Antonio
Dalle Vacche, soldato filese caduto 130 anni fa a Massaua
di
Beniamino Carlotti
Introduzione di Agide Vandini
La storia di questo filese, caduto in
Africa in una guerra coloniale di fine ‘800, riportata alla luce da Beniamino,
è di quelle che, pur a distanza di tanti anni, danno da pensare. Vuoi per la
morte inconsapevole e atroce, vuoi perché avvenuta in una terra remota per
ragioni e per logiche così lontane dagli orizzonti di un ragazzo filese nato
nelle nostre campagne, ai margini delle antiche valli e paludi da poco redente.
Antonio Dalle Vacche, milite di fine
‘800, fu omonimo certo non casuale del noto Sindaco argentano del secondo
dopoguerra. La madre del Sindaco, Adele Dalle Vacche (1890-1972), trasferitasi
da Filo a Boccaleone, era infatti figlia di Vincenzo, fratello maggiore del
caduto in Africa. Adele volle evidentemente dare al figlioletto il nome dello
zio, e gli fornì anche il cognome, ossia il suo, essendo il bimbo nato fuori
dal matrimonio. E’ forse questo, quel nome e cognome ripresi da un nipote,
l’unico segno di devozione alla memoria pervenuto ai posteri per un caduto che
finì troppo presto nella dimenticanza, nel trascorrere impietoso degli anni.
L’Africa, le sue vicende spesso tanto
dure e selvagge, nonché le guerre che così malvolentieri vi sono state
combattute, finiscono sempre per evocare in chi scrive pagine e trascorsi
drammatici: dalla fine ingloriosa di Gustavo Bianchi, cui erano intitolate le
Scuole Medie argentane che ebbi a frequentare, alla Guerra d’Abissinia cui mio
padre Guerriero fu obbligato a partecipare nel 1936 e di cui conservo tanti
suoi ricordi, per finire alla dolorosa vicenda del filese Silvino Felloni ed
alla toccante sorte degli italiani a bordo del Laconia nel 1942, vicenda che
tanto interesse ha suscitato nei lettori di questo blog (http://filese.blogspot.it/2008/09/il-tragico-affondamento-del-laconia-12.html e http://filese.blogspot.it/2009/11/rintracciato-il-foglio-matricolare-di.html ).
Sono grato comunque a Beniamino per il
suo encomiabile lavoro di ricerca che oggi ci permette, nel 130° anniversario
della morte, di ricordare degnamente un ragazzo della nostra terra, saltato in
aria in un altro continente per oscuri interessi dei potenti, in una guerra di
conquista assurda, così lontana dagli ideali e speranze di chi, si può starne
certi, per combattere questo tipo di guerra non si sarebbe mai mosso da Filo,
dalle sue campagne, dalle sue nebbie, zanzare e paludi.
Se tutte le guerre ci appaiono stupide,
quelle generate dalle pretese coloniali avanzate da un paese di così fresca e
recente Indipendenza, lo sono anche di più.
Quella perdita di un ragazzo, in quel
modo, anche a distanza di 130 anni ferisce e addolora, provoca tristezza, ma
anche rabbia, intima ribellione e rifiuto dell’idea stessa della guerra.
a.v.
Qualche mese fa,
un amico di Ferrara mi trasmise un documento che recava all’oggetto «Caduti
argentani, guerra d’Abissinia e di Libia». Data un’occhiata frettolosa lo riposi
nella cartella delle evidenze, con l’intenzione di riprenderlo al più presto, cosa
che però non feci, sicché, giorno dopo giorno, più che fra le evidenze, il
documento passò nel dimenticatoio.
Casualità vuole
che, pochi giorni fa, quell’elenco mi sia ritornato fra le mani: giro e rigiro il foglio, resetto dalla mente ogni
altro pensiero di giornata e metto a fuoco l’oggetto o meglio l’argomento. E’ una fila di quattrodici militari argentani
caduti nelle guerre coloniali italiane d’Abissinia (odierna Etiopia) e di Libia
di fine Ottocento / primo Novecento. Ad aprire i caduti d’Abissinia è il Milite
Dalle Vacche Antonio, soldato del Battaglione Fanteria d’Africa, morto a
Massaua il 12.7.1887.
Perbacco, dico
fra me: «Quèst l’è ad Fìl». L’istinto
e la conoscenza genealogica della famiglia mi spingono subito all’approfondimento
dell’origine e della storia di questo ennesimo «Milite» semisconosciuto delle
patrie guerre. Dai successivi
accertamenti effettuati presso l’Archivio Parrocchiale e dello Stato Civile del
Comune di Argenta ricevo l’assoluta conferma dell’intuizione.
