martedì 4 novembre 2025

Chiusura dei miei depositi e Novità editoriali

 

Nuova uscita e modifiche nella distribuzione dei mei libri

di Agide Vandini

 

 

Raggiunta proprio oggi la bella età di 80 anni, ho completato il ritiro di tutti i miei libri in deposito presso i distributori, ovvero le edicole, cartolerie, negozi di Filo e dintorni, amici che ho sentitamente ringraziato per la disponibilità dimostrata in tutti questi anni.

Naturalmente, rimango in contatto con loro per ogni eventuale richiesta, che, ovviamente, soddisferò fino all’esaurimento di quanto disponibile.

Nel frattempo ho dato alle stampe una nuova raccolta, in due volumi e a tiratura limitatissima, dei miei sei romanzi storici articolati in due trilogie, con testi rivisti e corretti e con qualche illustrazione in più, nell’intento di favorire una maggior facilità di lettura.

È una edizione-ricordo ideata per familiari, sostenitori e collezionisti. La disponibilità per gli eventuali interessati è al momento limitatissima (una decina di pezzi). Il prezzo è molto contenuto: per ogni coppia di volumi basteranno 30 Euro, oltre alle eventuali spese di spedizione.

 

 





Volume I°



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Volume II° 


TRILOGIA SEICENTESCA 

«Antica terra di Romagna»:

 



Il Ramingo della Valle. Romagna Estense, fine ‘500. Nel pieno di una violenta repressione del brigantaggio, la famiglia di Rolando subisce un’aggressione meschina e sanguinosa. Il giovane, per salvarsi da accuse ingiuste e infamanti è costretto alla fuga nella grande Valle assieme a Caterina, la ragazza che ama. È, per Rolando, l’inizio di una serie di incontri, di viaggi, sorprese e avventure mozzafiato, nello scenario di una Bassa Romagna ancora paludosa e in balia delle acque.

 

Il ragazzo venuto dalle Fiandre. Romagna, prima metà del ‘600. È un’epoca di dissidi religiosi molto profondi su cui si abbatte, anche in Romagna, la terribile peste del 1630. I personaggi de’ Il ramingo della Valle e i loro discendenti, in un’Europa dilaniata da guerre e violenze, sono oggetto di inauditi soprusi. Divenuti fuggiaschi loro malgrado, affrontano emozionanti e tempestose avventure, per poi battersi fino in fondo, e in ogni direzione, seguendo le aspirazioni del cuore e le ragioni della giustizia.




Il Mantello scarlatto. Lugo di Romagna, metà ‘600. Una donna viene uccisa per screditare un presunto rivale, un gesto orchestrato dalla ferocia di un uomo la cui ambizione non conosce limiti. Ancora una volta, nella lotta contro prepotenza e arbitrio divengono protagonisti, a fianco dei discendenti del ‘Ramingo’, uomini e donne ai margini della civiltà e della storia. Fra amori travolgenti e contorte diatribe seicentesche, un manipolo di giovani coraggiosi è al centro di avventure mozzafiato, nelle Valli come negli Oceani, fino allo scontro finale, fino al trionfo della verità.

 

 

TRILOGIA RISORGIMENTALE

«Romagna Ardente»:

 

Il gradino di terra. Romagna, fine ‘700. Sante e Michele, fratellastri, figli di scariolanti e di contadini, affrontano in modo opposto un mondo dominato da ingiustizie e disparità sociali. Le loro vicende avventurose prendono l’avvio a fine ‘700, allorché viene ridisegnato l’ambiente naturale della Bassa Romagna. Sono gli anni della calata dei francesi e di un vento di libertà talvolta illusorio ed effimero. Nelle terre in via di bonificazione, in un contesto di rancori e di sogni infranti, prendono vita toccanti storie d’amore, di uomini e donne sempre più protesi al loro riscatto sociale.



 

La spada tra le spine. Romagna, anni della Restaurazione Pontificia.  Dopo i primi moti carbonari, Tiberio, giovane medico e patriota, è costretto a rifugiarsi nella boscaglia alla foce del Santerno. Lì conosce la bella e coraggiosa Barbara. Entrambi ardenti di amor patrio, vivono con passione un contrastato sogno d’amore, in un ambiente in parte ancora selvaggio e palustre, a contatto con briganti, contadini e altri singolari personaggi ai margini della civiltà, eppure capaci della più generosa solidarietà umana. 



