Correva l’anno 1900, a Filo, in un macero da canapa…
di Agide Vandini
Ho saputo del fatto pochi mesi fa, facendo visita, a Forlì, ad una lontana e fino ad allora sconosciuta parente, la gentile ed ospitale Verdiana Vandini, cui presentai una ricerca genealogica di famiglia condotta con l’amico Beniamino Carlotti. Fra una chiacchiera e l’altra Verdiana ci mostrò un attestato e una medaglia amorevolmente conservati, conferiti ai primissimi del Novecento, con tanto di Decreto Reale, al nonno Francesco Vandini (1873-1953), conosciuto dai filesi come Frazcula.
Io me lo ricordo bene il vecchio Frazcula. Abitava nei pressi di casa mia a poca distanza dal campo sportivo, anche se all’epoca non lo sospettavo neppure, era un primo cugino del bisnonno Raffaele, e quindi nipote del mio avolo Francesco (1788-1861) di Mosè Vandini. Lui portava proprio il nome dell’avolo e suo nonno paterno, quello che nel primo Ottocento, condusse come colono il grande podere della Garusola, donde il nomignolo di Garušlìr affibbiato al nostro ramo filese dei Vandini.
Ricordo come, in vecchiaia, in quei primi anni ’50, Frazcula camminasse a fatica, ricordo il tremore continuo delle mani che agitava vistosamente in preda al tremendo morbo di Parkinson, al punto che, nel vicinato, chiunque desse il minimo segno di tremore per i rigori dell’inverno o semplicemente per qualche paura, veniva rincuorato con l’immancabile battuta: «T’a n tarmaré miga coma Frazcula...»
Mai però avrei immaginato che, quell’omino piccolo e fragile, in gioventù fosse stato un uomo tanto forte e di indole così generosa da divenire protagonista, col paesano Sante Argnani, di un atto meritorio che, negli albori del secolo passato, valse poi ad entrambi la medaglia di bronzo al valore civile.
Per raccontare fedelmente il fatto, è meglio però lasciar parlare le carte ufficiali, a cominciare da quelle rinvenute in questi giorni presso l’Archivio Storico Comunale di Argenta, grazie alla disponibilità della bibliotecaria Dott. Benedetta Bolognesi, carte che costituiscono il polveroso fascicolo: «Azione di merito compiuta da Vandini Francesco e Argnani Sante»[1].
Ecco la prima versione dell’accaduto di quel lunedì 25 giugno dell’anno 1900[2]:
«Alle ore 11 del giorno 25 giugno p.p. un tal Selva Francesco, contadino di Filo, andato per bagnarsi in un maceratoio, profondo tre metri, d’improvviso, sebbene discreto nuotatore, calava a fondo. Due suoi compagni che l’osservavano di sulla riva, non vedendolo ricomparire a galla, si diedero a gridare al soccorso e nulla più, poiché la grande profondità dell’acqua e la ripidità della sponda del maceratoio presentavano un pericolo grande per chi si fosse gettato in acqua pel salvamento.
In un attimo fu sul luogo una cinquantina di persone, e si tentò tosto con pertiche, funi e rastrelli di ripescare il misero Selva, ma per la struttura stessa del maceratoio, ogni impresa riusciva vana.
In questa sopraggiunsero due giovani, Vandini Francesco e Argnani Sante di questa Borgata, i quali, visti tosto gli inutili tentativi dei primi arrivati, si spogliarono in un lampo, si tuffarono nell’acqua, ed a forza di braccia e nuotando a gran lena, portarono l’infelice Selva alla riva.
Ma ahi!... Egli era già morto!»
L’annotazione di decesso, rinvenuta in parrocchia, indicò semplicemente che il povero Selva «miserrime periit in maceratojo». Qualcosa in più invece si ricava dalle informazioni raccolte sul posto dal Delegato Comunale e annotate nel fascicolo:
«Assunte informazioni particolari e minute del come venne estratto il povero Selva Francesco, perito miseramente in un maceratoio, mi risultò di sapere da testimoni oculari quanto segue:
“Quando il Selva calò a fondo, due giovanotti vicini al luogo, avvedutisene, gridarono aiuto. Accorse gente, e subito si tentò da sulla riva di estrarlo con funi ed uncini, ma inutilmente; e ciò causa la profondità dell’acqua (3 metri circa) e la sponda troppo ripida. Sopraggiunti nel mentre il Vandini Francesco e l’Argnani Sante, senza por tempo in mezzo, si spogliarono del vestito in fretta, si gettarono sotto l’acqua, ed aiutandosi l’un l’altro a nuoto, portarono a riva il Selva, cui ognuno dei presenti credeva salvo, mentre del poveretto non rimanevano che le misere spoglie”[3].
