mercoledì 31 marzo 2021

Sant’Anna

 «Mappe, toponomastica e segnaletica del Filese, 9° puntata, sezione 7 del territorio»

di Agide Vandini

 Articolo originariamente pubblicato su «L’IRÔLA» il 9 – 3 - 2009 e rimosso da mano sconosciuta


«Sant’Anna» - Immagine dal satellite

 


«Sant’Anna» - Le strade e le località

 

E’il nono di dieci articoli complessivi previsti e la settima di otto tappe  in cui si è suddiviso il territorio filese allo scopo di produrre mappe corrette ed aggiornate nonché notizie brevi sui significati della toponomastica e sulla storia del luogo.

L’attenzione stavolta si focalizza sulla porzione di territorio che fa capo a «Sant’Anna», in dialetto Sant’Ëna, piccolo abitato in località detta Valle Risara prima delle bonifiche di fine Ottocento e genericamente ancora indicata come La Val.

 

Più che di un borgo vero e proprio si tratta di una serie di case coloniche raggruppate attorno alle Vie Terranova, Lodigiana, Argine Circondario Pioppa e Rinascita, tanto che, dall’immagine satellitare (prima mappa a fianco) si fatica ad individuarvi l’abitato. Il centro vitale è costituito dal Bar-Ristorante «Cavallino Bianco» in località Sant’Anna, fin dagli anni ’60 del Novecento vero e proprio punto di aggregazione e di ritrovo della popolazione locale.

 

La seconda mappa invece, alla stregua delle altre sezioni, riporta le denominazioni correnti delle vie che  fanno capo a questa porzione di territorio e mette in evidenza i cardini geografici di riferimento.

Si dà ora conto delle più importanti

 

Imprecisioni riscontrate sulle mappe presenti su Internet:

 

 

Errori, carenze (o mancati aggiornamenti) :

 “Bonifica di Argenta” è indicato come nome di località nel punto viceversa conosciuto come Mota.

 

Denominazioni e strade soppresse, adibite ad esclusivo uso privato, o comunque impraticabili:

  1. Cortili privati e diverse strade di campagna.
  2. Strada di collegamento fra la Via Recalci e la Via Tamerischi
  3. Strada di collegamento fra la Via Lodigiana e la Via Rinascita

 

Per questa sezione di territorio, ecco comunque i brevi e sintetici, quanto basilari

 

Cenni sulla Toponomastica

(per approfondimenti e per le fonti non espressamente citate, si veda in A.Vandini, Filo la nostra terra, Faenza, Edit, 2004, parte II)

 

Nomi di Località e di cardini geografici locali:

 

Oca. Una valle, un Pra’ e un Dosso «dell’Ocha», in questo punto geografico, sono più volte citati in documenti seicenteschi. Il nome dovrebbe risalire alla famiglia nobile ferrarese Dell’Oca.

 

Mota. La zona era già definita Mota Massari nella seconda metà dell’Ottocento ai tempi del Magrini, con evidente riferimento alla melmosità del terreno. «Mota» infatti - dicono i dizionari etimologici - è voce antica usata anche dal Boccaccio e dal Sacchetti e vale: «terra quasi fatta liquida dall’acqua e smossa dai passanti».

Sant’Anna.Si tratta della denominazione attribuita alla casa colonica ottocentesca che si trovava in quel punto. La casa e il relativo fienile, oggi demoliti, furono di proprietà prima del Duca Massari, poi dell’Azienda Lodigiana.

 

Pratondo. Si tratta di denominazione dovuta alla forma arrotondata del fondo rurale che si trova  a ridosso di un’ansa del Canale circondario Dominante (Canalen).

 

Pioppa. Denominazione ottocentesca data alla casa colonica (Pioppa vecchia) a destra del Canale Dominante (Canalen). La stessa denominazione fu poi assunta dalla casa ad essa prospicente (Pioppa Nuova) eretta sulla riva sinistra del canale, nel Novecento, dopo la bonifica del Mantello. Qui nell’ultimo dopoguerra ebbe sede anche una sezione distaccata delle scuole elementari di Filo.