 

Ottocento Romagnolo. Romagna, epoca risorgimentale. Lorenzo nasce da ferventi patrioti romagnoli, uniti da un coraggio infinito e da un amore perseguitato e sofferto. Il giovane vive le persecuzioni e l’entusiasmo rivoluzionario di tre generazioni della famiglia, assieme ai colpi di coda di un sistema di potere, quello pontificio, ormai anacronistico e decrepito. Dopo dure battaglie campali e ideali, Lorenzo vedrà finalmente realizzata l’Unità e l’Indipendenza del Paese, ma dovrà fronteggiare, coi propri figli e con nuovo slancio ideale, i grandi problemi dell’Italia postunitaria.



 

 

Le richieste eventuali possono essere rivolte al mio indirizzo e-mail (agide.vandini@gmail.com) precisando l’indirizzo di consegna o le modalità di ritiro. Darò indicazioni per il versamento e consegnerò in ordine di prenotazione, fino ad esaurimento.

lunedì 10 febbraio 2025

In uscita «La lunga battaglia»

 

Storia e cronache del nostro primo Novecento

di Agide Vandini

 

 

 



 

 

Possono insegnarci ancora qualcosa, nel nuovo millennio, le lotte e le sofferenze di un «paese rosso», bastonato e perseguitato dal fascismo, poi preso di mira e martoriato dagli orrori della guerra e dall’odio politico? Possono esserci d’aiuto alcune cronache d’epoca, parrocchiali e non solo, per spiegare una storia nazionale che si vorrebbe dimenticare, eppure così intrecciata alle vicende di casa nostra? È quanto ci si chiede scorrendo queste pagine, calandosi in grandi battaglie e aspirazioni sociali, in emozionanti vicende umane, in una «Resistenza» estrema davanti a rancori e mostruosità ideologiche che, ancora oggi, non intendono abbassare la testa. (Longastrino, CDS Edizioni, 2025: 182 pag. - € 12 - 140 illustrazioni)

 

 

 

È la mia ultima fatica storico-letteraria, un’opera che ho potuto realizzare sulla scorta della documentazione messa a disposizione dai nostri assidui ricercatori, nonché grazie alla generosa collaborazione editoriale fornita dagli amici di Longastrino.

A ognuno di loro rinnovo, qui, i più sentiti ringraziamenti.

È un testo che vede la luce nell’80esimo della Liberazione del Paese, frutto del lavoro portato avanti in questi anni dagli assidui appassionati di storia filese e che si avvale comunque di testimonianze in parte inedite, in primis delle importanti cronache parrocchiali del periodo, oltre che di nuove fotografie ed immagini d’epoca.

L’intento è quello di fornire un utile strumento di informazione e di consultazione ai giovani del nostro territorio che non hanno potuto ricevere testimonianze, né dirette, né indirette degli avvenimenti oggetto di trattazione.

Il magnifico disegno di copertina che «profuma» di Libertà è opera dell’ispiratissima Angela Corelli e la lusinghiera prefazione è stata scritta da Federica Seneghini, giovane e preparata giornalista del Corriere della Sera.

La distribuzione al pubblico è curata dall’Editore CDS; il prezzo fissato in edicola è di 12 €. Si conta di poter organizzare prossimamente a Filo una presentazione del libro.

Per chi risiede fuori dal territorio, «La lunga battaglia», come tutti i miei libri ancora disponibili, può essere richiesto via mail all’indirizzo: agide.vandini @gmail.com. Il volume sarà spedito in "piego di libri" all'indirizzo postale del richiedente previo pagamento (secondo istruzioni) del prezzo di copertina, senza alcun aggravio di spese di spedizione per le località italiane.

Per i più interessati ai contenuti ed agli scopi dell’opera, trascrivo qui integralmente le pagine della mia “Introduzione”.

