sabato 20 dicembre 2008

L’è Nadêl…

Auguri a tutti gli amici

Ci stiamo avvicinando a grandi passi verso il Natale di un complicato duemilaotto.

Non usa più scambiarsi cartoline per posta, immagini fiabesche come quella che ho pensato di mettere qui a fianco. Forse non usa neppure più mettere sotto al piatto dei genitori la letterina di Natale con la lunga fila di promesse e di buone intenzioni. Ora c’è Internèt e il ueb, ci sono i blogh, le mèil, gli esse-emme-esse. Tanto vale abbozzare e adeguarsi.

E’ venuto però il momento degli auguri, degli auspici affinché il mondo sia migliore e nel far questo non si possono ignorare le preoccupazioni che oggi toccano tante famiglie, il periodo di difficoltà che molti di noi stanno vivendo. Viene da pensare, specie fra gli sfolgoranti colori e bagliori natalizi, a chi, in ogni parte di questo mondo, ha sempre troppo; e a chi, invece, continua ad avere sempre troppo poco.

A quanto pare, sia i primi che i secondi, ora come non mai, sono ben lontani dal sentirsi felici. Né i poveri, che in tempi di ristrettezze e di incertezze sul domani vedono aumentare ingiustizie, umiliazioni e sofferenze; e neppure i ricchi, quelli che lo sono da sempre e quelli che stanno ancora arrampicando. Fra questi i più infelici appaiono gli yuppies, i rapidamente arricchiti: tignosi e ringhiosi bdŏc arfët di una parte fortunata del globo che più di ogni altro sentono minacciato un benessere ormai parte del loro stile di vita, sia pur costituito talvolta di consumi inutili, di bisogni spesso artificiosi (un tempo chiamati «capricci»). Sono bisogni ai quali, in una gara a superarsi a vicenda in qualsiasi modo, è quanto mai difficile rinunciare.

Competion is competition: è questo lo slogan inossidabile, l’imperativo cui, in questo inizio di millennio, pare impossibile sottrarsi e che spesso acceca al punto da non consentire di vedere chi è già stramazzato a terra e stenta a rialzarsi. In mezzo a tutto questo, una sbiadita e sconcertata medium class, una piccola borghesia, un tempo molla del rinnovamento della società ed energia vitale dell’economia, che oggi è sempre più all’angolo, emarginata, delusa nelle aspettative, spinta anch’essa, in una sorta di globalizzazione dei problemi, ai confini dell’oblio e della povertà.

Qualche riflessione in più, in momenti come questi, forse sarà il caso di farla.

Fra i tanti commenti che si sono letti in questi giorni, a me sono sembrati assai calzanti alcuni versi dialettali di Gino d’Grapëla scritti per il tradizionale Lunêri di’ Šmembar dell’anno 2009, versi piuttosto efficaci che qui trascrivo:


[…]

Pr insignês che a cuntintês

u ngn è gint da vargugnês

e che «il troppo» u s’à arvinê

senza dês felizitê.

Mo i s’à mes int e’ zuchet

Ch’a-n valen un azident

S’a-n sen bon ad guadagnè

Par cumprê comprê cumprê

E s’a n’ariven a e’ «jet set»

A sen sèmpar sól puret…

A-s sen mes par una strê

Ch'l’è in salida, mo a rapê

u-n s’ariva mai int la veta!

E cardim la n’è una ‘sdeta

Parchè piò che on l’i-n fa,

piò e’ traguerd i-l spösta in là.

[…]

Per insegnarci che ad accontentarsi

Non ci sarebbe nulla da vergognarsi

e che «il troppo» ci ha rovinato

senza darci felicità.

Ma ci hanno messo in testa

Che non valiamo assolutamente nulla

Se non siamo in grado di guadagnare

Per comprare comprare comprare

E se non raggiungiamo il «jet set»

Siamo sempre e soltanto dei poveretti…

Ci siamo messi lungo una strada

Che è in salita, ma pur arrampicandosi

Non si giunge mai alla vetta!

E credetemi non è una disdetta

Perché più strada si fa,

e più il traguardo lo spostano più in là.

E’ sempre difficile toccare temi di questa portata, ipotizzare rimedi, senza cadere nella facile demagogia o nelle scontate banalità; eppure si dovrà fare qualcosa nei prossimi mesi per andare incontro a chi ha maggiore bisogno. Verrebbe da pensare che, per trovare una soluzione, si debba cominciare almeno dalla conoscenza approfondita del problema, della sua effettiva estensione.

Ecco, l’augurio che mi sento di fare a noi tutti è che il Natale, la sua magica atmosfera e l’Anno Nuovo che sta per arrivare, portino consiglio, diano finalmente, ai potenti della terra, la lucidità per vedere con chiarezza quanto sta avvenendo, in un bel giro di orizzonte al di là del proprio naso. Forse a quel punto ci si renderà conto che non può esserci soluzione al problema se questa non va in direzione di "tutti”, se porta beneficio soltanto a “qualcuno”, magari più abile, più forte o più furbo: non può essere, insomma, che tutto si risolva nel trovare l’ennesimo e fortunato “vincitore della gara”.

