lunedì 24 marzo 2008

Romagna turbolenta - La signoria dei Da Polenta

di Paolo Canè

Per il territorio dell’antica «Riperia Fili» la storia dei ravennati Da Polenta riveste un particolare interesse storico. I Polentani, che furono fra il Duecento ed il Quattrocento i Signori di Ravenna, ebbero grandi possedimenti in questa parte della Romagna, accumulando alcune migliaia di tornature di Valli pescherecce nei pressi di Filo e di Longastrino. Le loro proprietà ebbero particolare incremento con Guido Novello, Ostasio II e Bernardino, fra il 1316 ed il 1359. Essi poi, di fronte alle pressioni Estensi cedettero con Ostasio III, in permuta ai signori di Ferrara, il 24 ottobre 1394 il loro dominio sulla «…Riperiam Fili situatam et positam in Provincia Romandiolae in territorio seu districtu Ravennae…» in cambio di Bagnacavallo, Cotignola e 6000 scudi. L’atto fu successivamente annullato (26 agosto 1398) nel contesto di una lunga controversia che richiese la mediazione di Francesco da Carrara signore di Padova. Con la decadenza e la crisi della Signoria dei Da Polenta, giunti a cedere anche Ravenna, la Riviera di Filo con la sua Bastia del fossato Zaniolo, passò agli Estensi nel 1433. La stessa sorte toccò in quegli anni a Lugo e a tutta la cosiddetta Romagna Estense [1].

Con questo studio sui Da Polenta, la nostra irôla virtuale ospita per la prima volta un bolognese autentico, dai molteplici interessi culturali, che ringraziamo per il contributo ed a cui diamo il più cordiale benvenuto (Agide Vandini).

Paolo Ca, bolognese, grande appassionato di storia e di letteratura dialettale, è nato nella città delle due torri nel 1939. Diplomatosi in studi tecnico commerciali, dedicata una vita professionale all’azienda di famiglia, poi ad una lunga attività nel settore dei giocattoli, una volta in pensione, ha finalmente potuto dedicarsi alle sue passioni in campo umanistico e musicale, in altri termini: a suonare ed a scrivere. Ha compiuto interessanti studi e ricerche soprattutto in campo dialettale, spaziando dalla storia medievale alla letteratura di interesse regionale. Di recente ha pubblicato in coppia con Tiziano Costa e per la «Collana di storie bolognesi» della Costa Editore: Vgnì mò qué bulgnìs (2006 ristampato nel 2007) e Brisa par critichèr (2008).

Nella città di Ravenna, dopo un primo periodo in cui la Signoria fu tenuta dai Traversari, ebbe il sopravvento, nella seconda metà del Duecento, la potente famiglia guelfa dei Da Polenta che la governò per 166 anni, dal 1275 al 1441.

Capostipite di questa famiglia risulta certo Guido (senza alcun cognome) vissuto nel XII secolo. Egli ebbe i figli Lamberto I ed Alberico I[2] e visse nel castello di Polenta, nei pressi di Bertinoro, di qui il cognome della famiglia.

I Da Polenta si divisero subito in due rami: il primo di Guido maggiore o Guido Riccio (?- 1293), figlio di Alberico I, il secondo facente capo a Guido minore (?-1310), figlio di Lamberto I.

I figli del primo, Geremia ed Alberico II, allora seguaci dei Traversari, occuparono posizioni di rilievo nell’amministrazione cittadina e per questo furono inviati in Puglia dall’arcivescovo Filippo di Pistoia. Ritornati a Ravenna (1248), furono poi nominati Podestà in altre città, compresa Milano.

I Da Polenta furono poi scelti quali arbitri della controversia tra le famiglie riminesi dei Malatesta e degli Omodei ed acquisirono notevole influenza nella vita della città a fianco dello stesso arcivescovo Filippo. Alla morte di questi però (1270) cominciarono i contrasti con i Traversari. La lotta durò poco, poiché dopo 5 anni, costoro furono cacciati dalla città e i Da Polenta rimasero padroni e Signori di Ravenna.

I cugini Guido Riccio e Guido Minore in una prima fase furono in lotta per il potere, poi si accordarono: il primo si concentrò sulla signoria di Comacchio, il secondo su quella di Ravenna. I contrasti però non finirono, anche perché Guido Riccio passò dalla parte dei Traversari, presto cacciati. Alla sua morte (1293) Guido Minore (detto anche Il vecchio), già stabilmente Signore a Ravenna dal 1275, fu signore anche di Comacchio.