 

Morarina. Il toponimo è l’evidente traccia di un morarium, ossia di un bacino saliniero di primo ingresso delle acque salse, una testimonianza inequivocabile delle saline medievali filesi che rimasero attive a lungo in questa zona collocata ad est del cosiddetto «Argine del Mantello».

 

Pecorara. Del«Serraglio detto Pecoraro» c’è traccia in una disegno secentesco del Giudice della Riviera di Filo B.Aleotti. In corrispondenza della casa colonica oggi chiamata Piguréra, il disegno riporta: «Serraglio che il signor Rossetto fece fare per farvi segare come sempre fece sino alla Rotta della Calata de’ Boschi». La Pigurèra fu importantissimo nascondiglio e base partigiana durante la Resistenza.

 

Vie e Strade (in ordine alfabetico):

 

Argine Circondario Pioppa. E’ la strada che, in territorio filese, percorre l’argine destro del Canale Dominante (chiamato volgarmente Canalen). Il canale fu alla base della bonifica del territorio durante la cosidetta «Bonifica Argentana» eseguita negli anni ’70 dell’Ottocento. Delimitò la Valle del Mezzano fino agli anni ’30 del Novecento, epoca in cui fu effettuato un secondo vasto prosciugamento attraverso la Bonifica del Mantello.

 

Ca’ Bovi. Si veda quanto già detto nella sezione 3 (Borgo Maggiore).

 

Del Cippo. Percorre la zona un tempo detta «Bosco del Tamariso», ma ricorda nel nome il vecchio cippo dedicato al sacrificio del carabiniere Albino Vanin, 21enne da Paese (TV) ucciso proprio di fronte all’imbocco di questa strada da malviventi senza scupoli il 15.5.1924.

 

Lodigiana. Si veda quanto già detto nella sezione 3 (Borgo Maggiore).

 

Oca - Pisana. Si veda quanto già detto nella sezione 3 (Borgo Maggiore).

 

Parata. Si veda quanto già detto nella sezione 1 (Rossetta, Case Selvatiche, Il Vallone).

 

Recalci. Si veda quanto già detto nella sezione 1 (Rossetta, Case Selvatiche, Il Vallone).

 

Rinascita. Come altre vie del territorio (Alba nuova, Terranova) ricorda la conversione relativamente recente di questi terreni da paludosi ad agricoli e quindi in grado di dare un maggiore sostegno economico al territorio.

 

Risarola. Si veda quanto già detto nella sezione 3 (Borgo Maggiore).

 

Tamerischi. Si veda quanto già detto nella sezione 1 (Rossetta, Case Selvatiche, Il Vallone).

 

Terranova. Si veda quanto già detto nella sezione 4 (Molino).

 

 (continua - 9  / 10)

 

Articoli precedenti sul tema (v.Archivio Blog): 1. 2008, 1 marzo, «Quanti errori ed insufficienze…»; 2. 2008, 7 maggio, «Per una migliore segnaletica e cartografia del territorio»; 3. 2008, 3 luglio, «Rossetta, Case Selvatiche e Vallone»; 4, 25 agosto, «Il Borgo Ravegnano», 5. 2008, 10 ottobre, «Il Borgo Maggiore»; 6. 2008, 10 novembre, «Il Borgo Molino»; 7. 2008, 1 dicembre, «La Garusola»; 8. 2009, 29 gennaio, «La Chiavica di Legno».

 

Cliccare sulle immagini per vederle ingrandite

 


martedì 30 marzo 2021

I Libri di Agide Vandini – Romanzi storici

 

Trilogia seicentesca «Antica Terra di Romagna»

 

 


 Il ramingo della Valle (368 pagine) (2019)

(1591-1614) Romagna Estense, fine del XVI secolo.