In ballo c’è il futuro di “tutti” noi, del nostro vecchio mondo.

E’ con questo auspicio allora che voglio inviare, ad un anno ormai dalla creazione di questo blog, un augurio affettuoso, di un Buon Natale e di un Felice e Proficuo 2009, ai lettori dell«Irôla» e ai loro cari.

Sui significati più propriamente religiosi della festività cristiana, lascio campo volentieri al mio amico Anžul d’Zižaron d’Mašira, che qui si è già fatto conoscere nei mesi scorsi, e al suo canto in dialetto romagnolo sulle note dell’austriaco Stille Nacht (Astro del Ciel), una delle più conosciute canzoni natalizie che si dice tradotta all’incirca in 300 lingue. D’ora in poi saranno 301…

(agide vandini, natale 2008).

STIL E NAIT

(sòt tètul “Pôvar Nadêl”)

di Angelo Minguzzi

PRESENTAZIONE. Si tratta di una libera interpretazione del canto natalizio Silent Night / Stille Nacht / Astro del ciel ... È predisposta per essere cantata.

A fianco di ogni verso sono indicati dei numeri che, pronunciati in italiano, potrebbero costituire, per lunghezza e cadenza, un testo, ovviamente privo di significato. Ci si può esercitare mettendo al posto delle parole i numeri. Poi sostituire i numeri con il testo.

Ogni gruppo di sillabe compreso tra due barre inclinate / ........../ ha la lunghezza e la cadenza del corrispondente numero; per fare in modo che ciò sia vero, a volte bisogna pronunciare molto ravvicinate alcune lettere (in genere si tratta di vocali); questi casi li ho sottolineati. L’avete un / una cantante? (L'autore)

Ach fata nöt, / u-n s’sent un zet, 63/63

che fatta notte, non si sente il minimo rumore

cvanti stël, / s’agli arluš, 26/23

quante stelle, come brillano

mo’ cus / ël / tot sta / žent/ ch’i s’arduš, 7/6/5/6/23

ma cos’è tutta questa gente che si raduna

j è i pas / tur / cvì che / l’Ânž’/ l u j à det 7/6/5/6/23

sono quei pastori ai quali l’Angelo ha detto

“andì drì/ a cla stëla, 26/34

seguite quella stella

cumpâgna / ch’l’éra / stê / scret, 18/7/6/3

come era stato scritto

che la-v me /na int ‘na stala, 26/34

che vi conduce in una stalla

ch l’è nêd e’ / Rë di’/ pu/ret”. 18/7/6/3

dove è nato il Re dei poveri

Cus ël stê scret,/ ‘s’ël avnu a fê’? 63/63

Cosa è stato scritto, cos’è venuto a fare?

pröpi adës,/ e’ Signór? 26/23

proprio adesso, il Signore?

parchè a/dës / l’à de/ziš/ senza armór 7/6/5/6/23

perchè adesso ha deciso senza rumore

che l’è av/nu / e’ mu / ment/ ad sumnê 7/6/5/6/23

che è venuto il momento di seminare

la su sment/ in sta tëra 26/34

la sua semente in questa terra

dla vari/tê e /dl’a/mór, 18/7/6/3

della verità e dell’amore

ch u n’i se / ja piò gvëra 26/34

che non ci sia più guerra

mo’ sól de’ / ben stra / la/ žent. 18/7/6/3

ma solo del bene tra la gente

Cus a vôl dì, / cus ch l’è avnu a fê’? 63/63

Cosa vuol dire, cos’è venuto a fare?

e pu acvè,/ in st’armór? 26/23

e poi qui, in questo rumore

Lësa/ pu/ che lò e’/ së / ja e’ Signór, 7/6/5/6/23

Lascia pure che lui sia il Signore

Mo’ ... che u i/ fos/ sól ste / pöst / par sumnê? 7/6/5/6/23

ma ... che ci fosse solo questo posto per seminare?

i-s n’in fré/ga in sta tëra 26/34

se ne fregano su questa terra

dla vari / tê e/ dl’a/mór, 18/7/6/3

della verità e dell’amore

tot i dè/ u i è una gvë­ra 26/34

tutti i giorni c’è una guerra

e sól de’/ vlen stra / la / žent. 18/7/6/3

e solo del veleno tra la gente

Pôvar Nadêl,/ com ch’l’è cambiê, 63/63

Povero Natale, com’è cambiato

l’è ormai tot/ un marchê, 26/23

è ormai tutto un mercato

mo’ se / t vu / t’al pu in / có / ra salvê, 7/6/5/6/23

ma se vuoi lo puoi ancora salvare

e’ Si /gnór/ u t’à / dê / par pinsê 7/6/5/6/23

il Signore ti ha dato per pensare

nenca a te / la tu tësta 26/34

anche a te la tua testa

par dlèžar/ in li / bar/tê; 18/7/6/3

per decidere in libertà

e’ Nadêl / l’è una fësta 26/34

il Natale è una festa

te briša / fètal/ ru/bê. 18/7/6/3

tu non fartelo rubare.