Molti anni fa nella bottega del maniscalco
di Agide
Vandini
Quando si
dice Fèiss-Buc…
Ti alzi alla
mattina e ti appare sul telefonino una «fattura» di epoca antidiluviana.
«Mascalcia»,
ma che è?...La bottega del maniscalco… A Filo… Una fattura datata 1933… E poi
Magnani Nicola… Ma sì, quello a cui tremavano le mani…
«A
trĕmat coma Nicôla?…» Ti diceva la gente che passava, quando magari ti
eri appena fermato a parlare con qualcuno in una giornata con un freddo
terribile…
Nicôla…
Quello che, all’Osteria della Casa del Popolo, nonostante
i suoi crescenti tremori, si caricava con pazienza la pipa e giocava a Cùl-Méj
con l’amico e quasi coetaneo Veduti.
Che coppia,
quei due con le carte in mano…
Intercalavano
mosse e contromosse ripetute da chissà quanti anni:
«’Sa
fét [cosa fai?]»
«Žò…[Sto giù]»
«Du
pùnt [Due punti…]» Il fiammifero segnapunti infilato nella stecca di legno
avanzava di due buchi…
Io, un
ragazzetto all’epoca, non mi stancavo mai di guardarli.
Cercavo di
capire come funzionava il gioco.
La «Fattura» del 1933 |
Nicola Magnani (1872-1963), Anastasia Vandini (1922-1992) e Luigi Veduti (1877-1961) |
Ad un certo
punto, il più attardato nel punteggio sfidava l’avversario con una mossa disperata,
cercando di arrivare per primo al traguardo dei 50 punti, completando quindi le
cinque fila di buchi della bruciacchiata stecca di legno.
«Am
žùg e’ rëst… [Mi gioco il resto dei punti]»
Ma l’altro
non cadeva nel tranello.
Imperterrito
non accettava il rischio:
«Žò…[Sto giù]» Dunque l’inseguitore avanzava
di poco…
Poi la
scarica finale con tutte le carte in mano:
«Fênt,
cavàl e Rè… [Fante, Cavallo e Re]» E il fiammifero aggiungeva un punto, mentre in
tavola già compariva un battagliero “sette” …
«U
j vô di’ Fént... [Ci vogliono dei Fanti...]»
«An
n’ò briŝa... [Non ne ho]»
«Elóra
at dëg Stupòñ… [Allora questo è uno “Stoppone”]» E giù il diluvio
di carte in sequenza senza che l’avversario potesse calarne una qualunque…
Ricordi
lontani e, con essi, la voce della ‘Staŝìa venuta a raccogliere
la mezzetta esaurita:
«A
sìv a pöst acsè?... [Siete a posto così]?»
«Cooosa?... Nö-nö… Pôrtan
un’êtra...» [Niente affatto... Ne porti un’altra…]»
Mi basta
rivedere la loro foto di quegli anni assieme all’indimenticabile e autoritaria Staŝìa per sentirne
le voci, percepire l’odore delle pipe, lo scuotere dei bicchieri e delle
mezzette…
Andavo lì con
mio padre Ghéo che talvolta mi portava con sé quando veniva
chiamato in aiuto.
Ricordo bene
la terra battuta della bottega ove facevano entrare le bestie, i cavalli possenti
nella loro attesa nervosa, mentre mio padre martellava e modellava sull’incudine
il ferro arroventato nella fucina e ‘Pirelli’, a sua volta, scavava con
sapienza l’impronta nello zoccolo da ferrare.
Io, bimbetto
di pochi anni, guardavo da un angolo e, pur rassicurato dalla presenza del
babbo, temevo i movimenti della bestia che pareva potermi travolgere nel suo
fitto scalpicciare; allo stesso tempo venivo via via attratto e affascinato dal
gran fervore e dal continuo daffare dei due Fradùr
[Maniscalchi], fino a che i chiodi quadrangolari venivano facilmente piantati e
in parte ribattuti sullo zoccolo proteso, mentre l’odore corneo di unghia
bruciacchiata si spandeva dentro e fuori bottega…
Già, la
bottega, quella che ho evidenziato in giallo nella foto di fine anni ’40, scattata
proprio dalla direzione della mia casa natia…
Ricordi
lontani, eppure indelebili.
Immagini,
suoni, odori, fatiche che appartengono ad un’altra epoca.
“Mascalcia
Magnani Nicola & Figlio - FILO”…
Tre quarti di
secolo fa… Una vita… Che emozione…
Riguardo il
calendario appeso al muro, oltre lo schermo del mio PC.
È il 3 di
marzo del 2023.
Sono già
risalito dal tuffo profondo nelle acque della memoria …
Che dire?
«Ciao Nicôla, ciao
Pirelli, ciao babbo Ghéo e…
Grazie Adolfo
Roma…
Grazie
infinite, Fèiss-Buc…»
1 commento:
Quanti bei ricordi ........ quanta nostalgia per quel tempo passato, ma mai dimenticato.
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