Guido Minore partecipò ai maggiori eventi politici di Romagna, fu sempre a stretto contatto col nuovo vicario Bonifacio Fieschi da Parma da cui ebbe il titolo di «Visconte». Al suo tempo la Romagna era scossa dallo scontro fra la fazione Guelfa e quella Ghibellina. Nel 1282 Guido da Montefeltro, capo dei ghibellini di Romagna, avvalendosi dei tanti fuorusciti da Bologna perché schierati coi ghibellini Lambertazzi, posò gli occhi su Forlì e, soprattutto, su Cervia, l’antica Ficocle, oggetto del desiderio di varie città, da Venezia a Bologna, da Ravenna ad Urbino, per non parlare dell’antica Roma, per le sue preziose saline: il petrolio di quei tempi.

Guido Minore, con l’aiuto della cavalleria malatestiana, combatté e vinse Guido da Montefeltro e nel quadro di questa alleanza diede in sposa la figlia Francesca (1255 ca- 1283/85) allo storpio Gianciotto Malatesta dopo aver aggiunto Cervia al suo dominio.

Francesca Da Polenta, più conosciuta come Francesca da Rimini, ebbe due figli da quel matrimonio: Concordia e Francesco (morto bambino). Del suo aspetto e del suo carattere non si sa nulla, poiché diverse leggende si contraddicono e non si sa nemmeno quando sia iniziata la sua relazione adultera col cognato Paolo, peraltro già sposato con Orabile Beatrice di Giaggiolo. Di certo c’è che il fatto di sa

ngue non fece scalpore all’epoca. I Da Polenta e i Malatesta rimasero alleati ed amici fino al termine delle loro Signorie, e che, se non ne avesse magistralmente raccontato Dante (Inf. V canto - v.73 e segg.) con versi che fanno venire ancora oggi la pelle d’oca, noi non ne avremmo mai saputo nulla. Dante, che fu ospite di Guido Novello, nipote di Francesca, si basò probabilmente sulla tradizione orale della famiglia e su di un certo alone leggendario attorno alla vicenda, ma fu poi seguito da moltissimi scrittori e poeti romantici del XIX e XX secolo che s’ispirarono alla stessa tragedia, simbolo dell’amore passionale: Pellico (1815), Boker (1855), Phillips (1900), D’Annunzio (1902), Crawford (1902) e pittori come: Ingres, Cabanel, Rossetti ed anche musicisti: Mercadante (1828), Rachmaninov (1906), Mancinelli (1907) e Zandonai (1914), a dimostrazione di quanto, più della storia, possa talvolta la leggenda e la letteratura.

Guido Minore, oltre a Francesca, ebbe i figli maschi: Lamberto II (?-1316), Ostasio I[3] e Bernardino I (?-1313).Questi ebbe una vita alquanto movimentata: fu Podestà di Cervia e, in seguito, anche di Cesena, di Ferrara (anche se per soli 8 giorni) nonché di Firenze. Combatté contro tutti: contro Cesena (1305) per la questione del porto di Cesenatico (lo stesso che fu ridisegnato da Leonardo 200 anni dopo), a Campaldino

con Dante, contro Firenze, contro Azzo VIII d’Este di Ferrara (1308) e perfino contro l’Imperatore Enrico VII in Toscana. Morì il 22 aprile 1313, quando era ancora Podestà di Firenze.

Dopo la morte di Guido Minore, Lamberto II rimase unico signore di Ravenna, anche se per soli tre anni. Morendo, lasciò il potere al nipote Guido Novello o Guido il Giovane (?-1330) che lo esercitò fino al 1322 (un anno dopo la morte di Dante). In quell’anno, eletto Capitano del Popolo di Bologna, cedette il governo di Ravenna al fratello Rinaldo (o Rainaldo) (?-1322) in predicato di divenirne arcivescovo.

Guido Novello fu uomo di larghe vedute, mecenate e poeta. Sposò Caterina Malvicini di Bagnacavallo ed accolse i migliori artisti e letterati dell’epoca (Giotto). Mise mano ad importanti opere di bonifica, fortificò la città e la trasformò in sede signorile fino a divenire l’ambìto centro di cultura che attrasse Dante Alighieri.

Rinaldo non governò a lungo. Lo stesso anno fu ucciso dagli sgherri del cugino Ostasio II (?- 1346), figlio di Bernardino I che, con un’azione tanto scoperta, entrò prepotentemente in scena.

Guido Novello, impegnato a Bologna, cercò invano di opporsi. Ostasio II, uomo ambizioso e violento, oltre al potere su Ravenna, ottenne, con gli stessi sistemi, anche quello su Cervia ove fece uccidere (1325) lo zio Bannino con cui aveva fino ad allora governato.

Ostasio II, definito in un documento pontificio del 1327 «capitaneus et defensor civitatis», fece di tutto per accumulare ricchezze e potere, schierandosi ora a favore, ora contro il governo pontificio. Promulgò leggi per consolidare la Signoria.