Le condizioni del territorio lughese sono allo stremo. Nel pieno di una violenta repressione del brigantaggio, la famiglia di Rolando subisce un’aggressione sanguinosa. Il giovane, per salvarsi da accuse infamanti quanto ingiuste, è costretto alla fuga verso nord e ad inoltrarsi nella grande Valle assieme a Caterina, la ragazza che ama. È, per Rolando, l’inizio di una serie di avventure mozzafiato, nello scenario di una Bassa Romagna ancora dominata dalle acque.

L’avvincente storia dà il via ad una suggestiva Trilogia seicentesca in cui, avventura, sentimento e anelito di giustizia, si fondono col romanzo di una regione, quella basso-romagnola, ancora costellata di ampi spazi e specchi paludosi, qui vibrante protagonista di una straordinaria vicenda corale.


Fra luci ed ombre di un’epoca di grandi cambiamenti, in un ambiente naturale oggi perduto e dimenticato, si muovono e si battono personaggi di grande freschezza e vivacità, nella cornice di un paesaggio che ancora ci ammalia con l’incomparabile fascino.

Prezzo di copertina €   12

 


  Il ragazzo venuto dalle Fiandre (238 pagine) (2020)

(1615-1635) Romagna, prima metà del ‘600.

Qui come nel resto d’Europa si vivono i tristi momenti e le grandi tragedie provocate da assurde intolleranze della fede, in una società asservita agli egoismi ed agli interessi dei potenti. Le classi meno protette, spesso vessate da leggi e decisioni inique ed arbitrarie, sono costrette a subire, oltre agli effetti di epidemie e catastrofi naturali, anche le conseguenze di guerre rovinose, tanto insensate, quanto interminabili.

In un secolo tanto dominato dall’arroganza delle classi elette finiscono per emergere i valori più alti di lealtà, di amore sincero e di solidarietà umana fra umili personaggi ai margini della storia, come contadini, servi, braccianti, talvolta anche sbandati e fuori legge.

In questo avvincente secondo romanzo della trilogia Antica Terra di Romagna, i personaggi de’ Il ramingo della Valle, ed i loro discendenti, divenuti fuggiaschi e protagonisti di tempestose avventure, attraversano un’Europa dilaniata da guerre e violenze, e si battono fino all’ultimo per far prevalere, non senza perdite dolorose, le aspirazioni del cuore e le ragioni della giustizia.

 Prezzo di copertina €   10



 Il mantello scarlatto (228 pagine) (2021)

(1642-1651) Lugo di Romagna, metà ‘600.

Mentre nello Stato Pontificio a seguito della confisca del Ducato di Castro, fervono i preparativi di guerra contro gli eserciti degli Stati del Nord Italia, in città viene perpetrato un delitto inspiegabile ed atroce.

Una donna viene uccisa allo scopo di screditare un presunto rivale, un gesto alla cui base c’è la ferocia di un uomo che non pone limiti alla sua sfrenata ambizione. Egli però incontra la resistenza di due giovani, di un ragazzo e una ragazza di grande determinazione e coraggio, sostenuti con forza dal nonno e da nuovi e vecchi amici della Valle e della Riviera del Po.

 Ancora una volta, nella lotta contro ogni prepotenza ed arbitrio, un ruolo decisivo vengono così ad averlo uomini ai margini della civiltà e della storia.

In questo avvincente romanzo conclusivo della trilogia «Antica Terra di Romagna», i personaggi e i luoghi de’ Il ramingo della Valle, e de’ Il ragazzo venuto dalle Fiandre, fra amori travolgenti e contorte diatribe seicentesche, tornano al centro di avventure mozzafiato, nelle Valli come negli Oceani, fino allo scontro finale, fino al trionfo della verità e della giustizia.

Prezzo di copertina €   10


                                                Trilogia Risorgimentale «Romagna Ardente»



 Il gradino di terra (236 pagine) (2021)

(1780-1821) Romagna, fine ‘700.