 

 

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INTRODUZIONE DELL’AUTORE

La «Carta» più bella del mondo

 

Le lunghe ed aspre battaglie sociali vissute in paese, nei racconti che me ne fece mio padre, mi son tornate alla mente qualche giorno fa, sfogliando alcune carte di zio Raffaele.

Nel mazzetto di scartoffie, ordinatamente ripiegate in quattro, stavano alcune quote di un Prestito lanciato dal PCI nel marzo del ‘46 e altre ricevute per sottoscrizioni dell’anno dopo: cinquecento lire in tutto.

Intendiamoci, non si trattava di una cifra spropositata, ma, in quegli anni, la bellezza di zènt scùd incidevano, e non poco, nella stentata economia di una famiglia di braccianti [1]. Sommette del genere, devolute al «partito», erano una chiara dimostrazione di fede in chi aveva combattuto la dittatura fascista ed idealizzava una democrazia attenta ai bisogni dei lavoratori.

Davanti a quei vecchi fogli un’altra immagine si è subito stampata nella mia mente: il comodino di mio padre Guerriero, detto Ghéo, coi suoi tanti libricini ed opuscoli, un sull’altro.  

Il saggio politico più sfogliato aveva per titolo: L’estremismo, malattia infantile del comunismo, testo, nientemeno, di Vladimir Lenin del 1920. Un giorno, preso da curiosità, ci buttai l’occhio. Vi si criticava, se ben ricordo, il settarismo di Bordiga, l’uomo alla testa del Pcd’I nel ‘21 e sostituito da Antonio Gramsci pochi anni dopo. Quelle pagine biasimavano un principio: «niente compromessi», concetto col quale si ebbe a dibattere parecchio, in altro scenario, nell’immediato secondo dopoguerra.

Quanti sogni di equità e giustizia sociale risiedevano su quel comodino! E quante discussioni e ragionamenti fra compagni dovettero tenersi negli anni di lotta, all’interno della litigiosa sinistra storica, sui mezzi per raggiungerla…

Aspirazioni sociali, lotta contro la schiavitù imposta dalla miseria, solidarietà verso i popoli sottomessi, verso uomini e donne di questo mondo asserviti al dominio straniero. Idee-forza che non scaldano per nulla i tanti «antipolitici» di oggi, quelli che pensano ognun per sé e non amano occuparsi degli sfruttati e degli oppressi di questa terra.

Tramontate le ideologie, però, vecchi e nuovi problemi stanno affliggendo la società, dall’intolleranza religiosa ai risorgenti nazionalismi, dalle nostalgie autoritarie ad una xenofobia che vorrebbe nascondere il becero razzismo che ne è alla base, per non dimenticare la crisi del pianeta e l’influenza che avrà uno sviluppo tecnologico senza freni sulle nuove generazioni.

Problemi universali e giganteschi che non si possono certo affrontare da soli, o con lo zapping davanti al televisore, anche perché l’individuo rimane homo homini lupus, con le sue debolezze e prepotenze, preda di pulsioni e ansie di potere, sempre proteso al dominio dell’uomo sull’uomo.

Ahimè, con o senza ideologia di fondo, il bisogno di libertà, anche per i millennials è tuttora - e rimarrà - insopprimibile, ed è qui che può entrare in gioco la preziosa lezione della storia.

Purtroppo, a distanza di pochi decenni dall’arduo cammino che ci ha portati alla Libertà e alla Democrazia, si tenta di continuo di distorcere le vicende passate e trapassate, calando un velo d’oblio e di ovvietà, direi quasi di conformismo, sulle dure battaglie dei padri, dei nonni e forse persino dei bisnonni.

Per questo credo valga la pena, in nome di quegli sforzi e di quelle lotte, riordinare con pazienza le tappe del lungo processo di democratizzazione italiana, magari partendo proprio dalla piccola storia di un umile paesino di campagna e dalle sofferenze da esso patite, da cronache di una modesta comunità che ci rimandano al più ampio contesto nazionale.

