Il centro di Filo
dall’Unità d’Italia ad oggi - 2 -
di Agide
Vandini
Si consiglia di ingrandire le
immagini a tutto schermo
Dopo aver
raccontato, pochi mesi fa 21.10.22, come nacque e perché il borghetto da noi
chiamato «Corea» (http://filese.blogspot.com/2022/10/il-borghetto-da-noi-chiamato-corea.html)
dedico questa seconda parte alla strada che attraversa il centro del paese, basandomi
sull’osservazione di un paio di planimetrie miracolosamente scampate alle
distruzioni belliche. Lo scopo è quello di approfondire e documentare, a
beneficio di chi non ha potuto vivere neppure in parte il «paese vecchio», i
tanti cambiamenti intervenuti nel nostro Borgo Maggiore dalla seconda metà
dell’Ottocento ad oggi.
Le due
planimetrie, datano rispettivamente al 1870 ed a 36 anni dopo, ovvero al 1906, documenti
entrambi offerti dal bel libro di memorie paesane di Egidio Checcoli di una
ventina d’anni fa, piantine che ho cercato di rendere confrontabili [1].
Centro di Filo - Planimetria dell’anno 1870
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Planimetria dell’anno 1906
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Nella prima
delle due mappe la strada che «mena a Longastrino» viene ancora definita «comunale»
(diventerà Provinciale a fine XIX secolo). Alla destra della strada, vengono
indicati in primo luogo i cosiddetti «Vagoni», poi l’osteria e sue adiacenze,
il laboratorio del maniscalco e un’abitazione contigua all’«Oratorio di San
Giovanni», quest’ultimo affacciato all’attuale Via del Martiri. Di fronte all’Oratorio,
all’epoca ancora utilizzato come «luogo pio»[2],
sta il fabbricato ad angolo che a fine secolo verrà in parte adattato a Caserma
dei Carabinieri (nel 1870 la stazione è ancora a Chiavica di legno).
A
fianco la vecchia Caserma. Sotto i «Vagoni» (a sinistra) e la Cà ‘d Mariàz (a destra)
Del piccolo
rigagnolo indicato nelle due mappe e dell’alveo di Po morto, ora rimangono ben poche
tracce, seppure segni tuttora la linea di confine amministrativo fra Ravennate
e Ferrarese. È un confine, peraltro, quello di Po vecchio, che risale alla
prima metà del Quattrocento quando divenne persino confine di Stato, allorché la
Riviera di Filo (ovvero la riva sinistra del Primaro da san Biagio al mare), fu
ceduta dallo Stato Pontifico al Ducato Estense, un confine poi divenuto
provinciale allorché il territorio ferrarese tornò al Papato con la
«devoluzione» del 1598.
Alla sinistra
della strada che attraversa il paese, vediamo invece, nella pianta del 1870, prima
della rampa verso l’attuale Via Mezzoli la vecchia Cà ‘d Mariàz (vedi sopra),
demolita e ricostruita nel dopoguerra.
Non viene ancora
indicata, neppure nel 1906, la Cà-Lónga, costruita
nel Primo Novecento (e che rivediamo nella foto a fianco); c’è invece già la
mia casa natia, l’abitazione (la prima
sulla destra) in cui un giorno andrà a vivere mio nonno.
14
Aprile 1945. Le truppe alleate liberano il paese in gran parte ridotto in
macerie. La mia casa natia, indicata nella planimetria del 1870 è quella più a
destra nella foto. Verrà demolita nei primissimi anni del dopoguerra.
Subito dopo,
in direzione del crocevia e contrassegnate con la lettera «A» e «B» le «scuole
vecchie» che rivedremo nella Terza Parte (di prossima pubblicazione) dedicata
all’antica «Via Chiesa»
.A fianco la casa dell’Annuziatina negli anni ’60 del ‘900.
Alla destra della «Via Chiesa», la pianta del 1870 segnala la cà
dla Nunziadìna, poi alcuni edifici e terreni su cui ci soffermeremo nella
Terza Parte. Vediamo l’abitazione che diventerà dei Tamba, più oltre il
Cimitero che quattro anni dopo (1874) verrà spostato fuori dall’abitato[3],
infine la Chiesa e la Casa Parrocchiale che delimitano il centro abitato. Dalla parte opposta c’è
già la casa che diventerà la Cà dla Mingona ed anche
l’indicazione del ponticello e del viottolo che porta ai capanni (oggi Via
Mezzoli). Oltre la Casa parrocchiale la via prosegue col nome di «Strada dei Dossi».
Rivediamo ora la Via centrale del Paese (ormai divenuta Provinciale) nella planimetria datata 1906.
La Cà-Longa,
come già sottolineato, non è ancora presente. C’è invece il Palazzone già
eretto a ridosso del «Canale dei Mulini di Filo», che scorre ancora nel Po
Abbandonato.