Sante e Michele, fratellastri, figli di scariolanti e di contadini, affrontano in modo opposto un mondo dominato da ingiustizie e disparità sociali. Il primo, sofferto un bruciante sopruso, abbraccia la vita contadina ed accetta la dura fatica di ogni giorno in una terra appena strappata alla palude; il secondo, subita la stessa prepotenza, sceglie la vita alla macchia e diviene il bandito romagnolo più temuto dell’epoca.

Le vicende avventurose dei due fratelli sono al centro del primo romanzo di Romagna Ardente, trilogia risorgimentale che prende l’avvio al tempo delle grandi sistemazioni idrauliche di fine ‘700, allorché viene ridisegnato l’ambiente naturale della Bassa Romagna. Sono gli anni drammatici della calata dei francesi e delle tante speranze patriottiche, a poco a poco disilluse dal regime napoleonico.

Nelle terre in via di bonificazione, sia pur in un contesto di rancori e di sogni infranti, prendono vita toccanti storie d’amore, pagine avventurose, altre di intensa drammaticità, vissute da uomini e donne protesi al loro riscatto sociale, mentre, nei decrepiti stati della penisola, già compaiono parole d’ordine come Costituzione, Indipendenza ed Unità Italiana.

Prezzo di copertina €   10



La spada tra le spine
(212 pagine) (2022)

 

(1822-1828) Romagna, anni della Restaurazione Pontificia. 

Dopo i primi moti carbonari, Tiberio, giovane medico e patriota, è costretto a rifugiarsi nella boscaglia a ridosso della foce del fiume Santerno. Lì conosce la bella e coraggiosa Barbara, infermiera e sorella di Riccardo, valoroso patriota che si è eroicamente battuto per la Rivoluzione napoletana dell’anno prima.

Tiberio e Barbara, ardenti di amor patrio, vivono con passione il loro sogno, in un ambiente in parte ancora selvaggio e palustre, a contatto con briganti, contadini, singolari personaggi ai margini della civiltà, talvolta vessati da soprusi ed ingiustizie, eppure capaci, all’occorrenza, della più generosa solidarietà umana. 

In questo secondo romanzo della Trilogia Romagna Ardente, i protagonisti si trovano ad affrontare, in una lotta senza esclusione di colpi, le mire e le rinnovate ossessioni del perfido Monsignor Malerba, già insegnante di Barbara, divenuto in Ravenna il braccio destro dei Cardinali Rusconi e Rivarola, ovvero degli alti prelati ai quali è stata affidata, dallo Stato Pontificio, la spietata persecuzione della Carboneria romagnola.

Prezzo di copertina €   10

 


Ottocento Romagnolo (304 pagine) (2023)


 (1831-1890) Romagna, epoca risorgimentale.

Lorenzo nasce da ferventi patrioti romagnoli, da genitori uniti da un coraggio infinito e da un amore perseguitato e sofferto. Il giovane vive le traversie, le persecuzioni e l’entusiasmo rivoluzionario di ben tre generazioni della sua famiglia, assieme ai colpi di coda di un sistema di potere, quello pontificio, ormai anacronistico e decrepito.

La generazione di Lorenzo, dopo aver affrontato dure battaglie campali ed ideali, vede finalmente realizzata l’Unità e l’Indipendenza del Paese, ma si trova a fronteggiare, coi propri figli, i grandi problemi dell’Italia postunitaria, primi fra tutti quelli di una diffusa povertà e di un’irrisolta ingiustizia sociale.

Il romanzo, che conclude la trilogia Romagna Ardente, percorre le emozionanti vicende di semplici popolani alle prese con le asperità di ogni giorno e, attraverso le loro peripezie, ci racconta la grande epopea nazionale vissuta da una campagna romagnola solare e battagliera. È lo scenario in cui si muovono piccoli ed umili personaggi oscurati dalla storia, uomini e donne che si prodigano in sintonia con la loro terra: dura, compatta e tenace, capace di grande generosità con chi le affida amore, sudore e sacrificio.


