lunedì 9 gennaio 2023

La vecchia «strada che mena a Longastrino»

Il centro di Filo dall’Unità d’Italia ad oggi - 2 -

di Agide Vandini

 

Si consiglia di ingrandire le immagini a tutto schermo

 

Dopo aver raccontato, pochi mesi fa 21.10.22, come nacque e perché il borghetto da noi chiamato «Corea» (http://filese.blogspot.com/2022/10/il-borghetto-da-noi-chiamato-corea.html) dedico questa seconda parte alla strada che attraversa il centro del paese, basandomi sull’osservazione di un paio di planimetrie miracolosamente scampate alle distruzioni belliche. Lo scopo è quello di approfondire e documentare, a beneficio di chi non ha potuto vivere neppure in parte il «paese vecchio», i tanti cambiamenti intervenuti nel nostro Borgo Maggiore dalla seconda metà dell’Ottocento ad oggi.

 

Le due planimetrie, datano rispettivamente al 1870 ed a 36 anni dopo, ovvero al 1906, documenti entrambi offerti dal bel libro di memorie paesane di Egidio Checcoli di una ventina d’anni fa, piantine che ho cercato di rendere confrontabili [1].

 

Centro di Filo - Planimetria dell’anno 1870




 

Planimetria dell’anno 1906

  



 

Nella prima delle due mappe la strada che «mena a Longastrino» viene ancora definita «comunale» (diventerà Provinciale a fine XIX secolo). Alla destra della strada, vengono indicati in primo luogo i cosiddetti «Vagoni», poi l’osteria e sue adiacenze, il laboratorio del maniscalco e un’abitazione contigua all’«Oratorio di San Giovanni», quest’ultimo affacciato all’attuale Via del Martiri. Di fronte all’Oratorio, all’epoca ancora utilizzato come «luogo pio»[2], sta il fabbricato ad angolo che a fine secolo verrà in parte adattato a Caserma dei Carabinieri (nel 1870 la stazione è ancora a Chiavica di legno).



 

 

A fianco la vecchia Caserma. Sotto i «Vagoni» (a sinistra) e la Cà ‘d Mariàz (a destra)

 

 

 

 

Il Palazzone, nel 1870, non è ancora stato costruito: nel luogo ove sorgerà a fine secolo si indicano ancora i resti di alcune arginature del Po di Primaro abbandonato nel 1782, dopo la realizzazione del «drizzagno» fluviale che lo allontanò dal paese. Nell’alveo ristretto di Po morto, scorre ancora un piccolo corso d’acqua, il «Canale dei Molini di Filo», scarsamente alimentato da una chiavica sul Reno a Ponte Bastia (poi interrata). Quel «canalino» via via si restringerà, fino a rendersi inutile allorché, il mulino di Filo, sul finire dell’Ottocento, passerà all’energia a vapore.

Del piccolo rigagnolo indicato nelle due mappe e dell’alveo di Po morto, ora rimangono ben poche tracce, seppure segni tuttora la linea di confine amministrativo fra Ravennate e Ferrarese. È un confine, peraltro, quello di Po vecchio, che risale alla prima metà del Quattrocento quando divenne persino confine di Stato, allorché la Riviera di Filo (ovvero la riva sinistra del Primaro da san Biagio al mare), fu ceduta dallo Stato Pontifico al Ducato Estense, un confine poi divenuto provinciale allorché il territorio ferrarese tornò al Papato con la «devoluzione» del 1598.

Alla sinistra della strada che attraversa il paese, vediamo invece, nella pianta del 1870, prima della rampa verso l’attuale Via Mezzoli la vecchia Cà ‘d Mariàz (vedi sopra), demolita e ricostruita nel dopoguerra.


Non viene ancora indicata, neppure nel 1906, la Cà-Lónga, costruita nel Primo Novecento (e che rivediamo nella foto a fianco); c’è invece già la mia casa natia,  l’abitazione (la prima sulla destra) in cui un giorno andrà a vivere mio nonno.

 

14 Aprile 1945. Le truppe alleate liberano il paese in gran parte ridotto in macerie. La mia casa natia, indicata nella planimetria del 1870 è quella più a destra nella foto. Verrà demolita nei primissimi anni del dopoguerra.

 

Subito dopo, in direzione del crocevia e contrassegnate con la lettera «A» e «B» le «scuole vecchie» che rivedremo nella Terza Parte (di prossima pubblicazione) dedicata all’antica «Via Chiesa»


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A fianco la casa dell’Annuziatina negli anni ’60 del ‘900.

 

Alla destra della «Via Chiesa», la pianta del 1870 segnala la cà dla Nunziadìna, poi alcuni edifici e terreni su cui ci soffermeremo nella Terza Parte. Vediamo l’abitazione che diventerà dei Tamba, più oltre il Cimitero che quattro anni dopo (1874) verrà spostato fuori dall’abitato[3], infine la Chiesa e la Casa Parrocchiale che delimitano il centro abitato. Dalla parte opposta c’è già la casa che diventerà la Cà dla Mingona ed anche l’indicazione del ponticello e del viottolo che porta ai capanni (oggi Via Mezzoli). Oltre la Casa parrocchiale la via prosegue col nome di «Strada dei Dossi».