Non vuol essere una rassegna di nomi, dati o singole tragedie: è un compito già svolto da altre importanti e lodevoli pubblicazioni; l’intenzione è di far emergere, a poco a poco, dai tanti episodi piccoli e grandi, un racconto, una visione d’insieme, il sentire di un popolo, il vissuto umano e collettivo di una comunità di scorza dura, di un animo combattivo che fonda le radici chissà dove e che risale, forse, alla notte dei tempi.

In questo credo possano essere d’aiuto anche le cronache d’epoca di parroci tradizionalisti come Don Mazzini e Don Bezzi. Le notizie spicciole di quegli anni, nella loro preziosa scansione temporale, ci forniscono il day by day delle sofferenze patite, in un arco di tempo che va dalle sopraffazioni fasciste della prima ora, ai soprusi dell’occupazione nazista, in una striscia di terra divenuta, nell’ultima fase dell’avanzata anglo-americana, passaggio obbligato per il fronte di guerra.

Ad ogni capitolo di storia nazionale, perciò, verrà accodata la relativa cronaca locale e questo per tutta la durata della «lunga battaglia», ossia fino ai primi passi dello stato democratico.

Un periodo nodale, quest’ultimo, vissuto in gran parte nel segno dell’Unità nazionale antifascista, anni che furono segnati da compromessi anche sofferti, scelte che tuttavia permisero di raggiungere la sospirata carta costituzionale, quella che, ancora oggi, per la sua concezione antiautoritaria, è da molti considerata, «la più bella del mondo» [2].

 

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«Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione.»

  

                                                                           Piero Calamandrei [3]

 



[1] Secondo un riferimento tangibile come il costo di un giornale (all’epoca 5 Lire, oggi 1,5 Euro) il valore attuale sarebbe di 150 € (500/5=100; 100*1,5).

[2] I capitoli di cronaca locale sono segnalati con una testata apposita, ossia con asterisco e cambio di font, in un riquadro con lo sfondo in grigio.

[3] Discorso ai giovani tenuto alla Società Umanitaria, Milano, 26 gennaio 1955.

mercoledì 9 ottobre 2024

Un giorno da Professore…

 

La «trafila garibaldina» rivissuta coi ragazzi delle ‘Medie’ di Ravenna

di Agide Vandini

 


Debbo la bella occasione che mi è stata offerta, alle vicende avventurose di un paio di personaggi del mio ultimo romanzo storico.

In «Ottocento romagnolo», infatti, Lorenzo, medico e principale protagonista, assieme alla compagna-infermiera Rosella si offre volontario e accorre alla difesa della Repubblica Romana del 1849, purtroppo osteggiata e infine soffocata nel sangue dalle potenze dell’epoca.

I due seguono il generale Garibaldi alla sua partenza da Roma e non lo abbandonano neppure quando, giunto a San Marino e consegnate le armi, decide di raggiungere Venezia, ultimo baluardo di indipendenza rimasto dalle rivoluzioni del ’48.

Con Garibaldi e con la coraggiosissima Anita essi quindi vivono le tappe della loro fuga nell’entroterra romagnolo, dopo che i barconi garibaldini sono stati intercettati dalle squadre navali austriache.


Nella loro fuga avventurosa (vedi mappa a fianco) fra le Valli dell’epoca essi sfiorano il territorio comunale filese (all’epoca ancora comune indipendente) e attraversano il Reno di fronte a Mandriole.  Sono gli ultimi istanti di vita della povera Anita che Garibaldi perderà appena passato il fiume, mentre i generosi romagnoli, da Sant’Alberto fino al confine con la Toscana, lo nasconderanno dalle persecuzioni clericali ed austriache. Fu questa la famosa «trafila» di uomini fidati che lo salvò da morte certa, una dimostrazione di fede nell’uomo e nella causa dell’Unità d’Italia, una dedizione totale per la quale il generale proverà gratitudine per tutta la vita.

Ebbene, di tutto questo sono stato invitato a parlare, lunedì scorso 7 ottobre, alla 3 B della Scuola Secondaria «V. Randi» di Ravenna. Credo di essermela cavata abbastanza bene  davanti a ragazzi molto interessati e sempre affascinati dalla figura intramontabile dell’Eroe dei Due Mondi.