°°°

I romanzi sono acquistabili presso queste EDICOLE e LIBRERIE:


- Edicola Bellettini - FILO

- Edicola e Cartoleria Marani - FILO

- Edicola Bedeschi - LONGASTRINO

- Circolo Filatelico - ALFONSINE

- Negozio TOCCASANA - ALFONSINE

- Cartolibreria Martini - ALFONSINE

- Edicola Scandellari & Zaniboni - LAVEZZOLA

- Cartolibreria LA RIGA - ARGENTA


e possono essere richiesti via mail a questo indirizzo : agide.vandini @gmail.com

Saranno spediti in "piego di libri" all'indirizzo postale del richiedente (al prezzo di copertina e senza spese di spedizione per l'Italia) previo bonifico secondo istruzioni.




lunedì 29 marzo 2021

Integrato e corretto il «Quaderno» dell’Irôla n.1

Una 2° Edizione per «L’antico Hospitale di San Giovanni in Filo»

 

 

Ho provveduto a sostituire, nel mio Google Drive, il Quaderno dell’Irôla n.1.

Il link per l’accesso al nuovo file.pdf (consistente in 10 pagine), è il seguente:

 https://drive.google.com/file/d/1DziwBe7fjyHbhP42YK2F43TyFdI4ddHs/view?usp=sharing

Oltre ad una revisione migliorativa del testo, questa 2° Edizione contiene un paragrafo supplementare dedicato ai beni immobili del soppresso Hospitale ed alla loro destinazione in epoca ottocentesca.

L’elenco completo dei «Quaderni dell’Irôla» pubblicati è consultabile nell’Indice apposito del blog, sulla destra della videata, nello spazio dedicato alle “Pagine Importanti”.

Lo scarico e la stampa di tutti i fascicoli è, come sempre, immediata e gratuita.

Circa la modalità di acquisizione dal Blog e di raccolta dei Quaderni, riporto i suggerimenti che ho dato a suo tempo:

 

1.      Una volta comparso l’Indice dei Quaderni e scelto il titolo, cliccare sul sottostante link di accesso

2.      [comparsa l’immagine del file prescelto] Cliccare su una delle due icone in alto a destra, ossia:


 

 


per dar corso immediato alla stampa

 

 



per procedere allo scarico del file sul proprio PC

  



 

 

Nella foto a lato ripropongo il mio sistema di raccolta dei «Quaderni». Chiunque può farlo allo stesso modo dotandosi di un comune raccoglitore e di un perforatore. In tal modo viene a comporsi un «Libro» a tutti gli effetti, gratuito, pratico da consultare e da leggere.

 

mercoledì 24 marzo 2021

Anno 1874. La prima sepoltura nell’attuale cimitero di Filo

 Come e perché il Camposanto fu spostato dalle adiacenze della Chiesa

di Agide Vandini

 

 Come ben sa molta parte dei miei concittadini, il nostro cimitero, oggi collocato fuori dall’abitato nella ex golena del Po abbandonato, un tempo si trovava nelle adiacenze della chiesa di Sant’Agata in Filo ove, a metà Novecento, sorse l’Asilo parrocchiale.

Chi scrive, che fu uno dei primi frequentatori dell’Asilo nel dopoguerra, ricorda assai bene come ancora a quel tempo, smuovendo il terreno delle aiuole che adornavano il prato, emergesse qualche ossicino, oppure qualche frammento di cranio corredato della monetina tradizionale, quella che, da tempo immemorabile, si destina al presunto pedaggio per l’Aldilà.

Alla luce di un paio di reperti esaminati in questi giorni, credo valga la pena ricostruire come e perché si giunse allo spostamento, ancorché il tema, specie in questo periodo, non sia dei più allegri. E’ comunque una buona occasione per riprendere e completare quanto già scritto in precedenza e per fornire, agli amanti della nostra storia locale, utili dettagli e qualche ottocentesca curiosità.

