giovedì 3 marzo 2022

Quel provvidenziale incontro con gli Antonicelli

 

Filo, primavera del 1945 – I giorni della «Garusola»

di Agide Vandini

 


Mi è particolarmente caro riproporre qui un pezzo di storia paesana che vide protagonista, assieme a personaggi cui dobbiamo grande riconoscenza, l’antico podere della Garusola, oggi importante centro cooperativo, luogo ove vissero per molti anni, nel primo Ottocento, i miei avi paterni come coloni, tanto da ricavarne il nomignolo di Garuŝlìr, soprannome che, ancora nel Novecento, veniva attribuito ai discendenti dell’antenato Mosè (1762-1806), nonno - del nonno - di mio nonno Ivo. A dire il vero, forse per un capriccio della storia, una piccola parte in questa vicenda venne ad averla anche un rampollo dei Garuŝlìr, ovvero mio padre Guerriero; ma andiamo con ordine…  

[Nella foto 1: la «Tenuta Garusola» di Filo]

***

 


Circa mezzo secolo fa, a cavallo degli anni ’70 del Novecento, il babbo mi parlò con grande entusiasmo di un fortuito incontro avvenuto pochi giorni prima, in treno, fra un eminente senatore e un altro parlamentare, il ferrarese Avv. Francesco Lo Perfido. La loro conversazione aveva avuto per argomento il nostro paesello, la sua storia operaia ed i giovani dirigenti che un quarto di secolo addietro avevano promosso la nascita di una Cooperativa bracciantile, all’epoca denominata «Terra e Lavoro»[1].

Babbo Guerriero era stato proprio uno di quei giovani dirigenti filesi al centro della conversazione, ma ciò che più colpiva nel suo racconto e che, ora come allora, provocava scalpore, era il nome altisonante del Senatore della Repubblica che aveva chiesto notizie di loro, ovvero il letterato, antifascista e liberaldemocratico torinese Franco Antonicelli.

Chi non conoscesse la straordinaria biografia del celebre personaggio può documentarsi ricorrendo alle note di Wikipedia e più ancora visionando il filmato della trasmissione a lui dedicata qualche anno fa da Paolo Mieli[2].

Saggista, poeta, editore e tenace oppositore del fascismo da cui fu fortemente perseguitato, egli fu, in estrema sintesi, un grande animatore della vita culturale torinese alla stregua di Bobbio, Einaudi e Pavese. 

[Nella foto 2: Sen. Franco Antonicelli (1902-1974]

 

Nel dopoguerra lasciò il Partito Liberale per passare a quello Repubblicano, approdando infine alla Sinistra Indipendente ove fu eletto in Parlamento per due legislature.

Ci si chiederà a questo punto quale fosse il motivo di tanto interesse verso il nostro paesello da parte di un uomo che, con buone ragioni, è ritenuto tuttora uno dei padri emeriti della nostra Repubblica, con una premura tale da insistere con lo stesso Avv. Lo Perfido di organizzargli un’amichevole rimpatriata coi filesi del CLN, incontro conviviale che poi si tenne, con soddisfazione reciproca, al Ristorante Turismo di Argenta[3].

 

Gli Antonicelli e la «Garusola» di Filo

Il legame del Senatore col nostro territorio proveniva da una passata e temporanea proprietà in loco, ovvero l’esteso ed antico podere filese della Garusola. Quei terreni, negli anni della guerra, erano appartenuti alla sua famiglia, ma quel che più conta è la circostanza in cui la facoltosa famiglia venne a contatto coi giovani dirigenti filesi e il fattivo contributo morale e materiale che, colpita da tanta intraprendenza, decise di fornire, favorendo la loro causa e consentendo, di fatto, il decollo della temeraria iniziativa cooperativa.

Quei giorni concitati ci sono stati narrati una prima volta nell’ambito di una ricerca storica del 1979 [4], poi, qualche anno dopo (1983) in alcuni accorati ricordi di Libero Ricci Maccarini (uno dei protagonisti dell’epoca), infine, in anni più recenti (2002), in una cronaca di Egidio Checcoli basata su notizie e memorie raccolte.

Credo che, per avere un quadro esauriente di quanto avvenne, convenga seguire il filo del racconto di Checcoli, corredandolo ed integrandolo, con alcune note di fondo pagina, di alcune notizie tratte dai testi dei suoi predecessori.

Ecco il bel testo di Egidio:

 

Un aiuto decisivo allo sviluppo delle giovani cooperative filesi venne - prezioso quanto inaspettato - dalla signora Renata Germano, proprietaria dell'azienda agricola Garusola di Filo e moglie di Franco Antonicelli - liberale piemontese coetaneo di Piero Gobetti, più volte arrestato durante il fascismo.

Il marito fu un grande animatore della vita culturale torinese: fondatore dell'Istituto Storico della Resistenza in Piemonte, dal 1968 al '72 l’Antonicelli fu senatore della sinistra indipendente, eletto nelle liste Pci-Psiup.

Che straordinario incontro fu quello tra Renata Germano Antonicelli e i braccianti filesi!

