Storia
di un filese ex I.M.I.
(Internato Militare Italiano)
di Beniamino Carlotti
In prossimità del
25 aprile, una data che in questo blog si ama particolarmente ricordare, pubblico volentieri questo
bell’articolo dedicato ad un filese che tutti abbiamo conosciuto e benvoluto
nel dopoguerra, pur senza conoscerne la storia così sofferta: una vicenda
personale che, grazie al lavoro di ricerca dell’amico Beniamino, oggi siamo in
grado di conoscere in tutti i suoi passaggi e particolari.
E’ sêrt e la sua storia sconosciuta, possono esserci di molto
insegnamento in un mondo come quello di oggi, in cui ancora tanti faticano a
capire il valore della Liberazione dal Nazifascismo ed ove talvolta si dà
facile notorietà a persone di ben pochi meriti, se non consideriamo tale quello
di sapersi mettere in evidenza ad ogni costo.
Non importa se
qualcuno può giudicarci un po’ retrò: per quanto ci riguarda, questi personaggi
che possono ancora raccontarci così tanto del nostro passato, sono, e saranno
sempre, i nostri veri «eroi» (a.v.).
Walter Ravaglia
(E’ Sêrt)
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Ci sono ancora tante pagine della «Resistenza», rimaste per
troppo tempo ai margini della
storiografia ufficiale, pertanto da rivedere e perché no, anche da riscrivere.
Dopo ben oltre 70 anni, da una scatola piena di vecchi documenti,
conservata in soffitta dalla nipote, esce una vicenda umana, fatta di
dolore, abnegazione e stenti, ma
sempre sopportati con coraggio e dignità, quella dignità che non barattò mai per un pezzo di pane e solo Dia sa,
quanta fame e quante atrocità
possa aver sofferto in quei 20
mesi di prigionia .
Vi propongo oggi, la storia di uno di quei 650.000 IMI, che si rifiutarono di aderire, sia alle forze armate tedesche che di arruolarsi nella Repubblica Sociale
di Mussolini, preferendo rimanere a tempo indeterminato nei Lager in
cui erano stati rinchiusi, in condizioni durissime ed assegnati ai peggiori
lavori .
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Il
regime nazista, non considerò i nostri soldati catturati come prigionieri di
guerra, ma li classificò come «Internati Militari Italiani» (IMI), privandoli
così delle più elementari tutele, garantite ai prigionieri dalla Convenzione di
Ginevra, sottraendoli pure alla
protezione della Croce Rossa Internazionale ed obbligandoli al lavoro
coatto. Era il lavoro infatti, l’obiettivo
principale della macchina bellica tedesca nei confronti dei militari italiani
catturati, un lavoro che verrà svolto in condizioni disumane, in totale spregio
delle leggi di guerra .
Il foglio matricolare (lato A)
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Parliamo del filese Walter Ravaglia (e’ Sêrt), di professione sarto, nato a Longastrino, ma residente
a Filo in Borgo Case Selvatiche, classe 1915. Così riporta il Foglio
Matricolare: «Soldato di Leva classe 1915 Distretto di Ferrara, lì 4 Giugno 1935 ; Chiamato alle armi, lì 16 Aprile 1936 ; Tale alla 4^ Compagnia
Sussistenza, lì 17 Aprile 1936 ; In Congedo Illimitato provvisorio, lì 2 Ottobre 1937».
E fino qui nulla di strano, la sua vita si era svolta secondo i canoni
di quell’onesta e rigida educazione famigliare dell’epoca, fatta di lavoro e
rispetto: «Dio, patria e famiglia», propedeutici a quell’ inevitabile uscita dall’ambito famigliare, per
costruirsi una propria famiglia.
Ma purtroppo, passano pochi anni e
le sirene di un’Italia Imperiale, che sgomita per trovare la sua giusta
collocazione nel novero delle grandi nazioni, porteranno ad una nuova, devastante e rovinosa guerra,
che produrrà macerie ovunque e milioni di morti, ma che soprattutto lacererà
per decenni il tessuto sociale nazionale.
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Sempre
dal Foglio Matricolare: «Richiamato alle armi per effetto del D.M. n° 19810 del
14.9.1940, giunto alla 5^ Compagnia di Sussistenza 24^ Squadra Panettieri forni
Weiss, lì 30 Settembre 1940; Tale in territorio dichiarato in istato di guerra,
lì 6 Aprile 1941 (Croazia); Catturato prigioniero
dalle truppe tedesche a Spalato (Croazia), lì 8 Settembre 1943; Rimpatriato
dalla prigionia, lì 18 Giugno 1945;
Considerato come prigioniero di guerra a tutti gli effetti e “NESSUN
ADDEBITO” può essere elevato in merito alle circostanze della cattura ed al
comportamento tenuto durante la prigionia, lì 7 Agosto 1945». Inoltre sulla prima facciata del Foglio
Matricolare, sono riportate le seguenti annotazioni: «Conferitagli la Croce
al Merito di guerra. N° Concessione 4307
del 18.7.1979; Conferitagli la Croce al Merito di Guerra. N° Concessione 4308
del 18.7.1979; Conferitagli la Croce al Merito di Guerra per internamento in
Germania dopo l’8.8.1943, Concessione N°
2019 del 18.7.1979; Autorizzato a
fregiarsi del distintivo d’onore di Volontario della Libertà, Autorizzazione N°
452/BO del 20.6.1980».