 Le sepolture fino al XIX secolo

 Per i fedeli di religione cattolica, secondo una tradizione che risale al Medioevo, la massima aspirazione fu sempre quella di riposare, da morti, all’interno delle chiese. Va da sé che i luoghi più ricercati di sepoltura furono per secoli quelli adiacenti alle reliquie o agli altari, spazi ovviamente assegnati alle persone più ricche e potenti. E’ per questo che in molte chiese osserviamo tuttora lastre tombali poste sul pavimento o sulle pareti, oppure veri e propri monumenti funerari in cappelle riservate a famiglie nobili. Ai poveri venivano invece di norma riservate sepolture in larghe e profonde fosse comuni senza bara, con cadaveri cuciti in tutta semplicità nei loro sudari. Quando poi le fosse erano troppo piene, esse venivano svuotate e gli scheletri spostati nelle gallerie dei chiostri, nei solai delle chiese e finanche sotto le volte, oppure contro muri e pilastri.

L’Editto napoleonico

A metà Settecento prese ad animarsi un dibattito di tipo sanitario che dalla Francia si trasmise all’Italia. Agli albori del XIX secolo infatti, l’idea che le sepolture in chiesa fossero pericolose per l’igiene pubblica era divenuta di dominio comune. Alla luce delle nuove conoscenze mediche ed igieniche, in vari Paesi già si era provveduto alla creazione di cimiteri lontani dalle città, ove venivano praticati seppellimenti in terra, un metodo ritenuto assai più salubre e sicuro.

Per questo il 12 giugno 1804 fu emanato da Napoleone il cosiddetto Editto di Saint Cloud (correttamente: Décret Impérial sur les Sépultures). L'editto proibiva tumulazioni nelle chiese e stabiliva che le tombe dovessero essere poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati. Disponeva nel contempo che le pietre funerarie fossero tutte uguali. Quest’ultima norma, aggiungendo motivazioni ideologico-politiche a quelle igienico-sanitarie, aveva lo scopo evidente di evitare discriminazioni tra i morti. Per i soli defunti più illustri, una commissione di magistrati prendeva ogni decisione sugli epitaffi da far scolpire sulle tombe. Questo secondo aspetto, molto avversato dal Foscolo nei suoi Sepolcri, scatenò all’epoca un intenso dibattito pubblico. Il provvedimento fu comunque esteso al Regno Italico con editto della sua Polizia Medica, promulgato sempre da Saint-Cloud, il 5 settembre 1806.

Il Camposanto Parrocchiale di Filo

Nel Borgo Maggiore di Filo, come negli altri centri urbani italiani, il Cimitero era collocato a fianco della Chiesa Parrocchiale, nella fattispecie quella di Sant’Agata edificata nel XVI secolo ed abbattuta nel 1930. A quel luogo, nel bel mezzo del centro abitato, come si evince dai Registri parrocchiali dei Defunti, vennero destinate per secoli le sepolture, solitamente per inumazione.

 

 In questa foto anni ’50 del ‘900 l’occhiello di colore giallo evidenzia con approssimazione l’area in cui sorgeva il vecchio cimitero parrocchiale.

Il sito, a metà del XIX secolo era tuttavia ormai saturo ed insufficiente alle necessità. Peraltro le esigenze di salute pubblica ne avrebbero consigliato ben prima il trasferimento fuori dal paese.

Sappiamo in proposito che un secolo prima, durante la visita pastorale dell’anno 1750 il nostro vescovo già lamentava senza giri di parole l’insalubrità del luogo. Quanto alle condizioni del Cimitero egli infatti annotò nella sua relazione: «Ad Cemeterium: bene clausum cum muro, et janua vecte, et sera observatus invenit, et cadaveribus onustum, et supergeminatum, aeris insalubris emolumentum indeficiens» [Cimitero: Ben chiuso con un muro, con porta e catenaccio, trovato custodito di sera, pieno tuttavia di cadaveri sovrapposti, che accrescono l’aria insalubre].