A fianco: Il «palazzone»
nel dopoguerra.
Dalla
planimetria abbiamo conferma dei cambiamenti intervenuti negli edifici
scolastici segnalati da E. Checcoli e che riprenderemo nella parte Terza.
L’edificio un tempo «Casa Comunale» ha infatti subito a cavallo del secolo un’ampia
ristrutturazione, con alcuni abbattimenti (fabbricato B e parzialmente di A),
mentre l’ampio terreno adiacente ha assunto la funzione di «Campicello
scolastico» capace di ospitare più campi di gioco. Di fronte al «Campicello»,
nell’area dell’ex Cimitero, è poi stata appena edificata una seconda sede
scolastica sussidiaria, ovvero le cosiddette «scuole nuove» [4].
Per
riassumere la panoramica, possiamo rivedere e commentare lo scorcio della Via
«Provinciale» ritratta in una nota cartolina anteguerra, raffrontandola con la
realtà dei nostri giorni.
Fine
anni ’30 del Novecento
Dicembre 2022
Appare
evidente come, in questo scorcio di paese, dello scenario del Primo Novecento,
ora non rimanga più quasi nulla.
Al lato sinistro, l’angolo inquadrato della Cà-Longa è stato stravolto dall’aggiunta di un piano abitativo; al posto della Cà ‘d S-ciflĕñ e dell’ex officina di Alfonso Bellettini, oggi abbiamo la moderna abitazione delle famiglie di Roberto e Giorgio Minguzzi; in luogo dell’antico fabbricato che ospitava una piccola bottega (la merciaia Talìa), e diversi «casanti», fra i quali i miei nonni paterni Ivo ed Agida Cavalli, ora c’è il giardino Barabani. Le «scuole vecchie» hanno lasciato il posto ad una imponente «Casa del Popolo», mentre, oltre il crocevia, sono state abbattute e ricostruite la Cà dla Nunziadìna e il magazzino carburanti al suo fianco.
Al lato
destro della Provinciale, in luogo dell’Osteria «Vini e liquori» ora abbiamo il
«Bar del Portico». Sono scomparsi sia il popoloso condominio adiacente (centrato
dalle bombe e demolito nel dopoguerra), sia la bottega ed abitazione dell’Eugenia
e dell’Egles Barbieri, dotata di prospicente balcone. Al loro posto è sorto il
parchetto e la piazzetta-parcheggio dedicata a Giulio Bellini. Completamente trasformati
e praticamente irriconoscibili anche gli altri fabbricati vicini che, in tempi
diversi, hanno ospitato il fabbro Carónt, ovvero Lino
Squarzoni (in fondo ad un viottolo), il maniscalco Nicola, i barbieri Pippo e Cichìno, il
calzolaio S-ciuptìna e la merceria di Nella Siroli.
Nell’angolo dell’incrocio
che conduce al Borgo Ravegnano, la vecchia Osteria di Benàs è stata in
un primo tempo trasformata nella Tabaccheria-Cartoleria Guidarini, divenuta in
seguito «Marani» ed in un secondo tempo nel bazar Ghirardini. Oltre la «Via del
Martiri», al posto della vecchia Caserma dei Carabinieri, trasferita presso la
chiesa a metà degli anni ’70, oggi vediamo il bel negozio di Chiara Marani.
°°°
Fin qui le
trasformazioni della Via «Provinciale», un tempo «Comunale».
Quelle della
«Via Chiesa» verranno commentate nella «Parte Terza», prossimamente su questi
schermi...
[1] E. CHECCOLI, Filo
della memoria, Prato, Ed. Consumatori, 2002, p.57 e 59.
[2] Il
cosiddetto Oratorio, come tutti i beni facenti capo all’antico Hospitale di
San Giovanni Battista (che si collocava alla sinistra del Po, fra il Borgo
Maggiore di Filo e Case Selvatiche) verrà ceduto a privati proprio in quegli
anni. Nell’inventario dei beni della chiesa l’«Oratorio» veniva ancora annotato,
a fine ‘800, fra i luoghi religiosi della Parrocchia: «...Il secondo
soppresso è l’Oratorio di San Giovanni Battista posto vicino all’argine
sinistro del Primaro abbandonato e che guarda colla faccia la strada comunale
di Filo dalla parte di settentrione. Di questo Oratorio essendosi impossessato
la Congregazione di Carità di Argenta, mentre era un luogo pio, fin dall’anno
1860, fu dalla medesima Congregazione venduto nell’anno 1871 ad un certo
Squarzoni Stefano di Filo, il quale lo ha reso in uno stato di abitazione…»
(Inventario di Don Cellini, parroco di Filo, datato 20 aprile 1890).
[3] Si veda in http://filese.blogspot.com/2021/03/anno-1874-la-prima-sepoltura.html l’annotazione della prima sepoltura nel nuovo
cimitero.
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