’è par Chino». Fu così che dovette inopinatamente fronteggiare, con qualche apprensione, un giovane brigadiere appena arrivato in paese. Questi riteneva infatti che il tono e il contenuto degli urli fossero manifestamente offensivi verso il barista. Ci volle del bello e del buono per convincere il severo rappresentante della legge. Pare sia stato decisivo l’autorevole intervento in suo favore dello stesso Chino che, ben fornito di capël lêrgh, riuscì in qualche modo a calmare le acque …