 Il nuovo Cimitero Comunale

Lo spostamento nel nuovo sito, nel greto del fiume abbandonato ove si trova tuttora, poté avvenire soltanto nella seconda metà dell’Ottocento, nei primi anni dell’Unità d’Italia. Come si può dedurre dalla documentazione riportata più oltre in Appendice, il luogo e le dimensioni del nuovo Cimitero richiesero valutazioni di vario genere: dall’idoneità del posto e del terreno, alla capienza dell’area in rapporto alla quantità di fosse da mettere in rotazione. Il terreno acquisito dall’Amministrazione Comunale fra il 1873 ed il 1874, a quanto fu annotato nel prospetto delle variazioni al catasto, provenne in parte dai Fratelli Piancastelli ed in parte dal Conte Francesco Massari.

La spesa complessiva fu equamente ripartita fra le due Amministrazioni Comunali di Argenta e di Alfonsine. Egidio Checcoli, ne Il filo della memoria, riporta in proposito: «Il concorso alle spese per la realizzazione del nuovo cimitero venne calcolato in base alla media ponderale dei morti degli ultimi quattro anni tra la popolazione residente in Filo d'Argenta e in Filo d'Alfonsine. Essendo stati registrati 42 decessi per la parte di Argenta e 20 per quella di Alfonsine, il comune di Argenta concorse per due terzi alla spesa e quello di Alfonsine per un terzo». 

 

  

 

L’attuale Cimitero di Filo

(Foto 2019)



 La benedizione del nuovo sito avvenne il 30 Agosto 1874 ad opera del Pro-Vicario della Curia di Ravenna, mentre la prima sepoltura vi fu eseguita una settimana dopo. Fu quella di un bimbo di appena un anno, Antonio Capucci, come ci racconta l’annotazione, in lingua latina, nel Registro Parrocchiale dei defunti: 


Traduzione: Il giorno 8 Settembre 1874. (Prima salma in questo nuovo Cimitero) Capucci Antonio, figlio del vivente Giovanni e di Rachele Bolognesi, di un anno, ieri all’ora ottava pomeridiana è volato in cielo. La sua salma fu la prima ad essere inumata in questo nuovo Cimitero, benedetto dall’Illustrissimo e Reverendissimo Leonardo Zirardini, Pro-Vicario Generale della Curia di Ravenna e delegato dall’Arcivescovo, il trascorso 30 Agosto. In fede. Don Giuseppe Cellini Parroco.

 


La Cappella Funebre (2021)

E’ di quell’epoca quindi, la costruzione delle prime mura di cinta ed anche della Cappella Funeraria, eretta sotto l’attenta regia di Don Giuseppe Cellini. Oltre quarant’anni dopo, nel 1915, alla morte del parroco che resse la nostra chiesa per ben 50 anni, la facciata della cappelletta ospitò la bella lapide che vediamo nella foto.

 

La lapide commemorativa di Don Cellini

 

E’ questa in sostanza la storia documentata di questo Luogo della Memoria cittadina, luogo di particolare devozione in una popolazione come la nostra che nel passato ha sempre sentito in modo profondo e partecipativo il ricordo dei propri defunti e quello dei propri vicini e compaesani.

Ora le cose stanno cambiando parecchio anche in questo senso, ma le persone della mia generazione non possono dimenticare, né i grandiosi funerali (cortei in due fila che si dispiegavano lungo tutte le strade del paese) e neppure le frotte di persone che affluivano al Cimitero in occasione delle festività autunnali. Era molto sentita la Festa dei Santi ed ancor più quella dei Morti del giorno dopo, giorno in cui a scuola, in barba al calendario, non si presentava praticamente nessuno.

Si andava tutti al Cimitero, anche i bambini che si raggruppavano fra loro e si dividevano i compiti: chi a vendere lumini a 15 lire cadauno, chi a fê depôšìt piazzando le bici dei visitatori in bella fila nelle cunette, infilandovi un biglietto numerato fra le ruote. La custodia fruttava qualche monetina e il gruzzoletto, assieme al guadagno sui lumini, veniva poi diviso fra i membri del gruppo.