Naturalmente,
tutto ciò ha creato in me non poca curiosità,
ho quindi cercato di approfondire
la ricerca, rivolgendomi anche a ricercatori più qualificati ed esperti,
e ne è risultato un quadro veramente stupefacente, al di là di ogni prevedibile
aspettativa .
Walter,
catturato da truppe naziste a Spalato in Croazia l’8 Settembre 1943, dopo un
esasperante viaggio in treno, sicuramente durato almeno 15 giorni e 15 notti,
fu deportato in Germania, nello Stammlager (Campo di lavoro) VIII A di Görlitz
(oggi Gorlice Polonia), poi trasferito
nello Stammlager VIII B di Neurode (oggi Nowo Ruda) nei pressi di
Lamsdorf (oggi Lambinowice) ed obbligato
al lavoro coatto in miniera. Nel mese di
Settembre 1944, tutti gli schiavi-lavoratori attuarono una forma di
resistenza, sabotando la produzione. Fu
immediatamente attuata una feroce
rappresaglia nei loro confronti, alcuni furono immediatamente passati
per le armi e parte avviati al Campo
di Sterminio di Mauthausen, fra
i quali Walter. Liberato dalle truppe americane il 5 Maggio 1945, curato, sfamato, spidocchiato e fornito di documento di
riconoscimento, presumibilmente su
camion militari alleati, portato al valico del Brennero e da
qui a Bolzano, Centro di Raccolta per i reduci dalla Germania, quindi con mezzi
di fortuna il rientro a casa.
Come
possa essere sopravvissuto ai campi di lavoro ed al campo di sterminio di
Mauthausen è tuttora un mistero, in
quanto, per tutta la vita, non ne parlò mai con nessuno, neppure con la moglie ed i parenti
più stretti, solamente qualche vago accenno a trascorsi di
prigionia in Germania, ma niente di più. Come la stragrande maggioranza
dei reduci dai campi di prigionia di tutto il mondo, Walter al ritorno ha
cercato di dimenticare, anzi di cancellare dalla memoria ogni ricordo. Purtroppo nell’Italia del dopoguerra gli IMI
erano uno dei simboli di una guerra
perduta, incarnavano la tragedia di un passato, che la memoria collettiva voleva
immediatamente rimuovere.
Solo
di recente, gli storici hanno cominciato
a studiare il gesto collettivo di resistenza degli IMI, ma purtroppo, devono
fare i conti con la scarsità di fonti e di memorialistica.
Anche se con molti anni di ritardo, vorrei ora
ricordare Walter, con questo frammento
di saggezza di un partigiano-scrittore,
Nuto Revelli : “Anche noi, i partigiani combattenti, abbiamo tardato a
renderci conto che la prigionia nei Lager tedeschi era una pagina della
Resistenza almeno nobile ed eroica quanto la nostra guerra di liberazione.
Credevamo, sbagliando, che solo la lotta armata meritasse un giusto
riconoscimento”.
Ma non basta ricordare, ritengo giusto, anzi
doveroso commemorare il suo sacrificio e la sua fierezza d’animo, al più
presto, provvederò ad inoltrare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
richiesta di concessione alla memoria di «Medaglia d’Onore per i cittadini
italiani deportati ed internati nei lager e destinati al lavoro coatto
per l’economia di guerra nazista (Legge 27.12.2006, N° 296)».
Riconoscimento postumo, che la Repubblica Italiana, ha concesso a titolo di
risarcimento morale a tutti gli Internati Militari Italiani nei Lager nazisti e
che Walter si è meritatamente
guadagnato.
4 commenti:
Altre tempre d'uomini di altri tempi, in cui dignità ed onore erano principi impresindibili. Spero tanto che i giovani d'oggi ne traggano la dovuta lezione.
Anni fa, ebbi il piacere di conoscere Walter, persona deliziosa e gradevole, parlammo di tante cose, ma non mi accennò mai a questo suo trascorso. Onore e dignità personale traspaiono da queste belle parole, GIUSTO averle scritte.
Onore a Walter.
Ciao. Vengo da Neurode. Vorrei descrivere il campo di lavoro dei prigionieri di guerra italiani nel campo Neurode. Per favore contattami: krzysztofkreg@tlen.pl
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