Nel 1346 ad Ostasio II succedette il figlio Bernardino II (?-1359) dopo che questi, degno figlio di tanto padre, aveva fatto arrestare e morire di fame in carcere i fratelli Lamberto III (?-1347) e Pandolfo (?-1347).

Il figlio di Bernardino II, Guido Lucio (?- 1389) che gli succedette, fu, al contrario, uomo mite e pacifico. Ebbe almeno 11 figli, 6 femmine e 5 maschi. Governò dal 1359 al 1389, un lungo periodo durante il quale privilegiò la politica matrimoniale della sua stirpe; una politica largamente praticata tra i Signori italiani dell’epoca con cui si stabilivano vantaggiose alleanze militari e politiche[4].

Le importanti amicizie politiche non risparmiarono a Guido Lucio la triste sorte degli zii Lamberto II e Pandolfo. I figli Obizzo, Ostasio III e Pietro, forse stanchi di attendere la successione, o forse sanguinari quanto il nonno e il bisnonno, lo imprigionarono e lo lasciarono morire di fame[5].

Eliminato il padre, i quattro figli di Guido Lucio regnarono di comune accordo: Ostasio III (?-1396), Pietro (?-1404), Aldobrandino (?-?) e Obizzo (?-1431), fino a che, passati un dopo l’altro a miglior vita, e non senza sospetto di morte violenta, restò il quarto a governare da solo.

Obizzo, dati i rapporti che i Da Polenta avevano da tempo con Venezia, nel 1404 cedette addirittura Ravenna alla Serenissima, impegnandosi con essa a lottare contro gli Estensi (peraltro suoi zii…). Prestò servizio in armi in favore di Venezia contro i carraresi, e tutto questo in cambio della presenza di un Podestà veneziano in Ravenna e della protezione per sé e per i suoi discendenti. Accettò l’accordo secondo cui, in assenza di eredi maschi,tutto sarebbe andato alla Serenissima.

Dalla prima moglie, Lisa Manfredi, ebbe il figlio Ostasio IV (?-1447) che gli succedette nel 1431, ma fu signore solo di nome, poiché Venezia inviò un provveditore a vigilarne le azioni. Nel 1438 Nicolò Piccinino, che già aveva conquistato Bologna al soldo dei Visconti di Milano, invase il territorio ravennate e costrinse Ostasio IV ad abbandonare i veneziani. Costoro, per tutta risposta, inviarono una forza navale che si impadronì di Ravenna esiliando Ostasio IV ed il figlio Girolamo (ultimo dei Da Polenta) nell’isola di Candia, ove morì.

Da quel febbraio del 1441 i veneziani ebbero in sostanza il dominio diretto della città e del territorio e questo segnò la fine della signoria Polentana. Fu un dominio, quello della Serenissima, che proseguì per altri 70 anni, al termine dei quali tornò a pieno titolo, in Ravenna, il potere temporale pontificio.


[1] Cfr.A. Vandini, Filo la nostra terra,Faenza, Edit, 2004, pp. 55-56 e fonti ivi citate.

[2] Alcune fonti indicano fra i figli di «Guido il capostipite» anche Geremia, che fu invece, col fratello Alberico II, figlio di Guido Riccio di Alberico I, nipote quindi di «Guido il capostipite».

[3] Alcune fonti ignorano Ostasio ed attribuiscono la sua discendenza a Lamberto II. Qui si propone la ricostruzione più comune e ritenuta più attendibile.

[4] Vale la pena ricordare brevemente i matrimoni dello stesso Guido Lucio Da Polenta e dei suoi figli. Egli sposò Elisa, figlia di Obizzo III d’Este, signore di Ferrara. Questi invece i matrimoni dei figli: Samaritana con Antonio della Scala, signore di Verona; Lisa con Astorgio I Manfredi, signore di Faenza; Alda con Nicolò Casali, signore di Cortona; Beatrice con Alberico da Barbiano, grande condottiero romagnolo, conte di Cunio; Eletta, con Francesco Gonzaga, signore di Mantova; Licinia, con Venanzio Varano, signore di Camerino; Bernardino con Lucia di Cansignorio della Scala; Ostasio III con Caterina del Carretto; Obizzo con Lisa Manfredi, poi con Lisa Malatesta; Aldobrandino con un’altra Manfredi; Pietro, infine, non si sa con chi, a meno che non sia rimasto scapolo…

[5] Uno stile diffuso tra i Da Polenta, e non solo, stando almeno a quanto ci racconta Dante (inf. XXXIII) su Ugolino della Gherardesca.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Roba da terzo mondo!!!

Unknown ha detto...

Una massa di ladroni e cornuti