Archivio
Parrocchiale di Filo – 1864 Battesimo di Antonio Dalle Vacche
Archivio
Parrocchiale di Filo – 1865 Stato delle Anime - Famiglia Dalle Vacche
Ricorrendo,
proprio fra pochi giorni, il 130° anniversario della morte di questo soldato,
ho ritenuto giusto e doveroso, ricostruire e far conoscere la storia del nostro
umile compaesano, caduto per la Patria in terra straniera: una storia nascosta,
o meglio ingavagnèda come diremmo in
dialetto, fra le mille pieghe di una Storia tanto e troppo più grande, ove trovano
pretesto e ragioni, per quanto inaccettabili, le guerre coloniali italiane di
fine Ottocento.
L’intenzione,
ora, è quella di togliere il fante filese, dal secolare oblio in cui per troppo
tempo è stato relegato, salvandone e recuperandone la figura e la memoria.
Antonio Giovanni
Dalle Vacche, figlio di Luigi e della portuense Lucia Miglionari, nasce a Filo,
in località Case Selvatiche, il
22.4.1864, terzo di quattro figli di una modestissima famiglia di
braccianti agricoli, a soli tre anni dall’istituzione del Regno d’Italia.
Il nuovo Stato
unitario, appena costituito, temendo possibili minacce armate esterne o interne,
ebbe subito l’esigenza di garantirsi la capacità di mobilitare un congruo
numero di uomini in tempi brevi, sicché, dopo un primo periodo di incertezze legislative, con la legge 7 Giugno
1875 n° 2532, fu sancita definitivamente la «Coscrizione obbligatoria» di tutti
i cittadini italiani di sesso maschile.
Fu così che anche
il nostro Antonio, al compimento del diciottesimo anno, fu iscritto nelle liste
di Leva del Comune di Argenta. Arruolato
nel 93° Reggimento Fanteria, verosimilmente nel 1885, la sua ferma triennale
cadde nel periodo in cui il governo italiano stava rivolgendo le proprie mire
espansionistiche verso una parte del territorio africano ancora poco considerata
dalle grandi potenze coloniali: il Corno d’Africa. Lì, da anni erano
indirizzati gli interessi economici di alcuni imprenditori di casa nostra.
Nel 1882, lo
stato italiano aveva acquistato dalla compagnia Rubattino la baia di Assab,
iniziando così la penetrazione nell’area. Nel Febbraio del 1885, prendendo a
pretesto il truce massacro avvenuto in Dancalia ai danni dell’esploratore
italiano Gustavo Bianchi (1845-1884, argentano pure lui),
ebbero luogo i primi movimenti militari. Un piccolo corpo di spedizione di 800
bersaglieri al comando del Colonnello Tancredi Saletta (1840-1909) occupò, con
il tacito assenso britannico, il porto di Massaua, incrementando nei mesi successivi la penetrazione lungo la costa sino ad Assab.
Ne seguì l’annessione al Regno d’Italia dei porti di Massaua ed Assab, nonché di tutto il tratto
costiero che li separava.
Le località
occupate, tuttavia, confinavano con l’Abissinia del Negus Giovanni IV, cui
quella vicinanza parve una minaccia all’integrità del suo Stato. Ras Alula Engid, fedelissimo del Negus,
radunò sotto le proprie insegne circa
20.000 uomini ed il 25 Gennaio 1887 sorprese a Dogali la colonna comandata dal
Ten. Col. Tommaso De Cristoforis (1841-1887), forte di 500 fanti e di 48
indigeni, che si stava dirigendo a rinforzo del presidio di Saati, assediato da
ingenti forze abissine. La colonna, di fronte ad assalitori in forze
preponderanti, si trincerò a difesa davanti ad una massa umana urlante a guisa
di belve; gli abissini attaccarono furiosamente superando la tenace ed accanita
resistenza dei nostri fanti che furono massacrati, e passati poi alla storia
come i «Caduti di Dogali 1887».
Gustavo Bianchi
(1845-1884)
|
Colonnello
Tancredi Saletta
|
Massaua e
dintorni a fine ‘800
(Ricostruzione da
una carta del 1941)
|
Nonostante il
massacro, il Governo italiano, con Depretis prima e Crispi poi, decise di
continuare, anzi di incrementare la politica di espansione coloniale, col
sostegno di importanti gruppi economici
nazionali, accampando a giustificazione una ipocrita «missione civilizzatrice».