Rivediamo ora la Via centrale del Paese (ormai divenuta Provinciale) nella planimetria datata 1906.

La Cà-Longa, come già sottolineato, non è ancora presente. C’è invece il Palazzone già eretto a ridosso del «Canale dei Mulini di Filo», che scorre ancora nel Po Abbandonato.  

  

A fianco: Il «palazzone» nel dopoguerra.

 

Dalla planimetria abbiamo conferma dei cambiamenti intervenuti negli edifici scolastici segnalati da E. Checcoli e che riprenderemo nella parte Terza. L’edificio un tempo «Casa Comunale» ha infatti subito a cavallo del secolo un’ampia ristrutturazione, con alcuni abbattimenti (fabbricato B e parzialmente di A), mentre l’ampio terreno adiacente ha assunto la funzione di «Campicello scolastico» capace di ospitare più campi di gioco. Di fronte al «Campicello», nell’area dell’ex Cimitero, è poi stata appena edificata una seconda sede scolastica sussidiaria, ovvero le cosiddette «scuole nuove» [4].

Per riassumere la panoramica, possiamo rivedere e commentare lo scorcio della Via «Provinciale» ritratta in una nota cartolina anteguerra, raffrontandola con la realtà dei nostri giorni.

 

Fine anni ’30 del Novecento


  Dicembre 2022

 

 

Appare evidente come, in questo scorcio di paese, dello scenario del Primo Novecento, ora non rimanga più quasi nulla.

 Al lato sinistro, l’angolo inquadrato della Cà-Longa è stato stravolto dall’aggiunta di un piano abitativo; al posto della Cà ‘d S-ciflĕñ e dell’ex officina di Alfonso Bellettini, oggi abbiamo la moderna abitazione delle famiglie di Roberto e Giorgio Minguzzi; in luogo dell’antico fabbricato che ospitava una piccola bottega (la merciaia Talìa), e diversi «casanti», fra i quali i miei nonni paterni Ivo ed Agida Cavalli, ora c’è il giardino Barabani. Le «scuole vecchie» hanno lasciato il posto ad una imponente «Casa del Popolo», mentre, oltre il crocevia, sono state abbattute e ricostruite la Cà dla Nunziadìna e il magazzino carburanti al suo fianco.   

 

Al lato destro della Provinciale, in luogo dell’Osteria «Vini e liquori» ora abbiamo il «Bar del Portico». Sono scomparsi sia il popoloso condominio adiacente (centrato dalle bombe e demolito nel dopoguerra), sia la bottega ed abitazione dell’Eugenia e dell’Egles Barbieri, dotata di prospicente balcone. Al loro posto è sorto il parchetto e la piazzetta-parcheggio dedicata a Giulio Bellini. Completamente trasformati e praticamente irriconoscibili anche gli altri fabbricati vicini che, in tempi diversi, hanno ospitato il fabbro Carónt, ovvero Lino Squarzoni (in fondo ad un viottolo), il maniscalco Nicola, i barbieri Pippo e Cichìno, il calzolaio S-ciuptìna e la merceria di Nella Siroli.

Nell’angolo dell’incrocio che conduce al Borgo Ravegnano, la vecchia Osteria di Benàs è stata in un primo tempo trasformata nella Tabaccheria-Cartoleria Guidarini, divenuta in seguito «Marani» ed in un secondo tempo nel bazar Ghirardini. Oltre la «Via del Martiri», al posto della vecchia Caserma dei Carabinieri, trasferita presso la chiesa a metà degli anni ’70, oggi vediamo il bel negozio di Chiara Marani.

 

°°°

 

Fin qui le trasformazioni della Via «Provinciale», un tempo «Comunale».

Quelle della «Via Chiesa» verranno commentate nella «Parte Terza», prossimamente su questi schermi...



[1] E. CHECCOLI, Filo della memoria, Prato, Ed. Consumatori, 2002, p.57 e 59.

[2] Il cosiddetto Oratorio, come tutti i beni facenti capo all’antico Hospitale di San Giovanni Battista (che si collocava alla sinistra del Po, fra il Borgo Maggiore di Filo e Case Selvatiche) verrà ceduto a privati proprio in quegli anni. Nell’inventario dei beni della chiesa l’«Oratorio» veniva ancora annotato, a fine ‘800, fra i luoghi religiosi della Parrocchia: «...Il secondo soppresso è l’Oratorio di San Giovanni Battista posto vicino all’argine sinistro del Primaro abbandonato e che guarda colla faccia la strada comunale di Filo dalla parte di settentrione. Di questo Oratorio essendosi impossessato la Congregazione di Carità di Argenta, mentre era un luogo pio, fin dall’anno 1860, fu dalla medesima Congregazione venduto nell’anno 1871 ad un certo Squarzoni Stefano di Filo, il quale lo ha reso in uno stato di abitazione…» (Inventario di Don Cellini, parroco di Filo, datato 20 aprile 1890).

[3] Si veda in http://filese.blogspot.com/2021/03/anno-1874-la-prima-sepoltura.html  l’annotazione della prima sepoltura nel nuovo cimitero.

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