Dalla descrizione e dalla prossimità alle abitazioni di Frazcula e di Sante (i Dossi), si può facilmente dedurre che il macero della disgrazia fosse uno dei due affiancati dei Solè (famiglia Marconi), maceri ampi e profondi eliminati da pochi anni, ma bene individuabili nella piantina militare qui unita.
I due giovani filesi, al termine dell’iter previsto, ebbero il giusto riconoscimento per l’atto di coraggio e di altruismo di cui erano stati protagonisti[4]. Il povero Selva, purtroppo, non poté essere salvato in tempo, ma il gesto nobile, a rischio della propria vita, fu rimarchevole. Lo sforzo, poi, di trascinare dalla profondità di tre metri un corpo inanime, deve essere stato tremendo.
Nel caso del sarto Francesco Vandini, il gesto va altresì considerato alla luce di una menomazione al braccio destro, riportata da soldato e annotata nel libretto militare, che lo portava a scrivere abitualmente con la mano mancina. Quanto al più giovane Sante Argnani (1880-1944), allora appena ventenne (nonno paterno dell’omonimo Sante, marito di Gabriella, che a Filo conosciamo come Renzo), quell’impresa, ormai perdutasi nelle memorie paesane, è ancora ricordata in famiglia e la preziosa medaglia è conservata fra i cimeli più cari. Di lui, di nonno Sante, viene tuttora tramandata la forza proverbiale, capace persino di far tremare, si diceva, un toro preso per le corna.
E’ un atto di valore che fa piacere riportare alla luce in questi giorni prenatalizi. E’ passato più di un secolo da quel fatto, eppure l’ammirazione non può che essere grande. Soprattutto per noi, calati in un mondo in cui dominano e prosperano sempre più Egoismo ed Individualismo, e dove, gesti di disinteressata solidarietà come questo, sono, e forse saranno, io temo, sempre più rari.
Vandini Francesco (Frazcula) Argnani Sante | |
Conferimento medaglia al valore a Francesco Vandini (Frazcula)
N.14565. Il Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’Interno. Veduto il Reale Decreto 11 Aprile 1901 con cui fu conferito a Vandini Francesco, Sarto, la medaglia di bronzo al valore civile per la filantropica e coraggiosa azione compiuta il 25 giugno 1900 in Argenta (Ferrara), gettandosi con rischio della vita, in un macero in cui l’acqua misurava l’altezza di circa metri 3, nell’intento di salvare una persona calata a fondo non riuscendo però che ad estrarla cadavere. Notifica al benemerito Francesco Vandini la sovrana concessione suddetta, e spedisce al medesimo questa notificazione, in testimonianza dell’onore ottenuto, del quale sarà dato annunzio nella Gazzetta Ufficiale del Regno. Roma, addì 5 maggio 1901. Il Ministro. |
Parrocchia di Filo, Registro Defunti.
Trascrizione: Die 25 Junii 1900. Franciscus filius quondam Josephi Selva e Martini Mariae, annorum viginti et octo hodie hora undecima antemeridiana miserrime periit in maceratojo. Ejus cadaver ad Ecllesia delatum, et per solito Ufficio, et mortuorum exequis, humatum fuit die seguenti in pubblico coemeterio. Ita est. Joseph Parochus Cellini.
Traduzione: Il dì 25 Giugno 1900. Francesco del fu Giuseppe Selva e Maria Martini di anni 28, oggi alle undici del mattino perì miseramente in un maceratoio. Il suo cadavere fu consegnato alla Chiesa, per il solito rito ed esequie e fu inumato, il giorno seguente, nel pubblico cimitero. Così sia. Giuseppe Cellini Parroco.
[1] Archivio Storico Comunale di Argenta, segn.285, class. 28.2, “Anno 1900. Titolo XII. Rub. dalla III alla V- Posizione dalla 356 alla 362, data:1900 - Posizione 360: “Atti di valor civile compiuti da Magnani Domenico Girolamo [San Biagio], Vandini Francesco e Argnani Sante [Filo], Malisardi Lucio [Traghetto]”.
[2] Filo, 3 luglio 1900, dichiarazione sottoscritta da Vandini Francesco, Argnani Sante e dai testimoni Squarzoni Emilio e Squarzoni Guelfo.
[3] Filo, 11 luglio 1900. Il Delegato Comunale. Su richiesta del Sindaco datata 10.7.1900.
[4] Il Municipio di Argenta nella seduta del 19.7.1900 deliberò di «segnalare al Governo ed al Re la coraggiosa azione compiuta». Il successivo 7.9.1900 il Prefetto di Ferrara trasmise il verbale a Roma. Con Decreto Reale dell’11.4.1901 furono conferiti i riconoscimenti ai due giovani filesi. L’attestato porta la data del 5.5.1901, cui seguì l’annotazione sulla Gazzetta Ufficiale del Regno.
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