Fu così che anche l’Italia del tempo, sia pure un po’ sottotono, partecipò alla
spartizione dell’Africa e delle sue enormi
risorse.
In questo preciso
contesto geo-politico internazionale, il coscritto filese Antonio DalleVacche,
fante del 93° Reggimento Fanteria, 3° Battaglione d’Africa, un bel giorno si
ritrovò sbarcato ed allineato con tanti altri giovani italiani su di una
banchina del porto di Massaua, la principale città portuale dell’Abissinia e
capoluogo dell’omonimo distretto.
Negus Giovanni
IV
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Ras Alula Engid
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Ten. Col.
Tommaso De Cristoforis
|
La cittadina
sorgeva in parte sulla terraferma e in parte su due isole, Massawa e Taulud,
collegate da un braccio di mare costantemente solcato da fragili sambuchi, ossia
dalle più comuni imbarcazioni da pesca e da trasporto locale. L’Esercito
coloniale italiano creò allora la propria base navale all’isola di Taulud e la dotò
di fortificazioni ed accasermamenti per la truppa. Come in tutte le basi
militari, non vi poté mancare una polveriera o «Santa Barbara», ovvero il
deposito di esplosivi e munizioni.
Nessuno saprà
mai cosa passò per la testa di quel giovane filese, nel ritrovarsi scaraventato
dal tranquillo paesello e dalle sue placide acque vallive, a quelle ben più
impetuose del Mar Rosso, in mezzo a gente sconosciuta, nemica o quanto meno ostile, di cui bisognava
sempre diffidare, evitando rigorosamente,
anche per tassativi ordini superiori, ogni forma di
fraternizzazione.
Dei trascorsi
militari in terra d’Africa, riguardo al Fante Antonio Dalle Vacche nulla
sappiamo: non ci sono pervenute testimonianze né scritte, né orali, disponiamo appena di quanto conservato presso
l’Archivio dello Stato Civile del Comune di Argenta, ossia della trascrizione
dell’Atto di Morte redatto dal Ministero della Guerra - Segretariato Generale -
Divisione del Gabinetto del Ministro - Sezione 2^ : «L’anno milleottocentottantasette, il dì dodici del mese di Luglio, nel
Forte di Taulud, mancava ai vivi alle
ore 2 antimeridiane in età di anni ventitre il soldato Dalle Vacche Antonio del
93° Reggimento Fanteria, in seguito allo scoppio della polveriera per ferite
riportate, sepolto a Massaua come consta da notorietà indiscutibile».
Riporta il tragico evento, la rivista La Civiltà Cattolica
che scrive, « nell’esplosione della
polveriera di Taulud, avvenuta il dì 11 Luglio 1887, si perdettero ben 100 mila
lire di materiale polverificio e si ebbero dieci vittime. Si ritiene che lo
scoppio sia avvenuto in causa di infiammazione spontanea della gelatina,
imprudentemente messa nella polveriera ».
Così ebbe fine
la breve esistenza del giovane filese Antonio DalleVacche, morto in terra
d’Africa, lontano dalla sua terra, dalla sua famiglia e dalla sua gente, per un
banale, se pur grave errore umano, che causò ingenti danni e una gran quantità
di vittime.
Non ci sono quindi
da riferire, riguardo alla sua morte, atti di particolare eroismo, come
solitamente intendiamo e come talvolta riporta con fin troppa enfasi l’aneddotica
militare, egli fu semplicemente vittima incolpevole ed inconsapevole di una infiammazione spontanea di esplosivo, il
che lo relegò per centotrenta lunghi anni, nel limbo oscuro dei tanti militi
perduti e pressoché sconosciuti, delle tante inutili guerre.
Per lui non vi
furono onori militari, celebrazioni o manifestazioni di suffragio e di commosso
ricordo, gli mancò persino una degna sepoltura in Patria ed una tomba su cui
deporre un fiore.
Soprattutto per
troppo tempo è mancata una doverosa memoria ed un degno ricordo.
Spero tanto
allora, con queste poche righe, d’avervi, seppur tardivamente, rimediato almeno
in parte.
Antonio, poco
più di un tabàc, un filese di appena
23 anni, caduto in Africa in una guerra e in circostanze umanamente inaccettabili
e assurde.
R.I.P.
b.c.