Sono ricordi legati alle usanze del tempo, inevitabilmente associati a quel luogo, così come gli aneddoti e le storie ivi vissute dai nostri genitori, nonni e bisnonni, storie che ho avuto modo di raccontare a modo mio altrove, come quella del gigantesco e buon Bigiôla già presente in questo blog (http://filese.blogspot.it/2008/11/e-fat-ad-bigila.html), un racconto che ha fatto sempre sorridere grandi e piccoli di tante generazioni.

 

Appendice

 Atti dell’Amministrazione Comunale gentilmente recapitati da Vanni Geminiani:

 


 

Trascrizione testo:

 

Argenta 24 Luglio 1873. La Commissione del Consiglio Sanitario provinciale incaricata a riferire sul Cimitero da costruirsi nella Villa di Filo, ha con suo verbale del giorno 24 giugno prossimo passato concluso che la proposta di questo Municipio è ammissibile per ubicazione, per giacitura e per qualità del suolo e che riguardo all’estensione ed ampiezza del recinto, dalle desunte informazioni ha [ri]conosciuto che la mortalità media in detta Villa è di 36 adulti e 24 fanciulli, e che il recinto del Cimitero fu progettato della superficie di mq. 900 la quale colle dimensioni delle fosse indicate dall’art. 73 del vigente Regolamento di Sanità 25 giugno 1863 non sarebbe sufficiente alla tumulazione dei 36 adulti per un decennio, tale essendo la durata delle inumazioni a norma del procedente art.74. La detta Commissione trova invece che l’area indispensabile per le tumulazioni di un anno


 

non può essere minore di Mq 124 e che sarà necessario per un decennio l’area di Mq. 1.240. Che dovrà poi aggiungersi 1/5 di detta area da destinarsi alla Cappella funebre, ai viali, e nei riparti per gli acattolici, pei nati morti e per l’ossario [Mq.] 248. E si avranno Mq. 1.488. Che tale dovrebbe essere la superficie interna del recinto, con avvertenza che nel fare l’occupazione dovrà anche tenersi a calcolo una zona larga almeno metri 2 all’esterno dei muri per la cunetta di scolo e per mantenere a contatto dello stabilimento un terreno compatto, ed esente da coltivazione. Ciò premesso il Sottoscritto rende edotto codesto ufficio delle conclusioni della sullodata Commissione e lo interessa di conformità di procedere alla riforma dell’art. 1 Calcolo dello quantitativo, ed art. 3 Calcolo dell’importo, della Parte II. Dettaglio estimativo del Piano d’Esecuzione in data 17 maggio corrente anno per gli ulteriori incombenti. Il Sindaco (Giuseppe Vandini)

 


 

Trascrizione testi

Intestazione:

Tipo addimostrante lo stralcio da  farsi sull’appezzamento N.1102 della Mappa Censoria di Filo dell’Area che il N.U. [Nobil Uomo] Signor Conte Francesco Massari cede all’Amministrazione Comunale di quella frazione territoriale per erigervi un nuovo Cimitero.

Disegno:

Strada Comunale di Longastrino /

Signor Avvocato Giuseppe e Fratelli Piancastelli / Signor Conte Massari /

Argine sinistro del Primaro abbandonato /

Prospetto:

Numeri di Mappa (Originari /Aggiunti) / Intestazioni (Massari Conte Francesco del fu Vincenzo / Amministrazione Comunale di Filo / Titolo come al Catastino) / Superficie (Tavole / Cantoni) / Estimo (Scudi / Baiocchi)

Annotazioni:

Argenta lì … / Vedi la corrispondenza del 3 maggio 1874 col signor Raimondi alla posizione Oggetti Diversi.

 

°°°

 (Cliccare come sempre sulle immagini per vederle a grandezza video)