Il racconto di quel che avvenne [nelle primissime settimane dopo la Liberazione ndr], ricorda - a tratti - il Cuore deamicisiano. La giovane nobildonna piemontese, giunta in un piccolo paese sperduto e semidistrutto dalla guerra, pensava di venire a sbrigare i consueti affari legati all’amministrazione delle sue proprietà.

La Garusola era stata affittata anni prima a un commerciante di vini di Lugo, tal Tabanelli, ed era venuto il momento di controllarne le condizioni.

La Antonicelli trovò decine di braccianti che stavano falciando il fieno.

Non si trattava, come seppe presto, dei dipendenti del suo affittuario, ma di braccianti associati in una peculiare organizzazione del lavoro chiamata Collettivo. La [signora] Renata, da donna pratica qual era, decise di andare in fondo alla faccenda.

Incontrati i dirigenti del Comitato di Liberazione di Filo, venne a sapere che la sua terra era stata di fatto abbandonata. Le fu spiegato che sarebbe stato un peccato lasciar marcire tutto quel fieno, visto che i braccianti disoccupati erano tanti e volevano fare "qualche cosa", e che i terreni potevano essere dissodati e nuovamente seminati[5].

Di fronte alla passione di quella gente, Renata ruppe gli indugi: li avrebbe aiutati a realizzare la loro cooperativa. Venne subito convocato l'affittuario e trovata l’intesa per affidare temporaneamente l’azienda al Collettivo, finché non si fosse arrivati al contratto di affitto vero e proprio con la costituenda Cooperativa Terra e Lavoro. Per la verità, il Tabanelli non frappose alcun ostacolo; si ritirò volentieri dall'affare perché riteneva quei terreni poco fertili, e pur di liberarsene pagò l’affitto anche per l’anno successivo[6].

Ma la cooperativa, per lavorare, aveva bisogno di soldi.

La Antonicelli decise così di firmare garanzie a una banca di Lugo (e lo fece più di una volta), affinché finanziasse la "Terra e Lavoro". Nello stesso giorno volle mettersi in viaggio per la città romagnola. Non fu facile, per i filesi, convincerla dei pericoli di quella traversata. Per andare a Lugo bisognava infatti passare per Giovecca, dove i partigiani di Elic avevano stabilito posti di blocco e, si diceva, "non andavano tanto per il sottile".

Una donna straniera e ben vestita avrebbe sicuramente destato qualche sospetto, ed era meglio che venisse accompagnata da chi, in quei posti, era conosciuto. Una donna tanto intrepida, che si era sempre sinceramente schierata contro il fascismo, mal sopportava l’idea di dover essere difesa da chi avrebbe dovuto invece considerarla un’amica.

Ci volle tutta la saggezza e la determinazione di Bruno Natali, Libero Ricci Maccarini, Guerriero Vandini e di Felice Marangoni per farla infine cedere alla prudenza: era meglio evitare rischi inutili, e così fu. L’amicizia tra Renata Germano Antonicelli e i filesi è durata tanti anni, fino alla scomparsa di quella donna straordinaria. Persino pochi mesi prima di morire - ormai ultranovantenne - aveva telefonato ai dirigenti della "Braccianti" per sapere come "andavano le cose dei suoi ragazzi” [7].

Quando Bruno [Natali] o Libero [Ricci Maccarini] raccontavano a noi ragazzi queste storie, tradivano sempre una certa emozione: quell'incontro aveva accelerato la crescita della cooperazione filese e contribuito a migliorare la vita nel paese, e ai filesi rimaneva l’orgoglio di non aver tradito la fiducia che Renata aveva avuto in loro.

Un nuovo capitolo si era aperto per il paese […] [8].

  [Nella foto 3: Franco Antonicelli e la consorte Renata Germano]


È dunque, questa, una pagina di storia che va conservata e fatta conoscere in ogni suo aspetto, sia a chi l’avesse dimenticata, sia alle giovani generazioni.

Per questo ho scritto queste righe. Per rinsaldare la memoria di quegli avvenimenti, affinché non vada dimenticato l’antico coraggio di quei giovani e la singolare, illuminata generosità degli Antonicelli, un insieme di qualità e comportamenti, oggi così raro, che potrebbe ancora esserci d’esempio.

Quando osserviamo con un certo orgoglio, magari proprio alla Garusola, alcune belle realtà odierne, forse allora è il caso di volgere un breve sguardo al passato e ricordare come esse siano nate quasi dal nulla, spinte e sorrette da tanta speranza nel futuro. Soprattutto va dedicato un pensiero devoto alle persone, piccole e grandi, che contribuirono in modo così decisivo alla loro ideazione e realizzazione.

Alla famiglia Antonicelli, alla memoria della signora Renata e del grande letterato, democratico ed antifascista, spetta comunque un posto speciale nel nostro cuore, nonché, oggi come sempre, la sentita riconoscenza dei filesi.

