Le foto furono scattate nel 1961
dagli alunni delle scuole elementari
Nell’ambito di “Filo è festa”, manifestazione che si è svolta nel luglio scorso, è stata proposta, con un ottimo successo di pubblico, un'interessante rassegna di fotografie dei primi anni ’60.
La mostra è stata dedicata alla vecchia fornace del Molino di Filo, uno stabilimento che, negli anni, ha subito molti ammodernamenti e che, di recente, è stato definitivamente abbattuto e ricostruito. Il “corpo” della mostra è stato fornito da un album fotografico raccolto nel lontano 1961 dalle locali scuole elementari e gelosamente conservato dalla famiglia del maestro.
Le foto furono scattate dagli alunni e dal loro insegnante, Ezechia Vistoli, con una modesta Komet II, macchina a quei tempi molto popolare. Le immagini, non sempre nitide, furono corredate di interessanti note ed impressioni dei ragazzi circa l’ampio «mondo del mattone».
Attraverso questa preziosa documentazione costituita da immagini di cose e persone ormai perdute, (testi e didascalie riportati tal quale con pochissime integrazioni, un commento iniziale e finale con l’inserimento, sul tema, di altre immagini d’epoca), si è potuto rivisitare, a distanza d'anni, un antico quanto importante stabilimento del territorio ora cancellato dal progresso e dalle nuove tecnologie.
La rassegna di foto e di testi, ha inoltre permesso di apprezzare alcuni aspetti fondamentali di quella ricerca scolastica: l’accuratezza della visita, la completezza sotto ogni aspetto dell’album che raccolse la singolare esperienza, il lodevole intento educativo del maestro e l’attenzione al territorio che ne erano alla base, la diligenza e lo spiccato interesse dimostrato dai ragazzi per un’attività finalmente osservata da vicino, le puntuali annotazioni che riflettevano, con sincerità e realismo, le condizioni di vita e di lavoro del tempo.
Non poca è stata l’emozione degli anziani fornaciai nel riconoscere e nel ricordare il su e giù dei cigolanti carretti colmi d'argilla, i modesti attrezzi, le rudimentali fasi della lavorazione, i visi ed i sorrisi dei vecchi compagni di lavoro, gran parte dei quali ormai perduti per sempre.
Nel rivisitare a distanza di mezzo secolo l'antica fabbrica dotata di pochissime automazioni e basata, viceversa, su processi manuali che richiedevano grande scrupolosità, attenzione e forza fisica, è sembrato di udire ancora, a tratti, il sibilo della vecchia sirena un tempo familiare, il suono lungo ed ululante che pareva essersi perso nel tempo e, invece, ancora qui ben nascosto nel cuore dei filesi.
Negli anni del dopoguerra, infatti, quel suono caratteristico giungeva più volte al giorno fino alle borgate sparse di Filo e scandiva i ritmi di vita degli abitanti. Era un grande orologio, insomma, con lancette sonore che regolavano tempi ed abitudini di gran parte del paese. A mezzodì e al tramonto, la sirena dla furnéša per molti filesi pareva avere note persino festose nell’annunciare il desiderato ritorno a casa di un familiare per una breve pausa, o per qualche ora di meritato riposo.
Si può dire dunque, in definitiva, che la mostra, curata e commentata da Agide Vandini in collaborazione con Diana Corelli, sia risultata gradita ai filesi, ma non solo. E’ stata anche molto apprezzata da tutti coloro che hanno sempre a cuore luoghi, persone, simboli della nostra memoria e, assieme a loro, il grande patrimonio di valori ed esperienze di cui sono testimonianza
(Agide Vandini, v. in Gentes-Alfonsine, suppl. mens."sabato sera"Bassa Romagna n. 10, settembre 2007, p. 20).
Nessun commento:
Posta un commento