Una soddisfazione incredibile per me e anche un’emozione unica nel tornare, 65 anni dopo, in una scuola Media e stavolta… dall’altro lato della cattedra…

Un sentito «grazie» agli insegnanti e agli splendidi studenti!

  

PS: Segnalo agli appassionati un sito documentatissimo ove si racconta in modo molto dettagliato la storia della fuga dei garibaldini attraverso le nostre Valli, la morte di Anita, nonché la famosa «trafila» coi nomi di tutti coloro che contribuirono al salvataggio di  Garibaldi:  https://www.capannogaribaldi.it/trafila-garibaldina/ 


giovedì 25 aprile 2024

Il Corriere della Sera ricorda il sacrificio di Agida Cavalli…

 

Nell’Edizione On line del Corriere della Sera di Milano, è comparso stamattina 25 aprile, nella ricorrenza della Liberazione dell’Italia dal Nazi-fascismo, un bell’articolo in ricordo del sacrificio della filese Agida Cavalli, la mia nonna paterna di cui porto orgogliosamente il nome.

L’articolo è nato da una spontanea iniziativa della giornalista che, già documentata in proposito, circa un mese fa ha voluto incontrarmi a Filo, nel luogo in cui si consumò la maledetta spedizione di morte della squadraccia fascista, una vicenda che nel dopoguerra fu raccontata anche da Dario Fo e Renata Viganò.

Devo molta gratitudine a Federica Seneghini – di cui, oltre al bell’articolo, riporto qualche breve nota biografica reperita in rete -, una scrittrice attenta e scrupolosa che mi son sentito di ringraziare anche a nome di mio padre (perso ahimè da tanto tempo) e di tutte le sofferenze di cui ebbe a patire.

Soprattutto, pur toccato emotivamente dal ricordo di una nonna che non ho purtroppo potuto conoscere e alla quale debbo la mia stessa esistenza, io e la mia famiglia non possiamo che continuare a sentirci orgogliosi del suo gesto coraggioso, del suo impulso di donna e di madre, di «una madre della Resistenza» come ebbe a chiamarla Renata Viganò, di un sacrificio che ancora oggi può insegnarci qualcosa.

Grazie Federica, grazie di cuore.

 (cliccare sulle immagini per ingrandire a tutto schermo)


 Questo il link dell’articolo on line:

 https://www.corriere.it/cronache/24_aprile_25/agida-cavalli-storia-1505d65c-e59c-4206-8ce5-d076df606xlk.shtml

 



 

 

martedì 9 aprile 2024

Quando e come ebbe origine il dialetto…

 

Una pregevole trattazione di Giberto Casadio

di Agide Vandini

 



Nel recente numero di Marzo-Aprile della Ludla - Periodico dell’Istituto Fredrich Schurr per la valorizzazione del dialetto romagnolo – il Direttore Editoriale Gilberto Casadio [1] ha fornito una interessantissima ricostruzione dei processi linguistici della nostra penisola, soffermandosi in particolare sul ‘come e quando’ ebbe ad affermarsi il dialetto romagnolo, idioma che si differenziò via via dalla lingua latina d’uso popolare da cui aveva tratto origine.

L’articolo ha il pregio della sintesi e, al tempo stesso, della chiarezza interpretativa, sicché io credo possa soddisfare la curiosità di ognuno di noi e magari anche rimuovere qualche riottosità ancora presente sull’argomento.

Avendo avuto in passato parecchie discussioni fra amici su questi temi ed essendomi talvolta battuto di fronte a tenaci e persistenti luoghi comuni, ho colto la palla al balzo per proporre qui l’intero articolo, convinto far cosa gradita ai lettori del blog  (si consiglia di cliccare su ognuna delle due immagini per ingrandirle a tutto video).


Sono certo che una dissertazione così esauriente verrà molto apprezzata e che tanti amici, cresciuti come me col romagnolo quale lingua madre, saranno ben lieti di saperne un poco di più…

 



[1] Linguista più volte citato in questo blog ed Autore di un prezioso testo di riferimento per gli amanti del dialetto (G. Casadio, Vocabolario Etimologico Romagnolo, Imola, Editrice Mandragora, 2008).