 



[1] La cooperativa costituita il 14 luglio del 1945 svolse fino al 1955 attività promiscue, sia agricole, sia di «Produzione e Lavoro». Dieci anni dopo, nel 1955, l’attività agricola venne da essa scorporata per dar vita alla Coop Braccianti di Filo, in seguito divenuta l’attuale Coop. G. Bellini.

[3] Di quell’incontro a cui mio padre partecipò rammento una foto di gruppo scattata davanti al ristorante, foto che purtroppo non ho più ritrovato fra i ricordi paterni.

[4] B. Celati, R. Fabbri, C. Occhiali, Cooperazione e lotte agrarie 1944-1949: Il Collettivo di Filo d’Argenta, Ferrara, Istituto Gramsci, 1979, p.42.

[5] Riporto qui la testimonianza di Libero Ricci Maccarini. Egli ci racconta come quella visita della signora Antonicelli non fosse occasionale, ma esplicitamente richiesta dal C.L.N. filese. [In proposito, ricordo che mio padre mi parlò di un viaggio avventuroso in treno dello stesso Libero RM, in quei movimentati giorni post Liberazione]. Questo il testo: «[…] la dirigenza locale, che si esprimeva allora nel Comitato di Liberazione Nazionale - C.L.N. -, esercitò le pressioni necessarie, per suscitare l'interessamento della proprietà ed ottenere la ripresa delle attività. Tant'è che, non ricevendo delle risposte rassicuranti, si provvide a comunicare ad un grosso affittuario il "sequestro" della tenuta "Garusola", di circa duecento ettari, che poi risultò essere di proprietà di un illuminato liberale, Franco Antonicelli, già presidente del C.L.N. piemontese, schieratosi, successivamente, sul fronte più avanzato della cultura nazionale, tanto da fare valere la propria presenza in parlamento quale rappresentante dei lavoratori. L'azione intimidatoria del "sequestro" ebbe quale esito riflesso, la visita della consorte del proprietario, arrivata a Filo per accertare lo stato delle cose, e risoluta a rendersi conto della situazione, sebbene a Ferrara ne fosse stata dissuasa, per certi "pericoli" che avrebbe corso di persona, quando fosse venuta a contatto con energumeni quali noi eravamo ritenuti dagli studi professionali frequentati in tale occasione nel capoluogo provinciale». [L. Ricci Maccarini, Dal Palazzone, Argenta, C.S. Offset, 1983, pp.85-86). La sollecitazione alla proprietà, e l’avvenuta occupazione dei terreni da parte dei nostri braccianti, vengono menzionate anche nel lavoro dell’Istituto Gramsci che riporto più oltre.

[6] Scrive a tale proposito L.R. Maccarini:  «Tutto avvenne nei termini di un sincero piacevolissimo incontro, vieppiù animato dall'intelligenza e dall'avvenenza di quella personalità veramente eccezionale, quale si venne a rivelare la signora Antonicelli, che, poi, entusiasmata essa pure dai fervori ben manifesti in ogni atto che segnava la ripresa della nostra comunità, non lesinò i favori a lei possibili, ponendo a disposizione della costituenda cooperativa, per un anno e gratuitamente, la propria tenuta e prodigandosi al fine dell'ottenimento di un prestito bancario, perché non venissero meno i mezzi necessari per la esecuzione dei primi lavori»[L.R.M., op. cit., p. 86].

[7]  Cito qui la ricostruzione storica dell’Istituto Gramsci che riporta ulteriori interessanti dettagli «[…] Nell'estate del 1945 i braccianti del collettivo di Filo occupano «La Garusola», per protestare contro l'assenteismo del negoziante Tabanelli. Venuta a conoscenza della situazione, la signora Antonicelli viene da Torino a Filo, per vedere di persona come stanno le cose, e decide a favore dei braccianti: pur di liberarsi della cura di quei terreni, Tabanelli, in un incontro con la Antonicelli presso l'avvocato Borgatti a Ferrara, si dichiara disposto a pagarne l'affitto, senza l'uso, per tutta l’annata agraria 1945-46. A quel punto la signora Antonicelli concede gratuitamente «La Garusola» al Collettivo di Filo perché la semini, con l'accordo che una decisione per gli anni futuri si prenderà al momento del raccolto. Ma la coltivazione della «Garusola» potrebbe certo essere più produttiva se condotta più modernamente: è però necessario denaro per l'acquisto di buoni semi, di concimi, di strumenti di lavoro. È ancora una volta la signora Antonicelli a preoccuparsi della buona riuscita di quell'esperimento collettivo, a concedere un prestito di tre milioni e mezzo senza interessi. Una parte di quel denaro viene utilizzata per l'acquisto di maiali (avuti a buon prezzo dai contadini dell'Appennino, gli stessi che avevano fornito la carne alle brigate partigiane) distribuiti poi alle famiglie dei collettivisti. Con il raccolto del giugno '46 il collettivo di Filo salda il debito con la Antonicelli e riesce ancora a distribuire ad ogni famiglia 8-9 quintali di grano […]». 

[8] E. Checcoli, Filo della memoria, Prato, Editrice Consumatori, 2002, pp. 151-154.